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Si bruciano le tappe per la realizzazione del gasdotto EastMed-Poseidon. Per una questione relativa alle zone economiche esclusive contese tra Turchia e Grecia, Ankara si è sempre opposta alla sua realizzazione (e gli Usa sostenevano Ankara) ma con lo scoppio della guerra in Ucraina e dopo il recente colloquio a Washington tra il premier Mario Draghi e il presidente degli Stati Uniti d’American, Joe Biden, l’amministrazione Usa non si oppone più alla sua realizzazione, ritenendola prioritaria per aiutare l’Europa ad affrancarsi dal gas russo.

I lavori sarebbero dovuti iniziare nell’autunno 2023, ma il governo italiano sta provando a stringere i tempi e, se possibile, ad anticiparli. Il gasdotto EastMed-Poseidon, una volta realizzato e entrato in funzione, permetterà all’Italia di importare ogni anno circa 10-12 miliardi di metri cubi di gas naturale dal Bacino Levantino, nel Mediterraneo, fino in Puglia.

Ma come si è arrivati a questo punto? A causa delle tensioni internazionali, è stato rispolverato dopo anni il progetto del gasdotto EastMed-Poseidon. L’opera prevede di collegare il Bacino Levantino (nel Mediterraneo orientale, tra Cipro, Egitto e Israele) con l’Italia con Otranto (Lecce) come punto di arrivo.

Il progetto di quest’opera è stato sviluppato a partire dal 2008 ma, a causa di una serie di questioni geopolitiche, la realizzazione non ha mai preso ufficialmente il via. La Turchia, in particolare, ha manifestato a più riprese la propria contrarietà all’iniziativa (che non la coinvolgerebbe e passerebbe in acque contese) e anche l’amministrazione Biden si è opposta, accogliendo le proteste di Ankara e volendo invece favorire maggiori investimenti negli impianti di rigassificazione.

In realtà, vista l’attuale situazione in Ucraina sembra che qualcosa si stia muovendo nella realizzazione del corridoio EastMed-Poseidon. Proprio nelle scorse settimane, infatti, il responsabile degli Affari esteri del dipartimento per l’energia degli Stati Uniti, Andrew Light, ha detto: «Dopo gli ultimi sviluppi, daremo uno sguardo nuovo a tutto. Non si tratta soltanto della transizione verde, ma anche della transizione via dalla Russia».

Il gasdotto EastMed-Poseidon, come suggerisce il nome, dovrebbe essere composto da due tratte distinte (vedi grafico). Stando ai progetti, l’EastMed sarà lungo circa 1.900 chilometri e collegherà il Bacino Levantino (nelle acque tra Cipro, Israele ed Egitto) con la Grecia. Il gasdotto Poseidon invece coprirà un tratto off-shore di 216 chilometri circa, compreso tra la Grecia e l’Italia. Più nello specifico, il punto di approdo previsto è a Otranto, in Puglia. In realtà il gasdotto Poseidon prevede anche un secondo tratto che, dalla Grecia, si diramerà verso la Turchia: una volta completato raggiungerà i 760 km di lunghezza circa.

Per quale motivo il corridoio EastMed-Poseidon è stato così discusso nelle ultime settimane? Semplice: la realizzazione di questo corridoio permetterebbe di ridurre la dipendenza italiana (ed europea) dal gas naturale russo, andando di fatto a creare una nuova via d’importazione per questo combustibile. Ma di che cifre parliamo? Una volta terminata, l’opera sarebbe in grado di trasportare tra i 10 e i 12 miliardi di metri cubi di gas all’anno, anche se questo valore potrebbe aumentare gradualmente e raggiungere i 20 miliardi negli anni seguenti, come confermato dalla compagnia greca Depa. Per fare un confronto, il gasdotto Trans-Adriatico (TAP) che dalla frontiera greco-turca attraversa Grecia e Albania per approdare a Melendugno (Lecce) ha trasportato nel 2021 circa 7,1 miliardi di metri cubi di gas naturale.

L’evolversi della situazione geo-politica e la nuova politica energetica dell’Italia che sta cercando alternative all’approvvigionamento di idrocarburi dalla Russia a rischio embargo da parte dell’Unione Europea, ha indotto il governo a verificare la possibilità di anticipare i tempi di apertura del cantiere già entro l’anno senza aspettate il 1° ottobre 2023. Se si riuscisse in questo intento, il termine dei lavori non sarebbe più il 1° ottobre 2025, bensì il 1° ottobre 2024. Questa infrastruttura dovrebbe essere pronta a funzionante, al più tardi, entro il prossimo triennio.

L’infrastruttura non incontra però consensi unanimi. «Un’infrastruttura come un tubo, in un mercato che diventa sempre più flessibile e liquido, rischia di essere una scelta un po’ fuori tempo», dice il direttore Public affairs di Eni, Lapo Pistelli, nel corso dell’audizione convocata martedì dalle Commissioni Esteri e Attività produttive della Camera dei Deputati.

Secondo il rappresentante dell’Eni il progetto nato quasi sette anni fa presenta un «indubbio valore politico», come quello costituito dall’aver portato Egitto e Israele alla cooperazione energetica, ma «se si immagina una via di approvvigionamento utile per la sicurezza energetica italiana è plausibile affermare che vi sono alternative più economiche cui arrivare in un tempo molto più rapido, ipotesi industriali più facilmente percorribili».

Non solo per i tempi occorrenti e per le modalità di approvvigionamento della materia prima, sulla fattibilità del progetto pesano le incognite e i rischi legati alla grandezza dell’opera e ai suoi costi. Una di queste remore è la lunghezza del gasdotto e le difficoltà tecniche relative al fatto che alcuni tratti del gasdotto devono essere posati ad una profondità di 3mila metri nel Mar Mediterraneo. L’altra difficoltà è legata al suo costo: fino al decollo dei prezzi del 2021 il prezzo del gas era estremamente basso e si prevedeva un payback molto lungo, ma oggi i costi sarebbero molto maggiori di quelli preventivati a suo tempo.


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