Lo Stretto di Messina
5 minuti per la letturaTANTO tuonò che piovve e finalmente Enrico Giovannini si è presentato presso la nuova Aula dei Gruppi parlamentari. Le Commissioni riunite Ambiente e Trasporti hanno svolto l’audizione del ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile sull’attraversamento stabile dello Stretto di Messina. Vi inviterei ad ascoltare in modo integrale l’audizione disponibile, sul sito della Camera, per avere un esempio illuminante di come va gestito un problema quando la decisione di rinviare il tutto ad un dopo, che é vicino ad un mai, è stata presa.
Un esempio illuminante di cosa accade quando la ideologia prevale sulla scienza e tutte le occasioni e le ragioni sono buone per rinviare il tutto alle calende greche. La De Micheli è stata bravissima a far passare un anno in modo assolutamente inutile per stabilire quello che era stato studiato approfondito e risolto da anni di studi seri circa la possibilità del tunnel subalveo o quello interrato tanto cari al sottosegretario Cancelleri. Adesso nascono nuove sfide per cui il progetto precedente non è immediatamente canteriabile, va aggiornato, non ha tutte le autorizzazioni, la normativa nel frattempo è mutata. E poi l’esigenza di istituire commissioni di studi, tante commissioni per accertare, validare confrontarsi, dibattito pubblico, la società civile.
Non si è riusciti ad andare avanti così per 50 anni? Perché non si può ancora arrivare alla fine delle legislatura e poi si vedrà, Nessuno si strapperà le vesti e si continuerà come nulla fosse.
Poi non ci saranno le risorse, bisognerà pagare i soldi presi a prestito per il Pnrr, e magari l’inflazione aumenterà ed anche i tassi per il nostro ingente debito pubblico, ed allora ci saranno esigenze di bilancio insormontabili. E poi le nostri classi dirigenti al massimo pensano alle prossime elezioni certo non alle prossime generazioni. D’altra parte e anche giusto che il ponte non lo si faccia, ma bisognerebbe avere il coraggio di dirlo apertamente, visto che interessa Messina e Reggio Calabria e che bisogna farlo passare più vicino alle due città. Suez? Augusta? La vicinanza dei porti meridionali? Tutte stupidaggini.
Dice il ministro che anche se ci fosse il ponte e l’alta velocità ferroviaria da Augusta «le merci sbarcherebbero lo stesso a Genova e Trieste perché il costo per nave è inferiore» e quindi il ponte, concludo io, sarebbe una passerella per far incontrare l’innamorato di Messina con la fidanzata di Reggio Calabria più velocemente.
Quindi è opportuno che sia il più vicino possibile ai centri abitati. E se è pur vero che la Sicilia è l’isola più abitata al mondo, a così poca distanza da un continente, non collegata con un attraversamento stabile, (anche parlare di ponte fa specie ad alcuni ambientalisti che evidentemente hanno forza in alcuni partiti e che non si vogliono dispiacere nemmeno nel lessico), in ogni caso può aspettare come il Paradiso. E se poi la Regione Sicilia calcola che i costi dell’insularità per quella che rappresenta il 25 % della popolazione meridionale, 500 mila redditi di cittadinanza ed una esigenza di un milione di posti di lavoro per arrivare al rapporto occupati popolazione delle realtà a sviluppo compiuto,è di sei miliardi e mezzo all’anno, cioè il costo del ponte, al Paese che conta non importa. Continueranno i siciliani ad emigrare come hanno fatto finora. E tutti i gli studi degli esperti, architetti, ingegneri, docenti universitari, importanti componenti della comunità scientifica nazionale ed internazionale che si è pronunciata con la famosa dichiarazione? Carta straccia? Gente interessata e al soldo di qualcuno?
Insomma se non fosse qualcosa di maledetto serio saremmo alla farsa. D’altra parte se il Paese non fosse questo come si spiegherebbe che si voleva far sviluppare il Mezzogiorno fermando l’autostrada del Sole a Napoli e l’alta velocità a Salerno. In realtà niente di nuovo. È bastato un Monti per bloccare l’unico progetto esistente, per cui erano partiti i lavori e che adesso non ha tutte le autorizzazioni, e spostare le somme stanziate ad altre destinazioni senza alcuna rivoluzione. Si potrà continuare a “giocare” con i tempi infiniti del ponte in un gioco dell’oca che ci fa tornare inevitabilmente alla prima casella. Con buona pace di molta parte de Cinque stelle, soddisfatti del rinvio, dei pochi di Leu, della parte fondamentalista del Pd, dei benaltristi di casa nostra e degli ambientalisti in servizio permanente effettivo, spesso cinghia di trasmissione degli stessi partiti e della Cgil.
Forse oggi, considerata l’importanza dell’opera, sia per il Paese che per il Mezzogiorno, che per la promozione del logo Italia, come simbolo di tecnologia avanzata, la presidenza del Consiglio potrebbe affrontate direttamente il tema, pur sapendo che è di quelli divisivi, facendo prevalere come nella riforma della giustizia il bene comune, piuttosto che le bandierine dei singoli partiti. Ma forse rischiare per il Mezzogiorno non ne vale la pena, ed allora si continua con un rinvio all’infinito, con commissioni improbabili, spesso formate anche da amici dei committenti con decisioni già scontate, con un unico obiettivo quello di guadagnare tempo.
Ogni volta si perde un pezzo della vulgata rispetto ad una realtà che si impone: adesso è lecito pronunciare la parola ponte. Magari fra qualche anno si potrà anche dire che il ponte ad una campata è l’unica soluzione possibile e abbondantemente studiata, che non si dovrà chiudere per il vento nemmeno per un giorno, che potrà essere attraversato dai treni ad alta velocità normalmente. Ma in quel giorno non sarà più necessario perché le navi potranno continuare ad andare a Genova e Trieste e la isola più popolata del Mediterraneo nel frattempo non sarà più tale, ma forse anche l’Italia non sarà nel frattempo più la settima potenza industriale e là si dovrà cercare dopo la 15 esima posizione.
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