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Il fiume Po che nel progetto Foce Nure, inserito nel Pnrr, dovrebbe essere “deviato”

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Per uno strano incrocio di pregiudizi si ha la tendenza ad attribuire un carattere puritano a tutti i progetti del Pnrr che riguardano il Nord. Per l’effetto opposto e contrario i soliti sospetti accompagnano tutto ciò che proviene dal Mezzogiorno. Poi succede che per li rami del Po si scoprono strani intrecci, sovrapposizioni, opere che con i piani di protezione dalle piene c’entrano poco.

L’epicentro è all’apice di 3 regioni. Un intervento da 357 milioni di euro che rischia di attrarre vecchi e nuovi appetiti, un piano riveduto e corretto rimasto nei cassetti del Wwf per un paio di decenni. In origine era poco più di un’opera di ingegneria, una riqualificazione idraulica per arginare le piene alluvionali e gli altri accidenti che il fiume nella stagione delle piogge si porta dietro. Nella versione aggiornata, il Foce Nure – questo il nome in origine del progetto – pullula di termini come “ripristino ecologico”, “biosfera”, “biodiversità”, “ecosistema”. Obiettivo ai quali è dedicato un buon 40% del nuovo piano finalizzato al contenimento dei danni da cambiamento climatico.

Sia chiaro: che il fiume caro ai padani si sia ammalato e che soffra è cosa risaputa e appurata. Un tratto fluviale protetto dall’Unesco che si è inaridito sotto gi occhi di tutti con conseguenze su flora, fauna etc, etc. I tempi erano dunque più che maturi perché il recupero tornasse d’attualità, per cogliere l’occasione e prendere al volo i finanziamenti del Pnrr.

Ma non è questo il punto. Il punto sono quei benedetti 3 km, la cosiddetta “deviazione”, una definizione che dà il nome al nuovo corso del fiume e ai rischi che corrono tutti progetti legati al Pnrr. Deviare. Deviare dallo spirito originario, curvare per correre incontro alle lobby locali e al business. Interessi che confliggono con evidenza solare, come ha mostrato l’altra sera in tv “Quarta Repubblica”, (Mediaset, Rete4).

La tesi è che dietro la salvifica ed ecologica esondazione in area privata del fiume ci sarebbero soprattutto gli interessi dell’imprenditore Claudio Bassanetti. Chi è costui? E’ il presidente di Anepla. E chi è Anepla? L’associazione nazionale degli estrattori e cavatori che, guarda caso, ha firmato insieme agli ambientalisti del Wwf il progetto finito a Bruxelles. Ma non solo. C’è un’altra coincidenza: l’imprenditore è anche il proprietario dei terreni privati in cui scorrerebbe libero e fluido, restituito a nuova vita fluviale, il sacro Po.

Bassanetti, monticellese, nega da parte sua qualsiasi interesse particulare. Arriva a dire che non sa ancora se partecipare o no alla gara. Se non casca dal pero poco ci manca, Ma è indubbio che se tutto andrà come dovrebbe andare lui ne tratterebbe un doppio, forse triplo vantaggio. Oltre a partite con un vantaggio logistico, potrebbe sfruttare anche la rivendita dei circa 10 milioni di metri cubi di sabbia.

Il progetto coinvolge 37 aree nel tratto medio padano di 3 regioni diverse. Piace agli esponenti del partito democratico piacentino; piace all’Autorità di Bacino; piace al suo presidente Meuccio Berselli che si propone – of course – per coordinarlo coinvolgendo enti pubblici e università. Si parla di riforestazione, riapertura delle lanche, corridoi biologici. Una mano santa per i tratti fluviali con effetti balsamici per la Bassa piacentina e la Rivierasca cremonese. Eppure più di un ingegnere idraulico (in anonimo) storce la bocca e al Consorzio di Bonifica piacentino non sembra piacere più di tanto.

PERCHÉ’ SOLO IL PO? E CASERTA È A SECCO

Critico ma per altre ragioni anche il Cirf, il Centro italiano per la riqualificazione fluviale, Che da una parte si compiace con il Distretto del Po, “che si pone ancora una volta all’avanguardia nella gestione dei corsi d’acqua”. Dall’altra rileva che “lo stesso tipo di azioni sarebbero necessarie e urgenti anche per altri distretti fluviali del Paese ma analoghe misure non sono previste neanche all’interno della programmazione complementare al Pnrr”. Come dire che la disuguaglianza Nord/Sud riguarda anche i fiumi. C’è fiume e fiume, chi resta a galla, chi appena sotto un pelo d’acqua. Chi affonda.

Poi c’è chi soffre la sete. Stiamo parlando di quello che da sempre accade alla rete idrica di Caserta: secondo gli ultimi dati disponibili certificati dall’Ispra perde il 45% di acqua. Una percentuale assurda sia in termini assoluti sia se raffrontata al valore medio nazionale. Un colabrodo- Sarebbe indispensabile un revamping, ovvero una riqualificazione, delle infrastrutture idrauliche casertana.L’amministrazione comunale ha proposto un piano con gli obiettivi di resilienza e di ottimizzazione dal costo di 100 milioni di euro ma errore errore tecnico il progetto è stato bocciato. Prevedeva come obiettivo principale la transizione verde e digitale, avrebbe creato nuovi posti di lavoro promuovendo promuovendo una crescita sostenibile.

ZES: ARRIVA IL COMMISSARIO

Il problema è sempre lo stesso. Il Nord Est segue logiche non sempre trasparenti ma in grado di mettere in campo competenze e progetti. Il Mezzogiorno arranca. E non è solo una questione di competenze. Ne sa qualcosa Giosy Romano, avvocato e presidente della Cise, la Confederazione italiana per lo sviluppo economico che ha seguito passo passo la realizzazione e la progettazione delle Zes. “Un atto dirimente – spiega – saranno le nuove norme, in particolare l’autorizzazione unica in capo al commissario di governo. Sostituirà tutti i pareri, una semplificazione in tutti i sensi. In capo ad un unico procedimento ci sarà il rilascio di un titolo unico”.

Per ogni Zes verrà nominato dal ministero per la Coesione territoriale un commissario che sarà supportato da una sua struttura composta da professionalità individuate con procedure di evidenza pubblica. “Concentrare in unico procedimento eviterà lungaggini di vario tipo – prosegue Romano, candidato al ruolo di commissario delle Zes campane – e non sarà l’unica novità – annuncia – : per snellire i tempi le nuove norme del Recovery prevedono infatti il coinvolgimento diretto della presidenza del consiglio e del consiglio dei ministri qualora dovesse emergere un dissenso nella conferenza dei servizi”. Molti dei progetti previsti dal Pnrr sono destinati alle infrastrutturazioni delle Zes, progetti che incidono in complesso per circa 600 milioni di euro.

Autorizzazione unica vuol dire deroga al codice degli appalti, accelerazione delle procedure per la realizzazione di collegamenti tra aree interne e portuali. Il commissario avrà un ruolo di primo piano nelle economie portuali, attrarre investimenti stranieri, rendere quelle aree attrattive sotto il profilo della sicurezza, implementare le infrastrutture e i servizi alle aziende che possono beneficiare delle agevolazioni fiscali. Semplificare non dovrà allentare i controlli. “L’assunzione di una responsabilità riprende Romano – che in passato ha guidato l’Anci regionale ed è presidente del Consorzio dell’Area di sviluppo industriale (Asi) della provincia di Napoli- vorrà dire incarnare le istituzioni è farsi paladino delle legalità operando in sinergia con le Forze dell’ordine e le Prefetture”.


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