5 minuti per la lettura
STIAMO sottovalutando un possibile rischio in Europa: subire un processo pianificatorio della Unione Europea sulla nostra offerta dei porti sul Mediterraneo. Questa mia spontanea preoccupazione nasce da una decisione presa dal Parlamento europeo il 22 novembre scorso.
Intanto riporto il comunicato di tale decisione prodotto dalla stressa Unione Europea: “Con 305 voti favorevoli, 276 contrari e 29 astensioni, approvata dal Parlamento europeo la proposta di riforma dei Trattati nata in seno alla Conferenza sul Futuro dell’Europa. Mercoledì 22 novembre il Parlamento europeo ha approvato con 305 voti favorevoli, 276 contrari e 29 astensioni una proposta che, nascendo direttamente dalla Conferenza sul Futuro dell’Europa, richiede la modifica dei Trattati dell’Unione europea e che chiede al Consiglio europeo di convocare una Convenzione di riforma dei Trattati. La proposta mira da un lato a rafforzare la capacità dell’UE di operare e dall’altro ad aumentare il peso della voce delle cittadine e dei cittadini. In particolare, la proposta di riforma prevede un sistema “più bicamerale” per evitare situazioni di stallo, attraverso il voto a maggioranza qualificata e l’uso della procedura legislativa ordinaria; il riconoscimento al Parlamento di un pieno diritto di iniziativa legislativa e del ruolo di colegislatore per il bilancio a lungo termine e una revisione delle norme sulla composizione della Commissione (rinominata “esecutivo europeo”). Il Presidente della Commissione, che dovrebbe ricevere la nomina del Parlamento e l’approvazione del Consiglio (contrariamente a quanto avviene oggi), potrà scegliere i propri Commissari sulla base di preferenze politiche, tenendo conto dell’equilibrio geografico e demografico, e avrà la possibilità di presentare una mozione di censura sui singoli Commissari. Sono proposte inoltre la pubblicazione delle posizioni degli Stati membri dell’UE su questioni legislative, per garantire una maggiore trasparenza in seno al Consiglio e la creazione di meccanismi di partecipazione adeguati e il rafforzamento del ruolo dei partiti politici europei, per dare più voce ai cittadini. Sempre nell’ottica del rafforzamento degli strumenti democratici, la proposta prevede l’introduzione del pieno diritto di iniziativa legislativa per il Parlamento e di strumenti di democrazia diretta, inclusa la possibilità di avere dei referendum europei. Altro elemento cruciale della proposta del Parlamento è l’aumento significativo del numero di decisioni prese a maggioranza qualificata (ad esempio in caso decisioni di sanzioni) e la sostituzione del metodo dell’unanimità con quello della maggioranza rafforzata (almeno quattro quinti dei membri del Consiglio che rappresentano gli Stati membri e che riuniscono almeno il 50% della popolazione europea) da utilizzare per le decisioni in materia fiscale. Inoltre i deputati chiedono un maggiore spazio di manovra e soprattutto di rendere condivise le competenze su temi importanti come salute pubblica, protezione civile, industria e istruzione, mentre attualmente sono di competenza esclusiva degli Stati membri”.
Questa decisione presa a pochi mesi dalle elezioni comunitarie denuncia chiaramente che il prossimo Parlamento rivestirà un ruolo forte, un ruolo che, in un certo senso, ridimensiona sostanzialmente le autonomie nazionali; in realtà è come se in modo indolore ci si avviasse verso quella che da sempre avremmo voluto diventasse la Unione Europea e, da ipocriti, abbiamo però sperato sempre di non raggiungere mai un simile assetto perché consapevoli del rischio di non essere in grado di spogliarci dei nostri localismi e dei nostri ridicoli clientelismi locali. Ma tentiamo di analizzare quali sono o potrebbero essere i cambiamenti e come potremmo viverli in modo, quanto meno, coerente alle nostre finalità strategiche.
Voglio ricordare che già in passato, soprattutto per il comparto delle infrastrutture e dei trasporti, il nostro Paese ha dovuto combattere per ottenere che nella edizione delle Reti TEN – T (l’edizione varata nel 2014) venissero confermati i quattro Corridoi che attraversavano il nostro Paese ed in particolare trovassero adeguato supporto finanziario i due Corridoi Genova – Rotterdam e il Corridoio Baltico Adriatico e nella istruttoria, portata avanti sempre dalla Unione Europea, non è stato facile sostenere il ruolo delle grandi realtà urbane e la ubicazione strategica dei nostri sistemi portuali. Ebbene, oggi la Unione Europea potrebbe, sulla spinta di alcuni Paesi dell’area settentrionale della Unione come la Francia, la Olanda, la Danimarca, la Germania, il Belgio, la Polonia, la Estonia, la Lituania e la Lettonia, concordare una rivisitazione organica della intera offerta portuale dei Paesi che si affacciano sul Mar Baltico e sul Mare del Nord e, a differenza dei nostri porti del Mediterraneo completamente distanti da forme di aggregazione funzionale, dare origine ad un unico soggetto gestionale, sì una unica macro realtà portuale disposta ad offrire con prezzi bassissimi servizi davvero concorrenziali a quelli del Mediterraneo.
Torniamo cioè ad una storica contrapposizione tra la offerta portuale del settentrione europeo e quella del bacino del Mediterraneo; uso la frase “torniamo ad una storica contrapposizione” perché proprio nella edizione delle reti TEN -T il Corridoio Genova – Rotterdam aveva quasi segnato l’inizio di un condiviso accordo verso la interazione funzionale tra i due macro ambiti.
Perché ho fatto questa lunga premessa? Perché ho lanciato questo ormai oggettivo allarme sui cambiamenti sostanziali dei comportamenti di ciò che definisco la nuova Unione? Perché non vedo assolutamente nessun atto formale né di riforma della nostra offerta portuale in Europa, né di possibili iniziative sia mirate ad un coinvolgimento di tutti i porti comunitari del Mediterraneo, sia di aperture verso possibili sinergie tra i porti in Europa del Mediterraneo e quelli del Mare del Nord e del Baltico. Assisto ormai da un anno, dall’insediamento del nuovo Governo, ad un proliferare di convegni, di tavoli di lavoro, di dibattiti istituzionali sulla portualità (ne ho contati in 12 mesi ben 47) ma finora, escluso il seminario organizzato dalla Società italiana di politica dei trasporti Sipotrà che ha cadenzato utili approcci alla riforma, solo elevata “volontà a fare” e ampio ricorso alla “tecnica dell’annuncio”, cioè il tipico comportamento che porta alla incapacità di trasformare intuizioni anche giuste in riforme concrete. Ed allora forse sarebbe opportuno che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti costruisse le condizioni per evitare di subire scelte strategiche pericolosissime per la nostra portualità da parte di un soggetto che diventa il riferimento chiave della futura pianificazione portuale, un soggetto, quello comunitario, che nel prossimo Parlamento europeo ricopre una forza ed un ruolo vincolante.
La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA