Il porto di Bari
6 minuti per la letturaUn fenomeno tellurico in un punto del pianeta genera danni anche in punti molto più lontani; in più occasioni ho ricordato questo dato perché, senza dubbio, penso sia un riferimento davvero comparabile con quanto succede nel comparto dei trasporti e della logistica. L’UNCTAD, organismo dell’ONU che si occupa di commercio e sviluppo, nell’ultimo rapporto annuale sul trasporto marittimo, ha stimato il possibile impatto sull’economia del caos logistico che da oltre un anno ostacola gli scambi merci e le materie prime. Il prossimo anno il costo delle importazioni potrebbe aumentare dell’11% e l’inflazione, solo a causa dei trasporti via mare, potrebbe salire di un ulteriore 1,5%.
“L’attuale crescita dei noli – precisa l’attuale segretario dell’UNCTAD – avrà un profondo impatto sul commercio minacciando la ripresa socio economica soprattutto nei Paesi in via di sviluppo finché le operazioni nel settore marittimo non torneranno alla normalità”.
Più volte abbiamo ricordato che questi cambiamenti si trasmettono attraverso le importazioni che per l’80% delle merci avviene via mare; alcuni approfondimenti hanno messo in evidenza che i rincari dei trasporti marittimi pesano su alcune filiere come i computer, i mobili, il settore tessile e l’abbigliamento.
Ancora più rilevanti gli aumenti di prodotti come la plastica e la gomma (+9,4%), farmaci (+7,5%), autoveicoli (+6,9%). Infine, sempre nel rapporto, si dice che i rifornimenti via mare rischiano di rallentare le attività manifatturiere; in realtà un aumento del solo 10% dei noli container unito a interruzioni nelle supply chain diminuisce la produzione industriale del pianeta dell’1%.
Nessuno in realtà prevedeva che i costi di spedizione in un anno salissero del 580 %; un container dall’Estremo Oriente da 2500 euro è salito a17.000 euro. Questa preoccupante interdipendenza motiva ancora una volta quanto sia determinante la ristrutturazione della nostra offerta infrastrutturale; infatti se a questi fattori esogeni che a livello mondiale stanno producendo queste preoccupanti variazioni nei costi dei prodotti dovessimo aggiungere quelli legati al costo della movimentazione delle merci sul nostro territorio nazionale, un costo più volte stimato in oltre 60 miliardi di euro l’anno, allora scopriremmo che il valore intrinseco delle merci cresce e spesso esce da ogni logica di mercato, esce da ogni forma di corretto confronto concorrenziale.
Ma se questa crescita dovesse continuare o se, peggio ancora, non fosse possibile bel breve periodo riportare alla normalità questo teatro economico, allora diventerebbe discutibile, almeno per il nostro assetto socio economico la crescita del Prodotto Interno Lordo, si bloccherebbe automaticamente la crescita del reddito pro capite e, cosa ancor più grave, nel nostro Paese aumenterebbe ulteriormente il gap tra il Sud del nostro Paese ed il Centro Nord.
Chi ha praticamente, negli ultimi dieci anni, modificato l’impianto delle relazioni logistiche tra est ed ovest, tra area cinese ed area europea? La risposta è semplice e, senza dubbio, sin dal summit sulla logistica di Pechino del 2008, lo avevano capito abbondantemente e, se si leggono alcune mie note del 2011 e del 2012, quelle che erano poi state utilizzate nella documentazione finale delle Reti Trans European Network (TEN – T), ci si rende conto che il mar Mediterraneo con la sua portualità, con i suoi nodi logistici doveva cambiare integralmente; per vincere questa naturale crescita dei costi, per superare questo ricatto che l’Oriente imponeva all’Europa, era necessario creare porti capaci di ricevere navi porta container da 15.000 TEU (container lungo circa 6 metri), ed era urgente reinventare l’intero assetto della offerta marittima nel Mar Mediterraneo, del Mar Nero e del Canale di Suez.
In realtà queste preoccupazioni hanno visto subito un immediato processo di riassetto funzionale strategico dei porti di Algeciras, Valencia e Pireo; ognuno di loro ha raggiunto una soglia di movimentazione container inimmaginabile (oltre 5 milioni di TEU) e si è completato, in tempi davvero contenuti, il raddoppio del Canale di Suez. Tra l’altro questa prevedibile rivoluzione della domanda ha visto in anticipo la Cina ampliare le sue possibili forme di utilizzo modale; in fondo la “Via della Seta” con il suo corridoio terrestre e marittimo, una scelta definita nel 2008, ha praticamente superato i possibili ricatti, i possibili vincoli imposti da un mercato della logistica in continua evoluzione.
In proposito penso sia utile esaminare questo quadro in cui si comparano i tempi ed i costi legati alle tre ipotesi modali di collegamento tra l’estremo oriente e l’Europa. Sempre nella logica delle interazioni planetarie dei fenomeni logistici è utile prendere in considerazione cosa sta succedendo nel porto di Los Angeles.
Ogni giorno sostano al largo del porto di Los Angeles circa 100 maxi navi perché non ci sono banchine libere per attraccare e scaricare. L’attesa fa aumentare le tariffe navali (+ 450%) e volare i prezzi al consumo (in USA + 6,2% nel mese di ottobre 2021).
Ed è utile conoscere una serie di previsioni, senza dubbio attendibili perché confermate da più organismi preposti alla analisi delle tendenze nel comparto logistico mondiale:
- Per il 2025 la movimentazione container a livello mondiale crescerà a ritmi del 4,8% medio annuo e raggiungerà 1 miliardo di TEU (Europa +3,9%, Africa +4,9%, Far East +5,3%, Middle East +4% e Nord America +3,6%)
- Il Canale di Suez, nell’anno della pandemia ha mostrato una notevole resilienza superando il miliardo di tonnellate di merci, con un numero di transiti pari a quasi 19mila navi. È dunque rimasto uno snodo strategico per i traffici nel Mediterraneo
- Il Mediterraneo rappresenta ancora una via privilegiata di transito per i traffici containerizzati concentrando il 27% dei circa 500 servizi di linea mondiali via nave
- Secondo le stime, la capacità globale dei terminal container dovrebbe crescere ad un tasso medio annuo del +2,1% nei prossimi cinque anni, pari a 25 milioni di TEU in più all’anno
- Anche l’orderbook delle container ship è su livelli elevati. A maggio 2021 risultano in ordine 474 nuove navi (su una flotta esistente di 5,482 unità)
- Si conferma la tendenza verso il gigantismo: si stima un aumento delle navi con portata superiore ai 15mila TEU pari al 14%, 9% e 17% nel 2021-2022 e 2023.
Ebbene, questo quadro previsionale, noto sin dal 2014, aveva portato i porti del Mediterraneo come i richiamati Algeciras, Valencia e Pireo a realizzare impianti portuali adeguati a questa vera esplosione della domanda. In Italia l’allora Presidente dell’Autorità portuale di Venezia Paolo Costa comprese, nel 2012, che la risposta a questa crescita non poteva essere di un solo porto ed aprì in modo lungimirante alla collaborazione di altri quattro porti come Trieste-Capodistria-Ravenna e Fiume. E dichiarò «Tutti abbiamo l’interesse a far sì che le navi passino per l’Adriatico”. Sempre Costa propose e definì il progetto di massima del porto offshore; un porto capace di rispondere alle esigenze delle nuove navi con portata superiore ai 15.000 TEU. Ma oltre alla iniziativa dell’Autorità portuale di Venezia, alla fine del 2014 vennero definite proposte per una serie di realtà portuali:
- Una nuova diga foranea nel porto di Genova
- La darsena Europa a Livorno
- Il rilancio funzionale del porto di Ravenna.
Siamo, dopo sette anni, ancora o nella fase pre progettuale o, come nel caso di Livorno e di Ravenna, all’avvio dei bandi di gara. Ma la cosa ancor più grave è che per i porti del Mezzogiorno come Cagliari, Napoli, Gioia Tauro, Taranto ed Augusta ci sono solo “programmi”. Infatti per Gioia Tauro, l’HUB con ampie possibilità di crescita, nulla si è fatto davvero per implementare la sua retroportualità aumentando in modo sostanziale le aree di stoccaggio.
Per Napoli nulla si è fatto per consentire una interazione funzionale con la piastra logistica di Nola – Marcianise. Per Cagliari e per Taranto, realtà portuali pronte a ricevere una rilevante quantità di container, non si è riusciti a vendere tali potenzialità infrastrutturali. Infine per Augusta, forse una delle piastre logistiche più interessanti del Mediterraneo, solo ipotesi programmatiche. Tutte queste intuizioni da oltre sette anni sono praticamente rimaste tali e nel frattempo quella esplosione della domanda è avvenuta ed hanno vinto quelle portualità che avevano capito che nella logistica, nella evoluzione della logistica, il tempo è una condizione determinante; programmare e non attuare significa regalare ad altri le convenienze.
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Francamente, oltre che paradossale, questa doppia linea del giornale sta cominciando a nauseare. Da un lato Napoletano elogia l’operato del governo del supermegapresidente Draghi. Dall’altro,i numeri di Incalza raccontano una realtà diametralmente opposta. Ciò avviene tra le righe dello stesso giornale. Paradossale…ed ora nauseante.