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Come i demografi sono in grado di descrivere gli assetti socio economico di un Paese nei prossimi venti – trenta anni, e ciò in base al numero delle nascite e alle tendenze consolidate della crescita o della decrescita demografica e sanno anche anticipare le esigenze legate ai servizi scolastici, ai servizi sanitari, ai servizi trasportistici nonché i possibili livelli occupazionali e le tendenze legate alla crescita e alla decrescita del Prodotto Interno Lordo, così, analizzando l’approccio che un Paese ha nei confronti degli investimenti nelle infrastrutture, si è in grado di disegnare in anticipo quale possa essere l’assetto socio economico di un Paese fra dieci – venti anni.
Ultimamente abbiamo letto che Pasquale Saraceno, grande economista attento alle evoluzioni o involuzioni del Mezzogiorno, aveva negli anni ’70 previsto un possibile annullamento dell’enorme gap tra il Sud ed il resto del Paese solo nell’anno 2020 e sono sicuro che questa analisi, questa previsione sarebbe stata vincente se tra il 1984 e il 1992 non fosse stato praticamente annullato l’intervento straordinario nel Mezzogiorno e in tal modo è venuta meno la validità della stessa previsione.
Oggi siamo in grado, sulla base di quanto si sta facendo, o meglio non si sta facendo, proprio nel Mezzogiorno in questi anni e in particolare in questi mesi, di anticipare quali saranno gli assetti socio economici della vasta realtà meridionale e, in un certo senso, grazie ad una simile analisi capiremo meglio l’allarme lanciato pochi giorni fa da Mario Draghi attraverso il documento del G30; un allarme nei confronti di chi è preposto alla gestione del Paese: «non preoccupiamoci solo della emergenza che viviamo ma di quella che vivremo a valle di questa grave crisi».
E Draghi sollecita il Governo italiano e i Governi dei vari Paesi della Unione Europea a meditare su questa tematica e ad affrontare con la massima tempestività le terapie più adeguate in grado di ridimensionare la preoccupante patologia di una simile crisi.
Ebbene, io vorrei tentare di anticipare quello che, sulla base dei comportamenti e delle decisioni in corso di definizione da parte del Governo, quale sarà la offerta infrastrutturale dell’intero Mezzogiorno fra dieci anni.
1) Non avremo l’asse ferroviario ad alta velocità Salerno-Reggio Calabria e ciò per due distinti motivi: il primo non ha senso realizzare un investimento di oltre 6 miliardi di euro senza la realizzazione di un collegamento stabile sullo Stretto, cioè senza una relazione organica tra isola e continente, il secondo è relativo all’importo previsto nella proposta del Recovery Plan per tale opera pari a 550 milioni (tale somma serve solo a mettere in sicurezza l’attuale tratta)
2) Non avremo il sistema ferroviario ad alta velocità Palermo-Messina-Catania, sia per la mancanza di un collegamento stabile tra l’isola e il continente, sia perché, dopo la esperienza dei passati cinque anni in cui pure in presenza di un Commissario non è partita alcuna opera, si ritiene che anche da parte della Regione Sicilia si preferisca utilizzare le risorse per altre finalità
3) Non avremo il collegamento stabile tra la Sicilia ed il continente per una serie di motivi: finché ci saranno esponenti del Movimento 5 Stelle al Governo l’opera non potrà neppure essere immaginata; dopo la perdita di credibilità vissuta sulla TAP, sull’ILVA, sulla Torino-Lione, sull’alta velocità ferroviaria Brescia-Verona-Padova, rivedere il proprio parere sul ponte sarebbe un vero fallimento politico. Molti diranno che il Vice Ministro Cancelleri condivide il collegamento stabile ma da Vice Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti non è riuscito ad inserirlo nel Recovery Plan
4) Non avremo il collegamento ferroviario tra il porto di Napoli e la piastra logistica di Nola-Marcianise; siamo in presenza di tanti studi di fattibilità, di tanti impegni programmatici dal Ministro Delrio fino al Ministro Toninelli, siamo garantiti da risorse inserite nei fondi PON e POR ma rimarremo legati solo a questi impegni perché, dopo sei anni finora non è partito nulla
5) Non avremo sistemi di trasporto pubblico locale efficienti ed efficaci nelle grandi aree urbane come Palermo, Catania, Messina, Reggio Calabria, Napoli, Bari e Taranto dove pur in presenza di reti ferroviarie locali come quelle della Circumetnea, delle ferrovie campane e delle ferrovie pugliesi, la offerta di trasporto non ha mai finora raggiunto livelli di tipo “metropolitano” e allo stato sulla base delle progettualità in corso si è molto lontani dalla realizzazione in pochi anni di una simile offerta infrastrutturale (intanto le famiglie del Mezzogiorno spendono oltre 12 miliardi di euro l’anno per il trasporto)
6) Non avremo la Strada Statale 106 Ionica completata; avremo solo un lotto completato e gli oltre 5 miliardi di euro più volti annunciati nei Fondi PON e POR rimarranno nel ricco Album degli Annunci; d’altra parte l’opera non è inserita nel Recovery Plan attualmente all’esame del Governo
7) Non avremo il completamento funzionale dell’asse stradale Cagliari-Porto Torres (131 Carlo Felice); non lo avremo perché articolato ancora in lotti e non supportato da adeguate risorse rimane anche questa opera negli impegni improcrastinabili da prendere ma da non attuare; infatti non è stata inserita nel Recovery Plan
8) Non avremo l’autostrada Ragusa-Catania perché nata come project financing e quindi garantita per un valore globale di circa 800 milioni di euro si è poi trasformata in un normale investimento pubblico perché la Regione Sicilia non intendeva pedaggiare l’opera. Ora sarà compite dell’ANAS dividere in lotti l’opera ed appaltarla utilizzando le risorse della Regione Sicilia pari a 257 milioni di euro (ma tali fondi provenienti dal Programma comunitario 2014 – 2020 sicuramente non saremo in grado di utilizzarli)
9) Non avremo l’asse stradale Maglie-Santa Maria di Leuca, un’opera ancora in fase di progettazione dopo anni di contenzioso, un’opera in cui ultimamente sono stati assicurate coperture per circa 177 milioni su 400, un’opera che difficilmente diventerà funzionale nei prossimi dieci anni se si pensa che dal 2011 ad oggi è praticamente rimasta legata a contenziosi locali. Un’opera che non è nel Recovery Plan
10) Non avremo il collegamento stradale San Vittore-Bojano-Campobasso, parte funzionale del corridoio trasversale molisano, che avrebbe messo in comunicazione l’Autostrada A1, presso San Vittore, con l’Autostrada A14, all’altezza di Termoli. La realizzazione della nuova infrastruttura autostradale era stata oggetto di un project financing per un valore globale di circa 1,3 miliardi di euro. Tale opera avrebbe risolto il grave problema che attualmente affligge soprattutto i capoluoghi di Isernia e Campobasso, praticamente isolati dalla rete infrastrutturale principale. Tutto però è stato bloccato ed ora siamo in fase di approfondimento e non essendo nel Recovery Plan anche questa opera rimarrà una intuizione progettuale
Questa sicura carenza di infrastrutture manterrà inalterato o forse aggraverà la patologica diseconomia causata da tale carenza, un valore che ormai, almeno per quanto concerne il costo della logistica, si attesta su un valore superiore a 30 miliardi di euro l’anno. A questa triste constatazione se ne aggiunge un’altra: l’area settentrionale del Paese, in particolare cinque Regioni, diventa, sempre nei prossimi dieci anni un polmone di convenienze irraggiungibile perché grazie ai tre valichi quello della Torino-Lione, quello del Terzo Valico dei Giovi e quello del Brennero diventerà uno dei teatri economici più forti della intera Unione Europea.
Sarà troppo tardi capire tutto questo fra qualche anno e sarà triste rendersi conto e convincersi che proprio in questi anni prima e dopo la pandemia avremmo potuto modificare questa triste tendenza che praticamente ha reso impossibile la crescita nel Mezzogiorno. Spero solo di essere smentito non credo però che ciò sia possibile fin quando non capiremo davvero le criticità dei prossimi anni proprio nel Sud del Paese.
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