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Un progetto del ponte sullo Stretto

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COSTI che lievitano e coperture che ancora mancherebbero. Per il Ponte sullo Stretto di Messina, per dirla con l’indimenticabile Eduardo De Filippo, gli esami non finiscono mai. Nemmeno il tempo di mettere nero su bianco che l’opera il Governo Meloni la vuole fare e con il Decreto legge n. 35 del 31 marzo 2023 (“Disposizioni urgenti per la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria”) l’ha rimessa in pista, che già si frappongono nuovi ostacoli sul suo cammino.

A sollevare nuovi interrogativi è l’allegato alle Infrastrutture al Documento di Economia e Finanze (cioè il principale strumento della programmazione economico-finanziaria, proposto dal Governo e approvato dal Parlamento, esso indica la strategia economica e di finanza pubblica nel medio termine) che evidenzia costi superiori a quelli finora stimati e la mancanza di coperture, sebbene il Ministero per le Infrastrutture, guidato da Matteo Salvini, che ne ha fatto una battaglia di principio per il Mezzogiorno e il Paese, si affretti a liquidare queste “insinuazioni”, sostenendo che i fondi occorrenti arriveranno con la prossima manovra di bilancio. Proprio il Def ha aperto uno spazio di quasi 8 miliardi in deficit in due anni, ma si tratta di importi già assegnati (3,4 miliardi quest’anno per il taglio del cuneo fiscale e 4,5 miliardi il prossimo per il taglio delle tasse). Per tutto il resto le risorse sono ancora da trovare.

“Ad oggi – si chiarisce nel DEF – non esistono coperture finanziarie disponibili a legislazione vigente; pertanto, queste dovranno essere individuate in sede di definizione del disegno di legge di Bilancio”. E non si tratta di risorse di poco conto. “Il costo dell’opera oggetti di concessione dagli aggiornamenti svolti risulta di 13,5 miliardi” quantifica il Documento di economia e finanze. A cui bisogna aggiungere quello per realizzare le opere complementari al collegamento ferroviario “lato Sicilia e lato Calabria” che dovranno essere oggetto del contratto di programma con Rete Ferroviaria Italiana, che si stima ammontino ad altri 1,1 miliardi. Complessivamente parliamo di un importo di ben 14,6 miliardi. Ancora da stimare, invece, il costo delle opere “di ottimizzazione e complementari alle connessioni stradali”, che considerate “di minor impatto economico, verranno meglio definite e dettagliate nell’ambito dei prossimi contratti di programma con Anas”.

Il dato certo da cui partire è di non meno di 14,6 miliardi. Somme tutte da trovare con la prossima Finanziaria, mettendo gli occhi anche sui fondi europei per lo Sviluppo e la coesione di Sicilia e Calabria e puntando anche sul coinvolgimento di “finanziatori istituzionali quali la Banca europea degli investimenti e Cassa depositi e prestiti”. Eppure, alla fine di marzo, in occasione dell’approvazione del Decreto legge da parte del Governo che ha rimesso in pista il progetto per l’attraversamento stabile dello Stretto, il ministero per le Infrastrutture parlava di un costo per il Ponte e tutte le opere di accesso “stimato in dieci miliardi”. E’ verosimile, che l’importo riferito dal ministro Salvini non fosse altro che la riproposizione delle cifre ufficiale del progetto approvato nell’ormai lontano 2011 che stimava un costo di 8,5 miliardi, costo più che raddoppiato rispetto alla gara del 2004 aggiudicata dal Consorzio Eurolink guidato da Webuild per 3,9 miliardi. Ieri si sono svolte le audizioni davanti alle Commissioni riunite Trasporti e Ambiente della Camera dei deputati, presiedute, rispettivamente, da Mauro Rotelli e Salvatore Deidda, nell’ambito dell’esame in sede referente del disegno di legge di conversione n. 1067 del decreto legge n. 35 del 2023. “Il Ponte sullo Stretto – ha detto il sindaco di Messina, Federico Basile – ha un valore aggiunto che deve essere preso in considerazione. La mia città non è inserita nella società Stretto di Messina. A oggi ritengo sia fondamentale che la parola della città sia ascoltata”.

Più articolata la posizione espressa da Paolo Amenta, presidente dell’Anci Sicilia che durante l’incontro ha presentato un documento in cui ha esposto le principali esigenze della regione. “La scelta del Governo di realizzare un collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria – si legge tra l’altro nel documento – potrà comportare un miglioramento per l’Isola e per la qualità di vita dei cittadini solamente se strettamente legata ad un complessivo rafforzamento infrastrutturale. Diversamente si rischia di alimentare, per l’ennesima volta, una legittima aspettativa per poi mortificarla”. Amenta si è soffermato in particolare sulla funzione strategica dell’opera, ma avvertendo “se accompagnata, oltre che dall’alta velocità, da adeguate infrastrutture viarie che colleghino il resto d’Italia con le aree turistiche e con gli aeroporti e i porti di Gioia Tauro, Augusta e Gela, attraverso un sistema intermodale”.

I cantieri di ANAS e Ferrovie dello Stato sono il primo banco di prova per misurare la reale volontà di attenzione nei confronti della Sicilia. Analoga e indispensabile attenzione – ha chiarito Amenta – dovrà essere riservata ad iniziative finalizzate a ridurre il peso che le tariffe aeree hanno sulle tasche dei siciliani. “Il superamento dello svantaggio legato all’insularità – ha aggiunto – potrà essere percepibile solamente quando il sistema di mobilità integrato sarà strettamente connesso alle opportunità legate alle Zone Economiche Speciali che dovranno vedere un rafforzamento ed una estensione funzionale”. “Le aziende che decideranno di investire in Sicilia e in Calabria – conclude Amenta – potranno essere attratte da trasporti agevoli e da vantaggi fiscali; dovranno poter raggiungere i mercati del nord ed essere connessi attraverso una reale intermodalità”. Nel corso della giornata sono stati auditi, tra gli altri, rappresentanti di istituzioni, docenti universitari, esperti e associazioni ambientaliste. Oggi terzo e ultimo giorno di audizioni.


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