La stazione ferroviaria di Lamezia Terme
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Con una mia amica, con la quale ho scritto due libri editi da Marsilio sulla pianificazione delle infrastrutture, discutevamo giorni fa sull’ultima Nadef (Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza). In particolare ho trovato davvero interessante il seguente passaggio del parere che lei ha espresso sull’argomento.
QUADRO ECONOMICO DA SCUOLA METAFISICA
«Se la condizione economica del Paese fosse rappresentabile in una scuola di pittura, sarebbe la scuola metafisica. La Nadef disegna uno scenario economico con infrastrutture e lo fa per la prima volta dopo molti anni, restituendo un documento denso ed appassionato sul nostro futuro in Europa».
«Gli obiettivi di scenario a tre e a cinque anni vanno finalmente oltre la famosa frase “sopra la linea” “sotto la linea” che fino a qualche anno fa caratterizzava il linguaggio dei tecnocratici del ministero dell’Economia e delle finanze e che indicava l’impatto sul rapporto Debito/Pil che derivava dalle scelte di infrastrutturazione del Paese, generando così una valutazione economica».
«Quella generazione di tecnocrati che usciva male dalla invenzione dei “limiti di impegno”, cioè dall’assunzione, all’interno del bilancio dello Stato del fattore tempo per la realizzazione degli investimenti pubblici, quella generazione che non aveva saputo fare altro che inibire la spesa pubblica, consentendo contemporaneamente un allentamento non temporaneo dei limiti della spesa ordinaria, aveva preferito per lungo tempo i consumi agli investimenti e ci ha fatto giungere al periodo pandemico con una dotazione di investimenti fissi lordi pari a -18%».
«Finalmente nella Nadef e senza pregiudizi, cioè senza prevalutazioni ideologiche, viene raccontato che il Pnrr distingue le risorse tra quelle a fondo perduto e quelle prese a prestito e che esiste una formula per individuare e isolare gli impatti sul deficit derivanti dall’avanzamento dei pagamenti per i lavori».
«Scopriamo finalmente la funzione del fiscal stance, cioè lo scenario economico è il driver del processo di impostazione del bilancio pubblico, e lo strumento utile è l’individuazione del \ di spesa pubblica».
«La buona notizia non è solamente lo spazio fiscale, quanto ci possiamo permettere di spendere in investimenti, ma anche come dovremmo spendere quei fondi: gli obiettivi di crescita della domanda interna, e quelli di rientro dal debito, descrivono il sentiero stretto nel quale si muove il profilo del nostro percorso di sviluppo e determinano lo spazio fiscale nel quale muovere le scelte di investimento dei prossimi anni, di accompagnamento ai fondi non gratis che alimentano il Piano nazionale di ripresa e resilienza».
L’ATTENZIONE AI DIVARI TERRITORIALI
Un apprezzamento non solo condivisibile ma anche coerente con le finalità dello strumento, in quanto non una raccolta statistica di evoluzioni o involuzioni della economia del Paese ma anticipatore motivato di scelte strategiche del breve e medio periodo con un respiro innovativo proprio sulla gestione delle risorse.
A questi giusti riconoscimenti io ne aggiungo un altro: l’attenzione sui “Divari territoriali”, ed è davvero felice l’approccio e la definizione di tale tematica. I divari territoriali, infatti, riducono il contributo di alcune aree allo sviluppo economico del Paese.
Per la prima volta si riconosce la miopia del centro nord nel non coinvolgere il Mezzogiorno, nel non supportarne la crescita. In fondo, in modo non diretto, si conferma la validità dei Lep (Livelli essenziali delle prestazioni).
Già in più occasioni il presidente Draghi ha ribadito che con la riforma del Titolo V della Costituzione, di cui alla legge costituzionale n° 3/2001, la nozione di Livelli essenziali delle prestazioni risulta (articolo 117, comma 2, lettera m) estesa alle prestazioni relative a tutti i diritti sociali e civili, risulta estesa su tutto il territorio nazionale.
In questo senso, quindi, la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni diviene certamente uno degli elementi più significativi nella ricostruzione dei rapporti di potere e delle competenze dello Stato e delle Regioni.
Lo Stato centrale si fa carico di assicurare che nelle diverse aree territoriali siano assicurati i servizi, le prestazioni e gli interventi che possano rendere effettivamente fruibili ed esigibili i Lep, indicando anche la strada per una loro fruizione integrata.
IL RUOLO DEI LEP CENTRALE PER L’UNITÀ
La rilevanza centrale dei Livelli essenziali delle prestazioni e delle loro fruizione è ribadita dalla previsione dell’articolo 120 della Costituzione, che prevede che l’esercizio del potere sostitutivo straordinario del governo nei confronti delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni sia esercitato, tra l’altro, «quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali».
L’approccio e l’attenzione nella Nadef ai “Divari Territoriali” appaiono, secondo il mio parere, esplicitamente e strettamente collegati alla tutela proprio dell’unità giuridica e dell’unità economica della Repubblica, divenendo essa stessa strumento ed espressione dell’unità medesima.
Unità che si confronta con l’autonomia delle singole Regioni, competenti per quanto attiene all’organizzazione e alla gestione dei servizi inerenti ai diritti civili e sociali.
DIRITTI ESIGIBILI A LIVELLO TERRITORIALE
È dunque a livello territoriale che i diritti divengono fruibili ed esigibili da parte dei cittadini-utenti. In realtà non si fa riferimento al “tema Mezzogiorno” ma si denuncia finalmente la esistenza di una imperdonabile realtà storica e cioè la esistenza di un “divario territoriale” che, a oltre 160 anni dall’unificazione nazionale, persiste quasi integralmente.
Ora speriamo che questi apprezzamenti possano diventare più espliciti e misurabili nel redigendo disegno di legge di Stabilità, dove non credo rimarrà solo come copertura per interventi in infrastrutture l’articolo 1 comma 1037 che precisava: «Per l’attuazione del programma Next Generation Eu è istituito, nello stato di previsione del ministero dell’Economia e delle finanze, quale anticipazione rispetto ai contributi provenienti dall’Unione europea, il Fondo di rotazione per l’attuazione del Next Generation Eu-Italia, con una dotazione di 32.766,6 milioni di euro per l’anno 2021, di 40.307,4 milioni di euro per l’anno 2022 e di 44.573 milioni di euro per l’anno 2023».
LE PROSSIME INDICAZIONI
Dovremmo però trovare anche apposite indicazioni, apposite destinazioni proprio legate alle realtà meridionali, cioè una chiara elencazione delle procedure e delle modalità di accesso proprio alle risorse del Fondo di coesione e sviluppo (sia quelle non spese del Programma 2014-2020, sia quelle definite nel Programma 2021-2027).
Speriamo di trovare anche una norma che preveda che, in caso di mancato avvio degli interventi di competenza degli Enti locali e garantiti sia dal Pnrr che dal Fondo di sviluppo e coesione, le competenze attuative vengono trasferite all’organo centrale.
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