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La pedemontana veneta

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Tutto colpa del Covid. La Regione Veneto cerca di scaricare sulla pandemia le responsabilità dell’interminabile cantiere per la realizzazione della Pedemontana Veneta, l’opera cantierata più importante in Italia con un costo effettivo 3 miliardi di euro. Lo fa per replicare all’ennesima tirata d’orecchie dei giudici della sezione veneta di controllo della Corte dei conti che sottolineano le numerose criticità esistenti, a dispetto delle raccomandazioni contenute in un analogo documento di un anno fa.

“Tenuto conto che nessun profilo di criticità rilevato nel precedente referto risulta definitivamente superato, seppur siano in corso misure volte, quanto meno in parte, alla risoluzione o a mitigarne gli effetti, si raccomanda alla Regione di monitorare costantemente la loro evoluzione” scrivono i giudici. In realtà i ritardi c’entrano ben poco con il Covid, anche se dalla Regione si fa sapere che la crisi sanitaria ha determinato difficoltà nel reperire le materie prime. Se pensiamo che la prima pietra fu posta nel 2011 e che nel 2013 si pensava di poter concludere per il 2016 è chiaro che le lungaggini affondino nel controverso percorso burocratico, politico e imprenditoriale. Progressivamente il traguardo si è spostato, mentre la Regione è intervenuta negli anni con il Concessionario Sis, facendosi carico di oneri finanziari e rischi per mancati introiti.

Ecco le criticità indicate dalla Regione. Innanzitutto 20 milioni di euro di Iva non dovuta versati al costruttore della Pedemontana Veneta, il quale ora non vuole restituirli alla Regione Veneto. Poi gli ennesimi ritardi in un cronoprogramma che non è stato mai rispettato e fa slittare ancora la conclusione. Poi la necessità di far pagare penali ai costruttori. Ma anche opere complementari non più previste e la necessità di far riconoscere alla superstrada il rango di autostrada con conseguente innalzamento del limite massimo di velocità da 110 a 130 chilometri orari. Infine, l’urgenza di ultimare il raccordo con l’autostrada A4 Milano-Venezia, per aumentare i volumi di traffico, che altrumenti risentirebbero di un calo del 13 per cento.

La Pedemontana collegherà la A4 “Serenissima” (all’altezza di Montecchio Maggiore) con la A27 Venezia-Belluno (all’altezza di Spresiano) transitando per le province di Vicenza e Treviso e innestandosi anche nella A31 “Valdastico, che va dalla Transpolesana, in provincia di Rovigo, fino a Piovene Rocchette. Finora sono stati messi in esercizio 56 chilometri di superstrada (da Malo a Montebelluna), rispetto ai 94,5 chilometri totali, pari al 59,2 per cento. La Regione si è affannata a spiegare che però lo stato avanzamento dei lavori è arrivato al 93.45 per cento. L’ultima previsione di finire entro il 14 agosto 2022 è slittata a marzo 2023, quando sarà completato il collegamento con la A4.

Scrivono i giudici: “Ad avviso della Regione, si può prevedere che l’intera Pedemontana potrà essere posta in esercizio (dopo la verifica ed il collaudo tecnico-amministrativo) presumibilmente entro la fine del 2022”. Le gallerie di Malo, che furono sequestrate dalla magistratura, sono ancora in fase di scavo e prima di maggio non cadrà l’ultimo diaframma. I giudici ricordano che “l’andamento dei lavori ha subito altri ritardi, a fronte del termine ultimo di conclusione dei lavori contrattualmente previsto per l’11 settembre 2020”. Quindi i ritardi arriveranno a ben più di due anni, ma sulla base di un cronoprogramma che è già stato modificato più volte. Nel 2020 era prevista solo l’ultimazione dell’ultimo lotto, mentre gli altri lotti avrebbero dovuto essere pronti risale anche nel 2017 e 2018: “Tali date di completamento dei lavori non sono state quindi rispettate” è la conclusione perentoria.

I giudici si raccomandano con la Regione perché “agisca per l’applicazione delle sanzioni” che sono di 25 mila euro per ogni mese di ritardo. La Regione fa il pesce in barile e dà la colpa alla pandemia: “Il Covid risulta, ai dati oggi disponibili e raccolti, l’unica motivazione, utile a giustificare solo parte dei ritardi. Le valutazioni complessive verranno fatte alla conclusione dei lavori, poiché la pandemia ed i suoi effetti non risultano ancora terminati, e quindi non quantificabili completamente. In ogni caso le penali sono da computarsi solamente alla fine di tutti i lavori, cioè quando sarà nettamente quantificabile il ritardo stesso”.

C’è infine il bubbone dell’Iva per 20 milioni di euro. Un anno fa la Corte aveva “raccomandato la tempestività nelle iniziative di recupero nei confronti del concessionario dell’importo di 20.147.000 euro indebitamente liquidato a titolo di IVA non dovuta sulla quota di contributo finanziata per la realizzazione dell’opera”. La Regione ha segnalato alla Concessionara Sis che il versamento “costituisce – per l’amministrazione stessa – un indebito oggettivo” e che va restituito, altrimentoi la Regione potrebbe essere costretta a risponderne in Corte dei Conti. I costruttori non hanno pagato perché la restituzione dell’Iva risalente al 2012 e 2013 determinerebbe una “esposizione finanziaria con un’istanza di rimborso dall’esito problematico”.

“Chissà se questo nuovo invito della Corte dei Conti sarà sufficiente alla Regione per sanzionare le imprese responsabili dei ritardi nella realizzazione della Pedemontana e incassare quanto dovuto sulla base di un contratto” scrivono i consiglieri di minoranza Andrea Zanoni del Pd e Cristina Guarda di Europa Verde. “Il percorso argomentativo della Corte dei conti è chiarissimo. Le sanzioni vanno applicate in relazione a ciascun lotto per cui vi è ritardo, non già, come precedentemente sostenuto dalla Giunta regionale, a opera ultimata”.


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