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Il progetto di Ponte sullo Stretto di Messina

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HO SEMPRE sostenuto che le difficoltà nella costruzione del Ponte sullo Stretto sono essenzialmente quelle legate al processo autorizzativo ed al rapporto tra le due distinte realtà territoriali, quella siciliana e quella calabrese tra le quali non esiste, per la presenza del mare, continuità territoriale. Le problematiche tecniche e spiccatamente costruttive in realtà sono state abbondantemente studiate e ogni componente tecnica è abbondantemente supportata da ampie conferme di natura ingegneristica e, in particolare, geotecnica e sismica. La componente, invece, legata sia al processo autorizzativo che istituzionale, cioè quello relativo ai ruoli ed alle funzioni delle due realtà regionali (Regioni e Comuni), senza dubbio è stato ampiamente affrontato ma sicuramente, nella fase terminale, genererà confronti non facili.

Affronto prima, quindi le difficoltà.

1. Oggi le due Regioni sono divise dal mare e, a differenza delle altre Regioni, la divisione fisica ed in particolare la non continuità territoriale, ha da sempre caratterizzato non solo le differenze tra le due Regioni ma tra la Sicilia ed il resto del Paese e dell’Europa. Tra l’altro, in modo davvero anomalo, siamo soliti definire questa differenza geografica con i termini: isola e continente. Una definizione geograficamente esatta ma che nasconde da sempre un pieno convincimento delle parti ad essere due distinte realtà. Ebbene, il Ponte forse pone delle nuove condizioni di tipo istituzionale e, senza dubbio, quanto sto per dire è discutibile, ci porta verso un nuovo impianto regionale. Sicuramente trattasi di due connotati regionali con storie e con passati distinti ma che se effettuassimo un approfondimento più analitico e più mirato scopriremmo che la continuità territoriale, con il ponte, crea le condizioni per una rilettura storica di territori che possiedono delle tipiche peculiarità ambientali e storiche che possono trasformarsi in positività fra loro complementari.

2. Non possiamo in alcun modo sottovalutare che la continuità territoriale, col Ponte, regala a questa area del Mezzogiorno un cambiamento sostanziale nella offerta infrastrutturale e nella relativa logica gestionale di realtà portuali ed interportuali come quelli di Gioia Tauro, Reggio Calabria, Messina, Catania, Augusta e Pozzallo; un cambiamento che necessariamente in questo particolare momento in cui è in corso una possibile revisione della Legge sulla portualità potrebbe (a mio avviso dovrebbe) portare verso la istituzione di un’unica Società per Azioni a maggioranza pubblica dell’intero sistema ed in questo sia l’interporto di Catania, sia il retroporto di Gioia Tauro potrebbero finalmente, dopo anni di competa stasi, diventare impianti interagenti.

3. Un discorso tutto nuovo invece si instaurerà per le reti ferroviarie e stradali. Mi riferisco al recupero dei ruoli dell’asse stradale 106 Jonica in Calabria e delle reti viarie presenti in Sicilia tra le Provincie di Messina e Catania; si trasformeranno, o meglio si dovranno trasformare, da segmenti incompleti e in alcuni casi non integrati in un unico sistema organico in grado di rendere sempre più fluidi i collegamenti tra aree con elevata domanda di trasporto. Per la rete ferroviaria finalmente l’asse ferroviario jonico attualmente lontano da standard adeguati ad un Paese industrialmente avanzato come il nostro diventerà, insieme agli assi ferroviari ad alta velocità sia dell’area terminale della Calabria e di quella orientale della Sicilia, una vera piastra logistica che, per i tempi di percorrenza, potrà essere assimilata ad una offerta di tipo metropolitano.

4. Le aree con rilevante produzione agricola, mi riferisco sia a quelle calabresi come le vaste aree di Rossano, Corigliano, Lamezia, o dell’intero sistema reggino, sia a quelle ubicate in Sicilia come quelle di Tortorici, Bronte, Randazzo, Pachino, Vittoria, ecc., diventeranno ambiti di produzione che, acquistando finalmente il terzo grado di libertà nel processo di interazione logistica, cioè acquistando la possibilità di utilizzare oltre al trasporto aereo, oltre al trasporto marittimo anche quello terrestre, sicuramente potrebbero dare vita ad organizzazioni di produzione, manipolazione e vendita comune dei prodotti ottimizzando al massimo le relative econome di scala; un simile processo eviterebbe o, addirittura eliminerebbe, l’attuale assurda abitudine che vede le attività logistiche e commerciali dei prodotti agricoli gestite da società del Nord o, addirittura, non italiane e in tal modo i margini legati alle attività logistiche in queste aree non vanno alle economie locali; ultime stime danno alle due Regioni un recupero di appena il 5 – 7%

5. Le Università di Catanzaro, Rende, Reggio Calabria, Messina, Catania e Siracusa diventano automaticamente una occasione unica di offerta scientifica e didattica integrata e con elevata possibilità di interazioni funzionali. Una ricchezza che sia per il numero di sedi che per la ricchezza di specializzazioni può diventare occasione vera per essere una delle Università del Mediterraneo; una delle articolazioni universitarie che offre condizioni di elevata convenienza per i Paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo e che trovano, in questa articola e diffusa offerta universitaria, non solo la base per una crescita professionale ma anche una occasione per diventare anche riferimento politico all’interno di un sistema sempre più complesso sia per il fenomeno migratorio, sia per la continua esplosione di fenomeni bellici.

Potrei continuare ad elencare altri punti strategici che, grazie al Ponte, trovano immediato successo nella continuità territoriale come ad esempio il comparto della assistenza sanitaria o delle eccellenze nel comparto industriale, mi fermo qui e voglio precisare che le possibili critiche a questo tipo di analisi basate essenzialmente sul fatto che rischiano di essere ipotesi utopiche sono poco difendibili perché penso che la insularità della Regione Sicilia, in base a studi approfonditi ed ampiamente motivati costa annualmente 6,2 miliardi di euro al valore del PIL della Regione; un dato raggiunto proprio analizzando le varie penalizzazioni causate dall’assenza di quelle occasioni da me prima indicate e, quindi, la serie di prospettazioni fatte in precedenza dovrebbero proprio costituire i fattori chiave per un recupero di una simile perdita annuale.

Voglio aggiungere due considerazioni finali: la prima legata alla esigenza di una nuova collaborazione istituzionale delle due Regioni, quasi un obbligo sistematico (possibilmente ogni mese) di un Consiglio o addirittura di una Giunta congiunta delle due Regioni; una sistematicità che nel tempo dovrebbe portare le due realtà a non essere una tessera isolata nel Mezzogiorno ma a diventare riferimento pilota di quella ipotesi di federazione delle Regioni del Sud soprattutto per quelle aree tematiche strategicamente forti e decisive per la crescita e lo sviluppo.

La seconda considerazione invece è purtroppo critica: sembra strano ma questi elementi che sinteticamente ho cercato di elencare prima, in un Paese come il nostro, invece di diventare occasioni per trasformare le varie potenzialità di aree chiave del Mezzogiorno in concrete operazioni di rilancio della economia, rischiano di diventare i riferimenti più delicati, più critici proprio nella concreta attuazione di scelte come quella della realizzazione del Ponte. Lo so questo è un paradosso che non siamo riusciti finora a capire e che forse, dopo la copertura finanziaria dell’opera come previsto nell’attuale Disegno di Legge di Stabilità 2024, riusciremo a capire e superare.


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