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Marzo, aprile, maggio e giugno sono i quattro mesi in cui si è bloccato l’intero Paese e questo blocco ha causato il crollo della nostra economia. In modo particolare, l’indicatore più grave è quello relativo al crollo dell’occupazione. I dati, in realtà, fanno paura e penso siano da soli sufficienti a misurare quanto sia diventata grave oggi la “emergenza Mezzogiorno”.
Varie testate giornalistiche riportano quanto prodotto, con apposita relazione, dall’Istat: in particolare la conclusione a cui è giunto l’Istituto è che la pandemia ha acuito il preesistente divario tra il Nord e il Sud nella partecipazione al mercato del lavoro.
Al Sud pesa in questa fase il maggior peso dei dipendenti a termine (13,9% rispetto al 9,7% registrato nelle regioni del Centro e del Nord) e la minore presenza dell’industria, comparto che ha mostrato una maggiore tenuta occupazionale.
In conclusione la flessione dell’occupazione nel secondo trimestre è stata più accentuata nel Mezzogiorno (-5,3%), mentre il calo è stato decisamente più contenuto al Nord (- 3%) e nel Centro (-2,9%).
INIZIATIVE FALLIMENTARI
Tutti sono, quindi, convinti che la colpa, la causa, il motivo di questo crollo sia da addebitare interamente al Covid 19 e nessuno, compiendo un atto di umiltà, ha cercato di leggere i dati, sempre dell’Istat, del 2015, del 2016, del 2017, del 2018, del 2019. È inutile riportarli, perché se riempissi tutte le pagine di tali dati scoprireste che per il Mezzogiorno non è cambiato praticamente quasi nulla: al massimo l’incidenza ha superato del 2% la soglia relativa al crollo occupazionale posseduta dalle realtà meridionali sin dal 2014.
E allora dobbiamo avere il coraggio di denunciare le responsabilità di chi, in questi sei anni, ha gestito la cosa pubblica e, soprattutto, di chi ha voluto due specifiche iniziative che nei fatti sono legate al Partito democratico e al Movimento 5 stelle. Mi riferisco agli “80 euro di renziana memoria” e al “reddito di cittadinanza”; due iniziative che si sono rivelate veri e misurabili fallimenti.
In realtà con simili iniziative si è preferita una politica che ha fatto una scelta ben precisa: blocco delle risorse in conto capitale e apertura alle risorse in conto esercizio. Si è preferito, cioè, bloccare gli investimenti in infrastrutture (in 5 anni nel Mezzogiorno sono stati spesi appena 2,6 miliardi di euro per infrastrutture strategiche) mentre oltre 12 miliardi di euro l’anno (ripeto: dodici miliardi di euro l’anno) sono stati erogati per finalità puramente assistenzialistiche prive, purtroppo, di risultato.
BOOMERANG
E allora penso che i gratuiti slogan dei parlamentari del Movimento 5 stelle – «Abbiamo annullato la povertà nel Paese» – diventino, a mio avviso, un boomerang ingestibile per lo stesso Movimento.
Un boomerang che spero faccia capire all’elettorato, specialmente quello del Sud, l’assoluta incapacità del Movimento 5 Stelle e l’inconcepibile connivenza del Partito democratico nel preferire una strategia dallo stesso Pd sempre combattuta: mi riferisco alla volontà di infrastrutturare in modo organico il Paese. Non possiamo dimenticare che sempre il Partito democratico aveva cercato di dare continuità alle scelte fatte dal Parlamento nel 2001 con la legge Obiettivo e un simile comportamento è stato confermato sia dal governo Prodi che dal governo Monti.
LE DOMANDE SENZA RISPOSTA
E allora, dovendo ricercare le responsabilità, penso sia utile chiedere ai governi che si sono succeduti dal 2015 a oggi, in particolare ai ministri delle Infrastrutture e dei Trasporti che si sono succeduti sempre nello stesso periodo, perché:
- Non è stata avviato a realizzazione l’asse stradale Caianello-Benevento (Telesina) per un valore di circa 480 milioni di euro.
- Non si è riusciti ad avviare concretamente alcuni lotti dell’asse ferroviario AV/AC Napoli-Bari per un ulteriore valore di almeno 2 miliardi di euro.
- Non si è riusciti ad avviare i lavori dell’asse viario Maglie-Santa Maria di Leuca per un valore di circa 280 milioni di euro.
- Non si è riusciti ad avviare concretamente i lavori di un lotto dell’asse stradale 106 Jonica per un valore di circa 1,3 miliardi di euro.
- Non si è riusciti ad avviare almeno un altro lotto sempre della strada statale 106 Jonica per un valore di circa 1,4 miliardi di euro.
- Non si è riusciti ad avviare i lavori dell’aeroporto di Salerno per circa 280 milioni di euro.
- Non si è riusciti ad avviare i lavori dell’asse autostradale Ragusa-Catania del valore di circa 880 milioni di euro.
- Non si è riusciti ad avviare i lavori relativi alla rete ferroviaria AV/AC Palermo-Messina-Catania per un valore di 5 miliardi di euro.
- Non si è riusciti ad avviare i lavori di un lotto importante della linea ferroviaria Circumetnea dell’importo di circa 440 milioni di euro.
- Non si è attivata concretamente la serie di infrastrutture inserite nei Programmi operativi regionali (Por) sempre del Fondo comunitario di Sviluppo e coesione di cui non si sono ancora spesi circa 28 miliardi di euro; la maggior parte non spesa per mancata erogazione del 50% da parte dello Stato, come denunciato dal direttore generale per la politica regionale della, Ue Marc Lemaitre, nel settembre 2019 a Palermo.
LE COLPE DEL GOVERNO
Molti preciseranno che per alcune di queste opere nel 2020 c’è stata la consegna dei lavori o la conclusione delle gare. A tali osservazioni rispondo che tali opere erano pronte già nel 2015.
Ma voglio anche precisare che la responsabilità non va addebitata alle stazioni appaltanti, cioè a Rete Ferroviaria Italiana o all’Anas, ma va addebitata al governo, che avrebbe dovuto garantire la copertura del 50% della quota italiana del Fondo di Coesione e sviluppo come già ricordato prima.
Infatti le opere da me indicate rientravano tutte nel Programma operativo nazionale (Pon) e nel Programma operativo regionale (Por) del Fondo comunitario di Sviluppo e coesione.
STRATEGIA MIOPE
E allora, purtroppo, si è preferito non garantire l’avvio di infrastrutture per un valore superiore a 30 miliardi di euro (preciso: trenta miliardi di euro) e, in tal modo, si è preferito anche non bloccare il tragico trend negativo occupazionale del Mezzogiorno attraverso l’inserimento, nel comparto delle costruzioni, di risorse capaci di incrementare di circa il 2,8% il Prodotto Interno Lordo del Sud.
Purtroppo si è preferito perseguire la strategia dell’immagine, la strategia del facile e gratuito consenso: peccato che lo si sia fatto danneggiando ancora una volta quell’area del Paese che sia il Partito democratico che il Movimento 5 stelle invocano sempre come tema di base per il rilancio e lo sviluppo dell’intero Paese.
Operando in tal modo, penso non siano più credibili.
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Errare è umano, perseverare diabolico.
Ragionamento illogico, semanticamente da matita blu e iniquo.
1. Prima, per il Sud, non c’erano né il cosiddetto RdC (previsto, sotto nomi diversi, in tutti i Paesi UE), né gli investimenti anticrisi. Ora almeno c’è il RdC, che vale 8 mld annui complessivi, erogati a 3 milioni di persone.
2. Il RdC non è assistenzialismo (tipica definizione spregiativa usata dai ricchi e da chi ha la pancia piena, cioè da chi ha una lunga coda di paglia), ma ASSISTENZA, che fa parte dei compiti istituzionali dello Stato moderno.
3. Ben altri sono gli sprechi da cui attingere per cofinanziare il 50% del Fondo Sviluppo e Coesione. Ce ne sono tanti, per decine di mld, ne dico solo uno: l’ICI-IMU sulla casa principale, che vale 4 mld, 2/3 dei quali sono risparmiati dai ricchi e dai benestanti, in spregio all’art. 53 Cost.