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Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto

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Il gas dei rigassificatori di Porto Empedocle e Gioia Tauro, la nuova “pipeline” dall’Africa alla Baviera, gli investimenti del Pnrr e del Piano Mattei: il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Pichetto spiega in che modo si sono capovolte le rotte dell’energia che ora partono dal Sud per arrivare al Nord. E sul nucleare avverte: «Non c’è alternativa»

PIEMONTESE di origine, da Biella, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, siede su una poltrona che dopo la crisi del gas russo è diventata sempre più delicata. Ma anche strategica per il Paese e per il governo.

Ministro Gilberto Pichetto, dal 2025 ci sarà un’ulteriore restrizione del gas dalla Russia per la decisione dell’Ucraina di non concedere più il passaggio all’interno dei suoi confini. Dobbiamo preoccuparci?

“Assolutamente no, ormai possiamo dirci completamente indipendenti dal gas russo. Negli ultimi due anni abbiamo diversificato le fonti di approvvigionamento, anche grazie al rigassificatore di Piombino e a quello che entrerà in funzione entro la primavera del 2025, a Ravenna. Una scelta non causale. I rigassificatori sono essenziali perché danno al Paese la sicurezza di poter ricevere gas da ogni parte del mondo. A differenze delle pipeline che possono presentare sempre una vulnerabilità, per ragioni politiche o per questioni tecniche. Avere i rigassificatori, per sintetizzare, è come avere un generatore di energia elettrica in cantina. Per questo saranno importanti anche Porte Empedocle e Gioia Tauro: daranno più sicurezza al Paese”.

Il Sud può diventare davvero l’hub energetico dell’Europa? Che cosa prevede, in questo senso, l’aggiornamento del Pniec inviato a Bruxelles?

“Il Mezzogiorno è già una grande opportunità per il nostro Paese. Lo è certamente per la sua posizione geografica strategica nel nuovo contesto geopolitico internazionale, perché è il vero ponte verso l’Africa e poi perché è al centro di una strategia non solo italiana ma anche europea. Con lo sviluppo delle future produzioni il Mezzogiorno è destinato ad avere un ruolo ancora più rilevante per assicurare la diversificazione delle fonti energetiche ma anche perché sarà il centro di smistamento dell’energia verso le realtà produttive non solo del Nord Italia ma anche dell’Europa. Ho firmato un accordo con Germania e Austria per una linea di 3300 chilometri che va dall’Africa alla Baviera: un corridoio ideale che vede come fulcro l’Italia del Sud”.

Scusi, ministro Pichetto, ma l’energia, o il gas, si limiteranno solo ad attraversare il Sud? Quali saranno i vantaggi concreti sul territorio?

“Il Mezzogiorno è un soggetto smistatore ma, nei nostri progetti, potrà e dovrà produrre energia, con forti ricadute anche dal punto di vista dell’occupazione”.

Come? Sta pensando al Piano Mattei?

“Sì, non dobbiamo dimenticare che il Piano Mattei riguarda non solo l’energia ma punta anche alla crescita economica e sociale dei paesi africani, per metterli nelle condizioni di produrre, di esportare e creare ricchezza. Un processo che favorirà, ovviamente, il Mezzogiorno, base di riferimento delle pipeline o delle linee elettriche che arriveranno dal continente africano. Ma non solo. Abbiamo previsto di puntare su due porti meridionali per l’eolico offshore. Insomma, ci potrebbe essere un importante processo di industrializzazione. L’energia può creare un indotto importante, favorendo nuove opportunità di sviluppo”.

Quale sarà l’effetto dei due rigassificatori di Porte Empedocle e Gioia Tauro? Quando saranno operativi?

“Sono percorsi complessi, non immediati. Non basta un provvedimento o un decreto ma credo che, ragionevolmente, saranno necessari fra i 3 e i 5 anni. Sono state individuate come opere strategiche”.

Ministro Pichetto, nel Pnrr è prevista la “linea Adriatica per il gas” e il “Tyrrhenian link”, un progetto gestito da Terna che prevede un doppio collegamento sottomarino per unire Sicilia, Sardegna e Campania per il trasporto di energia elettrica rinnovabile nel Paese. Quali saranno gli effetti?

“Sono investimenti importanti perché consentono di avere non solo maggiore sicurezza ma anche, attraverso la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, di poter disporre di energia da offrire a prezzi più vantaggiosi alle famiglie e alle imprese. Il modello storico che vedeva il gas arrivare dal Nord e rifornire il Sud si è capovolto. L’attuale linea, nel momento in cui il Mezzogiorno diverrà il centro di smistamento di gas, energia e idrogeno provenienti da sud, non avrà più una capacità sufficiente. Questo è il motivo per cui bisogna implementare la linea Adriatica. Anche quest’opera è stata considerata strategica per l’Italia”.

Molte imprese multinazionali stanno investendo nel Sud. In che modo si può agevolare questo processo?

“C’è un interesse rinnovato sia sul solare che sull’eolico. Ma non c’è solo un interesse per la produzione di energia. Molti grandi gruppi stanno cogliendo l’opportunità di insediarsi al Sud perché sarà più facile avere l’energia di cui hanno bisogno per le proprie esigenze produttive. È interesse del Governo creare tutte le condizioni per lo sviluppo del Mezzogiorno, in raccordo con il ruolo programmatorio che hanno le Regioni. Ma ognuno deve fare la sua parte, anche per quanto riguarda le autorizzazioni”.

L’Europa ha cambiato idea più volte sull’energia: per il nucleare è vicina una svolta? Avremo centrali sicure anche in Italia?

“Da quando il 21 settembre del 2023 ho insediato la Piattaforma Nazionale per un nucleare sostenibile presso il MASE l’interesse nei confronti del nucleare in Italia è cresciuto in modo esponenziale. Finalmente è stato sdoganato il tema, che fino a poco meno di un anno fa nel nostro Paese sembrava tabù. Oggi Siamo impegnati sul fronte della ricerca e della sperimentazione e affianchiamo, come Paese, diverse iniziative private che mirano alla creazione di piccoli e medi moduli di quarta generazione per la produzione di energia da fissione. In attesa dell’energia da fusione non ci sono alternative al nucleare di quarta generazione per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione fissati al 2050. Anche perché la richiesta di energia al 2050 sarà più che raddoppiata rispetto a quella attuale. Dobbiamo prestare la massima attenzione all’evoluzione dei reattori di quarta generazione che, secondo gli analisti, potrebbero essere disponibili a inizio del prossimo decennio. Per questo abbiamo deciso di strutturarci anche giuridicamente”.

In che senso?

“Se un distretto industriale decidesse di dotarsi di un modulo per la produzione di energia nucleare a chi dovrebbe fare domanda? Al comune? Alla Regione? Al Governo? E con quali regole? È vero che stiamo parlando del futuro, ma per farci trovare pronti tra dieci anni dobbiamo iniziare a lavorare ora. Il nucleare di quarta generazione non prevede comunque, nella nostra prospettiva, la creazione di grandi centrali nucleari”.

Ma l’Italia è pronta?

“Siamo parte integrante della ricerca sulla fusione, con Euratom siamo impegnatissimi in Iter, un progetto localizzato in Francia ma che ha la guida italiana e tanti ingegneri del nostro Paese. L’ho visitato lunedì e veramente ci riempie di orgoglio. E poi c’è ENI che è partecipe di importanti progetti di ricerca negli Stati Uniti”.

Insomma, avremo il nucleare?

“È l’unica scelta che ci prospetta oggi la scienza. Se ci fossero soluzioni alternative sarei pronto a valutarle. La richiesta di energia al 2050 non può essere coperta solo con il fotovoltaico e con l’eolico. Dobbiamo trovare il modo di avere un mix in cui anche l’energia nucleare avrà la sua parte. Ovviamente, quando la ricerca sarà pronta. Non possiamo continuare a far pagare l’energia, alle imprese e ai cittadini italiani, un prezzo doppio rispetto a Germania, Francia e Spagna. Così rischiamo di far perdere competitività alle nostre aziende e di impoverire le famiglie. Non ce lo possiamo permettere.”


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