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Una "littorina" al Sud

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SULLA base dei dati dei Conti pubblici territoriali, negli ultimi venti anni la distribuzione della spesa pubblica per i trasporti nelle regioni italiane si è modificata radicalmente: è aumentata nel Nord ed è diminuita nel Centro-Sud. Un documento dell’Agenzia della coesione sui trasporti, pubblicato nel 2022, affronta il tema della spesa pubblica nel settore della mobilità tra il 2000 e il 2019, attraverso l’utilizzo delle informazioni provenienti dalla banca dati Conti pubblici territoriali (Cpt). Queste preziose analisi, disponibili per il compendio di tutta la spesa pubblica territoriale, ora non sono più aggiornate perché il gruppo che le realizzava in Agenzia di coesione è stato smantellato.

Luigi Einaudi ricordava spesso che bisogna conoscere per deliberare. Evidentemente, ora al governo c’è chi la pensa in modo diametralmente opposto: meglio mettere la mordacchia ai dati, perché rischiano spesso di andare in direzione esattamente contraria rispetto alle rappresentazioni retoriche degli obiettivi politici da perseguire. Ci si dovrebbe arrampicare poi sugli specchi, per tentare di negare ciò che le informazioni statistiche indicano. Con le cifre che esporremo di seguito, saranno evidenti le ragioni dello squilibrio nell’offerta di servizi di mobilità e trasporti tra i territori del nostro Paese, soprattutto tra Nord e Sud. Non solo non si è messo mano al divario di infrastrutture, ma anche le prestazioni di mobilità si sono divaricate in modo radicale, per effetto di una profondamente diseguale allocazione della spesa pubblica.

Nel 2019 l’Italia ha registrato una spesa del settore pubblico allargato nei trasporti pari a 29,7 miliardi di euro. In chiave di analisi temporale del ventennio considerato, nel primo periodo si è assistito a una tendenziale crescita (fino al picco del 2007 con quasi 41 miliardi di euro), cui è seguito un calo costante fino al 2014, e una dinamica sostanzialmente stabile negli anni successivi. Tra il 2019 e il 2018 l’incremento è stato notevole: +8,5% in termini reali.

DISTRIBUZIONE DELLA SPESA

La distribuzione della spesa nazionale nelle varie regioni, tra il 2000 e il 2019, è intanto mutata in modo sostanziale: se nel 2000 la regione che maggiormente assorbiva la spesa complessiva era il Lazio (15,5% del totale), dopo 19 anni è la Lombardia quella che mostra la percentuale più elevata nella ripartizione della spesa su scala territoriale (20,6%, quasi 7 punti percentuali base in più rispetto al 2000). Per effettuare un’analisi comparativa sui ritmi di crescita della spesa settoriale all’interno delle ripartizioni territoriali in archi di tempo differenti durante il ventennio considerato, si possono individuare due periodi di analisi del tutto sovrapponibili in termini di durata, 2000-2009 e 2010-2019. Nel primo decennio, in quattro ripartizioni su cinque – esclusa l’Italia meridionale continentale – il tasso di variazione medio annuo si è mantenuto su valori positivi, da un minimo dello 0,3% per le regioni insulari a un massimo del 2,3% in quelle nord occidentali.

Nel Meridione, invece, il tasso ha mostrato segno negativo, pari a -0,5%, come a dire che sistematicamente, in questo arco temporale, la spesa al Nord-Ovest ha visto un divario di crescita di quasi 3 punti percentuali annui rispetto all’altra ripartizione: un valore che, cumulato in un decennio, determina un baratro. Nei dieci anni successivi si è assistito a un netto ridimensionamento, per cui solo l’Italia Nord-Occidentale e quella Insulare hanno visto mantenere – seppur a livelli decisamente diversi tra loro – tassi di variazione medi annui di segno positivo. Di contro, nelle restanti aree la spesa è mediamente diminuita, specie nelle regioni centrali del Paese in cui la variazione negativa media annua ha raggiunto il valore del -3%. Nel 2000 erano la Liguria, la Campania e il Lazio a presentare i valori più alti del peso del settore rispetto al resto degli ambiti di intervento pubblico (con un’incidenza intorno al 6%, quasi il doppio rispetto ad altre regioni).

A distanza di quasi vent’anni solo la Liguria si è mantenuta su livelli prossimi a questa cifra, mentre in quasi tutte le regioni, sia del Nord che del Sud, si è assistito a un contenimento del peso che il settore trasporti riveste sul complesso delle spese pubbliche. In Italia, nel 2019, per ogni cittadino si sono spesi nei trasporti quasi 500 euro, poco meno del 90% rispetto a quanto destinato nel 2000 (anno in cui la spesa si aggirava sui 564 euro), ma quasi 100 euro in meno rispetto al picco del 2007. Ovviamente, la media del pollo di Trilussa non dice però nulla sulla profonda trasformazione che si è determinata nell’ultimo ventennio nella spesa pubblica territoriale per i trasporti. Lo scarto del dato di spesa pro capite del 2019 rispetto a quello di inizio millennio è però il frutto di diversificate dinamiche nelle varie aggregazioni territoriali: nella ripartizione del Nord-Ovest e in quella Insulare la differenza è di segno positivo, mentre nel resto d’Italia (nel Sud, ma in particolare nel Centro) è di segno negativo. Se prendiamo i dati del 2019 forse diventa più chiaro lo squilibrio territoriale per la mobilità: al Nord, la varianza tra la spesa pro capite nei trasporti della Liguria (oltre 1.000 euro) e della Lombardia (oltre 600 euro) è drammatica rispetto a poco più di 300 euro di tutte le regioni del Sud.

I TRASPORTI E I DIVARI REGIONALI DA NORD A SUD

Ci si può poi stupire delle diverse performance o della differente qualità delle prestazioni erogate ai cittadini? Quale amministratore pubblico, nel Mezzogiorno, potrebbe fare il miracolo? Forse il ministro Roberto Calderoli, noto per la sua capacità di moltiplicare pani e pesci raccontando gli effetti taumaturgici delle magnifiche sorti e progressive garantite dalla autonomia differenziata. In media, dal 2000 al 2019, quasi la metà delle spese (46%) è stata sostenuta dalle Imprese pubbliche nazionali (Ipn) e, tra queste, la quasi totalità proviene da Ferrovie dello Stato Spa (40,1%). Nel 2019, tra l’altro, l’incremento dell’incidenza dell’azienda a partecipazione pubblica (passata al 45,4%) ha inevitabilmente trascinato ad un aumento del peso delle Ipn. Un ruolo di rilievo è rivestito anche dalle Imprese pubbliche locali (Ipl), che hanno sostenuto quasi il 30% della spesa. La percentuale di spesa sostenuta direttamente dalle Amministrazioni locali si è attestata intorno al 13,4%, incrementandosi notevolmente all’inizio di questo decennio (fino al 20% del 2013), salvo poi tornare a diminuire fino al 13,5% del 2019. Notevolmente variabile è stato anche l’apporto delle Amministrazioni centrali, passate da un massimo a inizio serie del 13,9% fino a un minimo di ben 11 punti base inferiore nel 2018, con una media complessiva negli anni del 6%. Su un livello sostanzialmente simile, seppur molto meno variabile, l’incidenza delle Amministrazioni regionali (5,5%).

L’esistenza, nel 2019, di modelli gestionali piuttosto diversificati tra i territori emerge chiaramente: se in alcune regioni (Val d’Aosta, Piemonte, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria) la quota di spesa imputabile alle Ferrovie supera il 50%, in altri contesti il peso delle società e fondazioni partecipate non è indifferente, arrivando in Emilia Romagna a coprire la metà esatta della spesa. Nelle due regioni più popolose (Lombardia e Lazio), la quota imputabile direttamente ai Comuni sfiora il 20%, più del doppio rispetto al dato nazionale. L’assorbimento di risorse per i trasporti da parte delle due principali aree metropolitane del Paese, Roma e Milano, determina questo andamento. Dal 2000 al 2019 si è assistito a una crescente incidenza della spesa per acquisto di beni e servizi, arrivati a pesare quasi il 40% del totale; relativamente costante è rimasta la destinazione per le spese di personale (intorno al 20%), mentre si denota una sostanziale tendenza al ribasso nell’incidenza dei trasferimenti alle imprese private, sia quelli di natura corrente che quelli in conto capitale. A fronte di una media nazionale piuttosto bassa (2,3% nel 2019) come quota di spesa attribuibile ai trasferimenti in conto corrente a imprese private, spicca il dato della Provincia autonoma di Bolzano, al 15,8%.

L’incidenza della spesa per investimenti (beni immobiliari e beni mobili) resta significativamente più alta rispetto a quanto rilevato negli altri settori del Spa: i primi coprono in media il 18,6% delle spese (20,3% nell’ultimo anno), i secondi in media, nei vent’anni considerati, oltre il 7%. I territori più coinvolti dallo stanziamento di risorse per investimenti sono stati quelli del Trentino, di Liguria, Toscana e Lazio. Puglia, Sicilia e Basilicata sono invece le realtà in cui, in media, sono state convogliate meno risorse per gli investimenti, per una cifra che non raggiunge, in media, i 100 euro pro capite l’anno. In altri termini, in media, in Puglia si è speso un quarto di quanto investito in Liguria nello stesso periodo.

IL RIBALTONE

Insomma, dall’analisi di venti anni della spesa pubblica territoriale nei trasporti si conferma ancora una volta che si è svolto un ribaltamento nell’allocazione delle risorse pubbliche: dai territori con più difficoltà ai territori con maggiore dotazione e vantaggio. Era il contrario di quello che i principi costituzionali, ma anche la più recente legge sul federalismo fiscale, avrebbero imposto. Altro che Livelli essenziali delle prestazioni, che dovrebbero essere definiti per attuare l’autonomia differenziata. Il flusso delle risorse nell’inizio del nuovo millennio ha mutato segno ed è andato a premiare gli avvantaggiati. Non deve stupire ciò che è accaduto; in tempi di riforma del Titolo V il segnale era chiaro e inequivoco. La questione meridionale era cessata.

L’onda di risacca doveva rivolgersi al Nord, risalire il fiume come il salmone. Immaginiamoci cosa potrà succedere con l’autonomia differenziata. Qualcuno magari racconterà che il Mezzogiorno è stato sempre avvantaggiato, ma ha sprecato le risorse che le formichine settentrionali, tenute a stecchetto, hanno oculatamente amministrato. Una bella spending review nel Sud potrà certamente indirizzare risorse aggiuntive verso il Nord, come auspica il ministro Roberto Calderoli, anche nel settore trasporti.


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