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Lo scontro tra esponenti del governo e Tim sulla rete internet non ha portato a nessun risultato concreto. Alla fine ha vinto l’ex monopolista che è riuscito a schivare i rischi maggiori. Manterrà il controllo azionario della rete che era il suo obiettivo primario.
L’ostacolo su cui si sono infranti i dodici progetti presentati negli ultimi quindici anni. Dovrà condividere la governance ma non aveva altra scelta: se fosse andata avanti da sola non avrebbe ottenuto i contributi del Recovery Fund. Se non avesse accettato di avere la Cdp sulla plancia di comando in posizione di grande rilievo ben difficilmente avrebbe ottenuto il via libera dell’antitrust che comunque deve ancora pronunciarsi.
Così, al termine del vertice di maggioranza a Palazzo Chigi è arrivato il via libera unanime con applausi generalizzati. Il tutto in vista del consiglio in calendario per lunedì 31 agosto nel quale si dovrà valutare l’offerta del fondo Usa Kkr per l’ingresso con una quota di minoranza nella rete secondaria a fronte del versamento di 1,8 miliardi. Ma a questo punto il board dovrà valutare il progetto sulla rete nella sua interezza, anche perché la stessa Kkr potrebbe avere un peso specifico maggiore in FiberCop, nella quale investirà anche Fastweb che apporterà la sua quota di FlashFiber.
Lunedì si riunirà anche il consiglio di Cdp per dare il via libera. Un progetto che evidentemente ha avuto il placet da Parigi di Vivendi primo azionista del gruppo telefonico guidato da Luigi Gubitosi. Una maniera per Vincent Bollorè di chiudere almeno un fronte aspettando la conclusione della partita Mediaset.
Nel frattempo è arrivata la conferma alle indiscrezioni relative al coinvolgimento di Tiscali. Il progetto consiste, nel razionalizzare la rete del gruppo sardo creando le condizioni per agevolare la migrazione dei propri clienti sulla rete di FiberCop. Gli interventi consentiranno inoltre a Tiscali di ridurre in modo consistente i costi di infrastruttura di rete, evitando duplicazioni.
L’amministratore delegato di Cdp, Fabrizio Palermo nell’incontro a Palazzo Chigi con Conte, Gualtieri e gli altri ministri, ha spiegato tutta l’operazione.
L’obiettivo è di arrivare al traguardo entro lunedì quando è previsto il consiglio d’amministrazione di Tim per la nascita di FiberCop la società della rete secondaria del gruppo telefonico. Si tratta del cavo di rame che dagli armadietti stradali arriva alle abitazioni. FiberCop, secondo i piani è destinata a diventare la scatola in cui confluirà tutto il sistema a fibra ottica italiana.
Prima attraverso la fusione con Oper Fiber e il successivo conferimento della rimanente rete Tim. Lunedì ci sarà il primo passo. In FiberCop entreranno il fondo Usa, Kkr con il 37,5% e Fastweb con il 4,5%. Le garanzie che Palermo ha illustrato al governo per una rete neutrale e terza con parità di accesso per tutti gli operatori nascono da una governance condivisa che prevede, decisioni con maggioranze qualificate nel board di FiberCop (o come si chiamerà la società della rete).
Tim avrà la maggioranza azionaria ma non quella dei consiglieri che spetterà alla Cdp. Sarà il gruppo telefonico a esprimere l’amministratore delegato sentito il parere di Cassa depositi e prestiti cui spetterà il presidente con il benestare della Tim. Il nodo a questo punto è Open Fiber.
Senza la fusione in FiberCop con la rete Tim il progetto finisce nelle secche. È noto che il presidente Franco Bassanini, e l’amministratore delegato Elisabetta Ripa fanno il tifo per una soluzione diversa. La nuova società della rete dovrebbe avere Cdp come azionista di riferimento (come Snam per il gas e Terna rete elettrica) mettendo sul tavolo almeno dieci miliardi per acquistare la rete Tim insieme ad almeno trentamila dei suoi cinquantamila dipendenti.
Un’operazione che il gruppo telefonico ha sempre ostacolato. Senza la rete infatti diventa una compagnia telefonica come le altre aggravata però dal peso di molti debiti e troppo personale. L’ultimo passaggio riguarda Enel che potrebbe cedere il suo 50% in Open Fiber.
In corsa il fondo Macquarie che sta effettuando la due diligence mentre è ancora ufficioso l’interesse di Wren House. La soluzione che si sta prospettando ha diversi vantaggi per il gruppo telefonico (e questo spiega il volo del titolo) Bisogna vedere ora quelli per l’Italia.
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