6 minuti per la lettura
Ho letto con sommo piacere l’elenco delle opere inserite nel programma degli interventi infrastrutturali del valore di circa 82 miliardi varato pochi giorni fa dal Governo perché, escluso i 528 milioni per i presidi di pubblica sicurezza, sono stati reinseriti quasi integralmente le opere del Programma delle Infrastrutture Strategiche varato dalla Legge Obiettivo e praticamente bloccato nel 2015 prima dal Ministro Delrio, poi dal Ministro Toninelli e poi dalla Ministra De Micheli. D’altra parte sarebbe stato folle incrinare un Programma che veniva da lontano e che era stato pienamente apprezzato dalla Unione Europea a tal punto da ottenere 4 su 9 progetti chiave delle Reti Trans European Network (TEN-T).
Ma questa mia soddisfazione trova anche una ulteriore motivazione: il Movimento 5 Stelle che aveva osteggiato la Legge Obiettivo, che in più occasioni, attraverso il Professor Marco Ponti, aveva ritenuto praticamente inconcepibili e non convenienti la maggior parte di tali opere, oggi invece plaude alla riattivazione di tali interventi che per ben sei anni sono rimasti bloccati, sono rimasti presso le varie Amministrazioni competenti (ANAS, Ferrovie dello Stato, Regioni, Comuni, ecc.).
Non voglio con queste mie considerazioni sollevare possibili responsabilità perché so benissimo che il “non fare” in questo Paese premia, voglio invece ricordare a chi lo abbia dimenticato che la decisione di ricorrere all’istituto del “commissario” innesca un processo irreversibile di azzeramento del ruolo e della funzione della Pubblica Amministrazione impegnata nell’attuazione programmatica delle scelte strategiche del Governo nella infrastrutturazione organica del Paese. E questa responsabilità non è generica perché è legata sia a comportamenti di Ministri della Repubblica, sia a linee politiche di determinati schieramenti presenti all’interno del Parlamento.
Ora però consentitemi quanto meno di trovare le motivazioni di questa assurda stasi comportamentale: nel periodo in cui ho ricoperto la carica di Capo della Struttura Tecnica di Missione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, attraverso l’Allegato Infrastrutture al DEF, ho, con una sistematicità quasi trimestrale, raccontato al Parlamento l’avanzamento dei progetti previsti dal Programma delle Infrastrutture Strategiche ed ho avuto modo di riscontrare un interesse diretto e capillare da parte dei parlamentari sull’avanzamento sia dell’iter autorizzativo che di quello realizzativo di ogni singolo intervento; dopo, cioè nel 2015, nel 2016, nel 2017, nel 2018, nel 2019 e nel 2020, questa attenzione e questa ricerca mirata del Parlamento sul mancato inoltro al CIPE di progetti già pronti è venuta meno, l’attenzione sulla mancata convocazione del CIPE (prima del 2015 il CIPE veniva convocato quasi ogni mese) è praticamente scomparsa. È davvero assurdo ma dal 2015 in poi non solo le convocazioni del CIPE si sono ridotte a due-tre all’anno ma i progetti esaminati sono stati quasi sempre semplici allocazioni di risorse del Fondo di Coesione e Sviluppo.
Quindi, questa stasi ha visto sì responsabili primari i Ministri che si sono alternati in questo periodo ma, al tempo stesso, ha visto una sintonia tra il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle nel condividere una linea comportamentale che oggi trova tutti pronti e convinti a sbloccare ciò che insieme avevano bloccato; infatti non è un gioco di parole ma di solito si sblocca ciò che era bloccato ed ora si ricorre alla figura del Commissario non per rendere possibile la apertura dei cantieri ma per riattivare, innanzitutto, la fase autorizzativa che ancora non ha subito nessun cambiamento procedurale e, quindi, primo punto critico assisteremo per molto tempo ad avanzamenti procedurali che difficilmente potranno essere risolti o superati dai singoli Commissari; ma la cosa più grave è che queste opere troveranno copertura dal Recovery Fund e quindi saranno tutte esaminate dai funzionari comunitari che vorranno sapere essenzialmente quando sarà possibile erogare gli Stati di Avanzamento Lavori (SAL) e, soprattutto, la reale organicità delle proposte.
Ricadremmo nel ridicolo se presentassimo dei progetti come l’asse ferroviario ad alta velocità Salerno – Reggio Calabria e ne realizzassimo solo un lotto, se presentassimo l’asse ferroviario ad alta velocità Roma – Pescara e ne realizzassimo solo una tratta iniziale insignificante, se utilizzassimo le risorse non spese del Programma 2014 – 2020 del Fondo di Sviluppo e Coesione per finanziare quanto non può entrare nel PNRR perché incompatibile con i tempi di completamento delle opere stesse.
Il dubbio trova motivazione nel fatto che le risorse non spese sono proprio pari a 30 miliardi di euro. In fondo non ci sarebbe nulla di male se si facesse ricorso a tali disponibilità, sarebbe opportuno però evitare ancora una volta di raccontare al Mezzogiorno un itinerario programmatico completamente diverso da quanto ribadito dai vari Ministri competenti come la Ministra Carfagna, la Ministra Gelmini e il Ministro Franco sui trasferimenti aggiuntivi e non sostitutivi nel territorio meridionale.
Infine mi meraviglio davvero che non tanto le Regioni del Nord o del Centro ma le Regioni del Sud non abbiano ricordato al Governo una sentenza della Corte Costituzionale sull’obbligo della “intesa” tra Stato e Regioni sugli atti programmatici che comportano il governo del territorio. Pochi mesi fa ebbi modo di ricordare un simile passaggio obbligato e ricordai anche che la Corte Costituzionale aveva emesso apposita sentenza con cui
1) dichiarava l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi 2 e 4, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164, nella parte in cui non prevede che l’approvazione dei relativi progetti avvenga d’intesa con la Regione interessata;
2) dichiarava l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 10-bis, del Decreto Legge n. 133 del 2014, nella parte in cui non prevede che l’approvazione del Piano di ammodernamento dell’infrastruttura ferroviaria avvenga d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni;
3) dichiarava l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 11, del Decreto Legge n. 133 del 2014, nella parte in cui, ai fini dell’approvazione, non prevede il parere della Regione sui contratti di programma tra l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC) e i gestori degli scali aeroportuali di interesse nazionale.
Ed allora non vorrei che, come successo con la Legge Obiettivo, varata nel dicembre del 2001 e corretta con il Decreto Legislativo 190 nel 2002, su impugnativa di alcune Regioni alla Corte Costituzionale, tutto questo quadro di impegni, tutta questa convinta volontà a far ripartire un sistema bloccato volutamente per sei anni, si bloccasse per non aver tenuto conto, solo a titolo di esempio, della volontà espressa formalmente da due Regioni come la Sicilia e la Calabria in merito all’inserimento del ponte sullo Stretto di Messina anche perché, con la scelta di inserire un fondo aggiuntivo non coperto dal Recovery Fund, viene meno la pregiudiziale del completamento dell’opera entro il 2026. La ipotesi avanzata ultimamente prevedeva infatti che le opere a terra potessero essere coperte dal Recovery Fund mentre il ponte potrebbe utilizzare i fondi aggiuntivi.
Ho fiducia nel Presidente Draghi e per questo sono certo che anche il ricorso ai Commissari, ricorso voluto dal precedente Governo, anche la necessità della intesa con le Regioni, anche la qualità e la organicità delle proposte saranno oggetto di un attento approfondimento e, qualora il Presidente non riuscisse a modificare subito questa prima impostazione del Recovery Plan penso che nel confronto con la Commissione europea sicuramente sarà in grado di rivisitare quelle indicazioni poco difendibili e poco coerenti ai milestone imposti sin dall’inizio dalla Commissione e dal Commissario Gentiloni.
La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA