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L’industria faticosamente si rimette in movimento ed immediatamente riemergono i problemi che da troppo tempo si accumulano l’uno sull’altro ed innanzitutto quello della formazione del personale. Avendo perso la maggior parte delle grandi imprese, che avevano al loro interno strutture di formazione, le piccole e medie imprese che costituiscono il tessuto connettivo del Paese debbono rivolgersi alla scuola per poter trovare un personale qualificato e capace di apportare un valore aggiunto alla vita dell’impresa. La scuola dispone di istituti tecnici e scuole professionali, mentre la formazione professionale è governata dalle Regioni.

LE SCUOLE TECNICHE

Come sempre più spesso in Italia vi sono scuole tecniche e professionali di assoluta eccellenza, storicamente radicate nel loro territorio e capaci di essere l’incubatrice non solo di competenze operaie, ma anche di imprenditori che negli anni hanno rinnovato dal basso un sistema industriale che era stato ingessato per troppo tempo. Bologna non sarebbe tale senza le sue prestigiose Scuole professionali Aldini-Valeriani.

LA FORMAZIONE

Egualmente vi sono centri di formazione professionale che svolgono la funzione fondamentale di dare opportunità per tutti i ragazzi, compresi i molti a rischio di dispersione, e nel contempo far crescere competenze proprio per le imprese minori, che oggi forse più di altre hanno bisogno di coniugare nuove tecnologie e antiche manualità. Tuttavia anche questa rete è strappata. In questo caso, o meglio anche questo caso, il Mezzogiorno rischia di essere al margine di una ripartenza, che deve basarsi su una profonda innovazione che sempre più deve usare tecnologie digitali per reinventare vecchi lavori e rispondere a nuovi bisogni.

Tranne la Puglia, ove vi è una tradizione di formazione professionale, in quasi tutto il Sud manca quella rete di formazione che resta a base di uno sviluppo diffuso e radicato nel territorio. Vi sono certo singoli casi di centri a volte eccellenti, così come esperienze di interventi regionali anche pregevoli, ma nell’insieme non vi è oggi un sistema di centri, organizzati da enti privati ma regolati pubblicamente, che possano costituire riferimento continuo per le imprese del territorio, che a loro volta debbono compattarsi in reti territoriale, per potersi presentare nel nuovo contesto post-Covid.

Questo è il bivio che abbiamo di fronte oggi, il Paese non può rinascere senza il suo Mezzogiorno, ma il Sud deve poter investire sulle sue persone, e quindi costruire una rete di scuole e centri di formazione professionale, che costituisca una infrastruttura fondamentale per lo sviluppo come e forse meglio di una nuova autostrada.

PROGETTI CONCRETI

Dovendo presentare all’Europa progetti concreti per sostenere il cambiamento strutturale delle aree periferiche, si può partire proprio dal Mezzogiorno per ricostruire quel sistema nazionale della istruzione e della formazione che deve essere il rimorchiatore che trascina il Paese fuori dalla palude, in cui non da ora siamo finiti. Scuola, Industria e Mezzogiorno. Forse è tempo di riporre questi tre temi al centro delle scelte pubbliche, sperando che il tempo non sia accaduto.


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