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Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea

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FUMATA bianca. Dopo anni di controversie legali, manifestazioni, conflitti tra istituzioni e pareri di tecnici ed ingegneri, si è sbloccata la proroga dell’impianto di stoccaggio di stoccaggio del gas di Sergnano, uno dei più grandi d’Italia. La commissione sul Pnrr del ministero della Transizione ecologica, riunita in seduta plenaria, ha dato parere positivo. Tradotto in combustibile vuol dire aumentare la capacità di 350 milioni di metri cubi di gas.   Legno in cascina in vista di un inverno che si preannuncia difficile.   

La questione si trascinava da tempo immemorabile in uno scenario che vedeva in campo le solite fazioni. Da una parte la Snam Rete Gas che gestisce il gigantesco impianto, dall’altra l’amministrazione comunale di Sergnano e il comitato NoGasaran da sempre contrario a qualsiasi al progetto. Già 8 anni fa, quando ancora non si parlava di emergenza,  le due parti si erano fronteggiate. Gli ambientalisti contestavano il “piano Stogit”, tre cabinati con turbine che avrebbero occupato in totale 17 ettari di terreno, di cui 12 destinati al verde. Un’opera necessaria a pompare il gas per rifornire l’est Italia. A sollevare obiezioni furono anche gli agricoltori proprietari del terreno per evitare l’espropriazione. Si parlò all’epoca di consumo di suolo, produzione di CO2, inquinamento ambientale e acustico e del rischio legato alla sovrapressione.  

La nuova centrale di stoccaggio  non comporta,  secondo i tecnici, nessun pericolo. Sono stati previsti pozzi sotterranei per tenere sotto controllo il rischio sisma. Ma il Comitato NoGasaran non si è mai arreso e ha continuato a raccogliere firme e a organizzare assemblee pubbliche. Fino ai giorni scorsi. Ieri l’altro il via libera.  “La questione del gas non si esaurisce però nella quantità che riusciamo ad acquistare all’estero – commenta Massimiliano Atelli, il magistrato che presiede la Commissione –  o estrarre all’interno dei confini nazionali ma comprende anche il tema delle – essenziali – infrastrutture fisiche di rigassificazione e stoccaggio. Non sarebbe possibile consumare tutta, istantaneamente, l’energia che compriamo all’estero e  quella –  ancora troppo poca –  che produciamo all’interno dei confini nazionali”.  Da qui l’importanza di poter “immagazzinare”. 

“Siamo riusciti – riprende Atelli – all’esito di un lavoro approfondito e paziente, a superare finalmente un’impasse che durava da anni, ed era sfociata perfino in un contenzioso tra istituzioni, sbloccando la proroga dell’impianto di stoccaggio di Sergnano”.

LA RISERVA STRATEGICA

Il gas verrà compresso in un ex giacimento che si estende sotto la campagna, al confine tra Bergamasco e Cremasco. Una parte di questo gas diventato per noi così importante dopo il blocco di Putin e la chiusura dei rubinetti siberiani,  costituisce una quota della riserva strategica nazionale. Il parere positivo è accompagnato da prescrizioni e condizioni a garanzia della sostenibilità ambientale (” l’idea è che tendiamo a preferire una condizionalità in più ad un impianto in meno”, precisa Atelli),  Consentirà, come si era accennato, anche di aumentare la  capacità di 350 milioni di metri cubi:  passare dagli attuali 2,5 miliardi mc a 2 miliardi e 850 milioni andando in sovrapressione.   L’incremento di capienza dell’impianto di Sergnano non risolve da solo il problema, la capacità italiana di stoccaggio ma anche da questo tipo di operazioni passa il percorso che conduce il Paese ad una nuova autosufficienza energetica. C’è una nuova consapevolezza in queste scelte dettate dall’emergenza. Hanno impresso un passo diverso alle commissioni del Mite che si occupano del Via (la valutazione impatto ambientale).

L’ATTACCO AL GSE: PIRATERIA DI ULTIMA GENERAZIONE

Tutto questo accade mentre nella notte tra domenica e lunedì il Gse, il gestore dei servizi energetici, è stato vittima di un attacco informatico “per mezzo di un malware di ultima generazione”. Un sabotaggio dietro al quale si cela probabilmente la mano degli hacker filorussi che ha reso il portale della società “temporaneamente indisponibile”. L’attacco è stato segnalato alle autorità competenti che stanno indagando.  Gse ha comunque assicurato che i sistemi informativi sono stati messi in sicurezza e l’acquisto di gas per il servizio di ultima istanza verrà garantito. Il quadro è questo. Una corsa contro il tempo in una guerra che non si combatte solo in Ucraina ma anche a colpi di intrusioni informatiche. “Allargando un attimo il discorso – osserva ancora il presidente Atelli – temo che le parole, (“è finita l’abbondanza”) pronunciate da Macron nelle settimane scorse – le stesse che portarono la Francia a nazionalizzare il colosso Edf, investendo 10 miliardi di euro – resteranno a lungo nella memoria  collettiva.  E, prendendo a prestito anche le parole del Papa, potremmo dire che segnano, probabilmente, non l’inizio di un’epoca di cambiamenti,  ma proprio il principio di un cambiamento d’epoca. Occorre coglierne il senso ed essere conseguenti”.

CAMBIARE ASSETTO ENERGETICO    

Se qualcuno pensava insomma che l’aumento del prezzo delle materie prime e dei combustibili e il combinato disposto con la guerra dichiarata da Putin al vecchio Continente si esaurisse in un lampo dovrà ricredersi. Il conflitto entrerà in un modo e nell’altro anche nelle case delle famiglie italiane.  Da qui la necessità di correre e passare da un assetto energetico ad un altro, meno squilibrato sulle forniture dall’estero.

“Non sarà né semplice né breve, ma non abbiamo alternative e l’Italia può farcela – conclude Atelli – ma all’interno, naturalmente, di una cornice sovranazionale, facendo non meno dell’Unione europea che si è dotata di una rinnovata tassonomia in tema di energia pulita e non meno degli altri Paesi Ue più simili a noi, (Germania e  Francia, che, come noto, si consentono tuttora cose che noi non ci consentiamo neppure a titolo transizionale).  


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