La strada verso il Passo Rolle
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Quella strana coppia, Regione Veneto e Anas. Cosa ci fa la Regione più autonomista d’Italia, che cerca sempre di affermare il diritto a gestire in proprio le risorse dallo Stato, con l’Azienda nazionale che mette ora un piede pesante dentro la gestione veneta del patrimonio viario? Assieme hanno deciso, confermando un protocollo d’intesa che risale al 2018, di stringere un progetto strategico «per la gestione unitaria della principale rete viaria veneta, comprensiva dei 700 km di “strade di rientro”, importanti segmenti viari provinciali e regionali che saranno riclassificati come statali». L’annuncio è stato dato dalla vicepresidente regionale, Elisa De Berti, che tra le varie deleghe ha anche quella alle infrastrutture.
L’IMPEGNO DI ANAS
Il comunicato di Palazzo Balbi a Venezia spiega: «I tratti di rete, oggetto di riclassificazione da parte dello Stato, risultano direttrici caratterizzate da importanti flussi di traffico, in alcuni casi con carreggiate separate, su cui sono in attuazione programmati importanti interventi di ammodernamento e che rivestono una funzione rilevante di collegamento di livello regionale e nazionale».
Nell’elenco troviamo molte strade di montagna, in provincia di Belluno, ma anche di lungo collegamento. Anas entra quindi nella gestione, anche se Veneto Strade, la società regionale, «potrà continuare a gestire la viabilità, garantendo un servizio efficiente e senza soluzione di continuità della rete». Sul piatto Anas ci ha messo un bel pacco di milioni di euro, sotto forma di investimenti: le progettazioni definitive e/o esecutive per opere pari circa a 380 milioni di euro, quali la Variante alla SR10 “Padana Inferiore”, la Variante alla SR62 “della Cisa” e la SR50 “del Grappa e del Passo Rolle”.
Il commento della vicepresidente De Berti è improntato alla prospettiva autonomista, anche se sembra una contraddizione in termini. Dichiara, infatti: «Con questo provvedimento si compie un passo ulteriore per la definizione di una governance che porterà a un’unica società di gestione del patrimonio stradale, rendendola più efficiente e moderna».
Quindi la Regione Veneto, per mantenere parte del suo patrimonio stradale, deve accettare la realizzazione di un’unica società di gestione. «Di fatto Veneto Strade vedrà l’ingresso di Anas nel proprio azionariato, di cui la Regione Veneto detiene oltre il 75 per cento. Il rapporto con Anas è improntato alla massima collaborazione e la gestione unitaria della rete sarà un esempio di corretta devoluzione e riconoscimento di autonomia».
CESSIONE DI SOVRANITÀ
Come è possibile, se l’intesa appare come una cessione di controllo ad Anas, in cambio di finanziamenti? Una risposta viene dal capogruppo del Pd in consiglio regionale, Giacomo Possamai: «Si tratta di un caso di federalismo al contrario, un’operazione in retromarcia». E ricorda che il protocollo venne firmato nel 2018 (ministro Graziano Delrio), mentre il decreto di riclassificazione delle strade risale a un anno fa: «L’augurio è che l’accordo porti davvero risorse e investimenti sul territorio per migliorare la rete viaria. L’autonomia è giusto chiederla scegliendo bene le materie, perché poi dobbiamo essere in grado di gestirle».
Siccome Anas entrerà in Veneto Strade con la maggioranza del 51 per cento, come si concilia questo dato societario con l’autonomia veneta? È il tema posto dal Pd, che dichiara: «È importante definire con chiarezza la governance di Veneto Strade, che non può portare a un allontanamento dal territorio delle scelte sugli investimenti: occorre che la “testa” sia qui, non a Roma, altrimenti buona parte dei vantaggi di questa operazione rischiano di svanire». Sembra un ragionamento da leghisti. La verità è che il Veneto ha bisogno dei finanziamenti Anas per il mantenimento delle strade e per questo cede una parte della propria sovranità.
GLI INTROITI DI CAV
La partita è legata anche alla gestione degli introiti di Cav, Concessioni autostrade venete, che gestisce la A4 da Padova est a Venezia Est, il Passante e la Tangenziale di Mestre. Zaia vorrebbe avere un polo autostradale del Veneto, attorno a Cav. Quando nel 2018 fu firmato il protocollo, Anas aveva fatto sapere che i costi di gestione e manutenzione dei 700 chilometri di strade venete si sarebbero tradotti in un trasferimento per 21 milioni di euro annui a carico del Contratto di programma Anas e del ministero delle Infrastrutture, oltre a «investimenti di manutenzione programmata per 10 milioni di euro/anno, con la previsione di uno specifico stanziamento complessivo pari a oltre 100 milioni di euro per l’esercizio 2018-2022».
Un secondo protocollo riguardava la destinazione delle risorse derivanti da Cav Spa, per progetti di infrastrutture viarie indicati dalla Regione Veneto dopo l’estinzione del prestito Anas ricevuto dalla concessionaria. All’epoca (ma sulla base di flussi di traffico precedenti alla crisi da Covid) si stimavano 300 milioni di euro in dodici anni, fino alla fine della concessione che scadrà nel 2032.
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