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Il porto di Gioia Tauro

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«Non è ancora stabilito il percorso di superamento del criterio della spesa storica». Firmato: Corte dei conti. Che cosa significa? Che il Mezzogiorno è ancora scippato dei suoi soldi per strade, treni, aeroporti, oltre che per ospedali, asili, scuole.

Il Mezzogiorno ha bisogno di un’iniezione di investimenti nelle infrastrutture, ma il denaro prende un’altra via e, quindi, si resta ancorati a quel 0,15 per cento che grida giustizia. E ai 62 miliardi di euro già dirottati verso il Centro-Nord si aggiungeranno altre risorse.

OPERE VITALI IN STANDBY

Eppure, è all’Italia intera che servirebbe correggere questa stortura per ripartire. Sulle infrastrutture il Sud attende da troppi anni. Oggi ci sarebbero sicuramente tutte le condizioni per riuscire a realizzare, in tempi certi, alcune opere fondamentali: dalla metropolitana di Napoli Linea1 al nodo ferroviario di Bari, dalla metropolitana di Catania a quella di Palermo, passando per l’Alta velocità ferroviaria Napoli-Bari-Lecce-Taranto, l’Alta Velocità ferroviaria Palermo- Messina-Catania, l’Asse stradale 106 Jonica, il collegamento stabile sullo Stretto di Messina, per un investimento complessivo di 23 miliardi.

C’è un’Italia che dovrebbe ripartire rapidamente, e dovrebbe farlo guardando allo sviluppo del Mezzogiorno: invece prosegue ininterrotta la sottrazione di risorse. Occorre riequilibrare la spesa pubblica, serve una manovra finalmente equa, che ridia ai cittadini del Sud la stessa qualità di servizi di cui gode chi vive al Nord. Al Mezzogiorno servono strade e ferrovie moderne: al contrario, basta solamente prendere in considerazione il 2018, in base alla regola del 34 per cento della ripartizione delle risorse in conto capitale, per accorgersi che mancano all’appello 3,5 miliardi di euro di investimenti per il Sud.

LE STIME SVIMEZ

La stima è stata fatta dalla Svimez, che disegna un quadro assolutamente drammatico soprattutto, ma non solo, dal punto di vista delle infrastrutture, materiali e immateriali. Nel 2018, stima la Svimez, la spesa in conto capitale è scesa al Mezzogiorno da 10,4 a 10,3 miliardi, mentre nello stesso periodo al Centro-Nord è salita da 22,2 a 24,3 miliardi. Gli investimenti infrastrutturali rivolti al Mezzogiorno, che negli anni Settanta costituivano circa la metà di quelli complessivi, negli anni più recenti sono calati a un sesto di quelli nazionali. In questo quadro andrebbero, quindi, rafforzate le politiche di coesione, che dopo il 2020 potranno disporre di 60 miliardi di euro, di cui il 70 per cento per il Sud.

Secondo lo studio della Svimez, nell’ultimo ventennio la politica economica nazionale ha disinvestito dai territori del Mezzogiorno e ha aumentato in questo modo il divario con il Nord. Crollano gli investimenti pubblici nel Sud Italia, cresce lento il Pil del Mezzogiorno che nel 2018 è aumentato solo dello 0,6% rispetto all’1% dell’anno precedente: una equazione automatica.

GLI EFFETTI NEFASTI

Negli ultimi 10 anni in Italia gli investimenti pubblici in opere stradali e del Genio civile hanno registrato una flessione del 21% e non sono stati ancora recuperati i livelli di spesa pre-crisi 2008, fermi al 2002. È questa la fotografia scattata dal Consiglio nazionale degli ingegneri. La sintesi del declino della spesa infrastrutturale in Italia, al Sud in particolare, sta nel tasso medio annuo di variazione 1970-2018, pari a -2% a livello nazionale: -4,6% nel Mezzogiorno e -0,9% nel Centro-Nord.

Gli investimenti infrastrutturali nel Sud negli anni ’70 erano quasi la metà di quelli complessivi, mentre negli anni più recenti sono calati a quasi un sesto del totale nazionale. In valori pro capite, nel 1970 erano pari a 531,1 euro a livello nazionale, con il Centro-Nord a 451,5 e il Mezzogiorno a 677 euro. Nel 2017 si è passati a 217,6 euro pro capite a livello nazionale, con il Centro-Nord a 277,6 e il Sud a 102 euro. Il risultato è che, attualmente, il 24% delle linee ferroviarie del Mezzogiorno è a doppio binario a fronte del 60% delle linee del Centro-Nord; il 49% delle linee ferroviarie del Mezzogiorno è elettrificato a fronte dell’80% di quelle del Centro-Nord. Tra il 2010 e il 2016 i porti del Mezzogiorno hanno registrato una flessione del 19% in termini di tonnellate movimentate, con un lieve recupero nel 2017, a fronte di un incremento dell’8% e del 3% rispettivamente al Nord e al Centro. Tra il 2004 e il 2014, infine, la rete autostradale è aumentata, in termini di km, del 7% al Nord e del 3% al Sud.


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