Un rigassificatore
5 minuti per la letturaLa sindrome NIMBY si contrappone a quella degli specchietti scambiati per brillanti, da dare agli indigeni con l’anello al naso.
Il tema del Mezzogiorno piattaforma energetica per l’Europa è stato acquisito come centrale da tutto il Paese. È stato, argomento, nel forum di Sorrento e lo stesso Draghi ne ha parlato sostenendo che deve diventare l’hub energetico.
Quindi nuova centralità in un nuovo contesto geopolitico che ha visto alzarsi una nuova cortina di ferro verso quel grande continente euroasiatico che oggi è la Federazione Russa. Una centralità ritrovata quella del Sud che certamente può essere la base per un nuovo sviluppo dell’area.
“È «un’opportunità da sfruttare», dice l’ex numero uno della Bce, perché «il Mezzogiorno, come diceva don Luigi Sturzo, è il ponte gettato dalla natura fra il continente europeo e le coste dell’Africa e dell’Asia». Insomma un punto naturale di scambi e di commerci.
E certamente riscoprire la centralità di quest’area è già di per sé un passo in avanti notevole. Se si comincia a guardare al Sud come ad una zona di collegamento non solo con l’Africa del nord ma anche con l’Africa nera e con il Medioriente afroasiatico, forse si potrà anche accettare che diventi il secondo motore del Paese, considerato che il primo, da tempo, batte in testa.
Anche l’Europa dopo l’ubriacatura che portava tutti verso Est, svegliata dal conflitto russo ucraino, capisce quanto sia importante diversificare le fonti di energia e collegarsi con tutte le realtà che le sono vicine, sia a Nord che a Sud, visto il fallimento di quella ad Est.
Stiamo attenti però a non considerare questa come la vocazione di tale area. Perché se è vero che diventa fondamentale sia per quanto attiene alle energie rinnovabili che per quelle fossili, che possono raggiungere più facilmente le coste della Sicilia provenienti dal Nord Africa o le coste della Puglia provenienti dall’Albania piuttosto che dalla Grecia, è anche vero che in realtà quello che si chiede alle regioni di attracco così come a quelle di passaggio è di subire una servitù che deve essere in qualche modo remunerata.
Infatti tali impianti sono caratterizzati per non essere labor intensive ma capital intensive, contrariamente a quello che serve al Mezzogiorno, visto che come è ben noto è necessario creare un numero di posti di lavoro, per aver il rapporto occupati popolazione della Emilia-Romagna, consistenti in circa 3 milioni di saldo occupazionale.
La prima forma di ristoro potrebbe essere quella di avere un costo dell’energia più basso che, insieme ad altri vantaggi come quelli fiscali relativi al cuneo e quelli relativi alla tassazione degli utili, potrebbe rappresentare un incentivo alla localizzazione di impianti manifatturieri.
Perché deve essere chiaro a tutti che l’opzione dello sviluppo della manifattura per qualunque regione non è assolutamente eludibile e che se si vuole che il Mezzogiorno non abbia più quel fenomeno che lo depaupera fortemente dell’emigrazione deve puntare oltre che sulla logistica, anche sul manifatturiero.
E che il turismo così come l’agricoltura non possono che essere aggiuntivi in termini di attività per risolvere il problema/opportunità rappresentato dal Mezzogiorno.
Le Zes, malgrado Carlo Calenda le ha definite nell’incontro di Sorrento “una grande vaccata “ alla Fantozzi, perché ritiene non abbiano avuto quel completamento normativo che insieme alla riforma delle dogane può consentire ai nostri porti di diventare attrattivi per le merci rispetto a quelli olandesi, se si eliminano alcune strozzature ancora esistenti, possono essere una via da seguire.
E rappresentare una soluzione importante per quello che viene dichiarato essere il problema principale del Paese, ma che poi viene trattato, di volta in volta, come un cadavere sul quale poter fare esperimenti.
Chiamando a fare libri bianchi nuovi interlocutori che della problematica non si sono mai occupati; fuor di metafora parlo del libro bianco di Ambrosetti, dimenticando che da decenni con competenza e professionalità vi è un istituto come la Svimez, che con studi approfonditi ed articolati sì occupa di tali temi in maniera continuativa.
Ma tant’è: nemo profeta in patria. Ma al di là di questa nota polemica, doverosa, il rischio che il Paese possa agire anche nel caso dell’energia, come ha fatto nel caso delle professionalità che ogni anno si trasferiscono al Nord, utilizzando quello che serve ai propri fini, in questo caso l’energia, contrabbandando quello che è un servizio, che il Mezzogiorno deve dare vista la sua posizione geografica, ma per il quale dovrebbe essere in qualche modo remunerato, come invece investimenti che vengono fatti nella sua area per i quali quasi dovrebbe ringraziare chi li viene a fare, è grande.
Parlo dei rigassificatori, piuttosto che degli impianti eolici, come quello enorme che si vuole posizionare di fronte alle Egadi, o degli impianti solari che possono occupare ettari di terreno e che certo non aggiungono nulla al paesaggio anzi se vogliamo essere sinceri lo deturpano.
E allora ben venga la nuova centralità dell’area e l’utilizzo di essa come hub energetico; ogni parte del nostro Paese deve contribuire allo sviluppo complessivo mettendo a disposizione i talenti che riesce ad avere, ma non confondiamo quello che è un servizio che viene fatto con un’opportunità per la zona.
Ben vengano gli impianti eolici, come il Sud ha dato il benvenuto per tanto tempo agli impianti di raffinazione, che sono distribuiti sulla costa della Sicilia, da Augusta a Gela, a Milazzo. Ma adesso è anche l’ora che la vocazione manifatturiera, mai soddisfatta dopo che dall’unità si è proceduto allo smantellamento di quella esistente, si accompagni, eliminando quelle strozzature che ancora possano esserci per far ripartire quelle zone economiche speciali che dovrebbero dare una parziale risposta alle esigenze del Mezzogiorno.
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