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L'aeroporto di Reggio Calabria

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Controverso e contestato il decreto della ministra Paola De Micheli e del ministro della salute Roberto Speranza per razionalizzare i voli commerciali. Di conseguenza l’aeroporto di Reggio Calabria non riaprirà il primo luglio, stessa sorte per Trapani, Comiso, Crotone. È quanto si evince dal decreto per razionalizzare il servizio di trasporto aereo firmato l’altro giorno. L’operatività dei servizi – si legge nel decreto – è limitata agli aeroporti di Alghero, Ancona, Bari, Bergamo – Orio al Serio, Bologna, Brindisi, Cagliari, Catania, Firenze Peretola, Genova, Lamezia Terme, Lampedusa, Milano Malpensa, Napoli Capodichino, Olbia, Palermo, Pantelleria, Parma, Pescara, Pisa, Roma Ciampino, Roma Fiumicino, Torino, Venezia Tessera e Verona Villafranca.

AEROPORTI CHIUSI

Le disposizioni del decreto sono in vigore fino al 14 luglio 2020. Le ragioni che hanno portato i due ministri a tale provvedimento sono motivi sanitari e motivi commerciali. Quelli sanitari sono noti a tutti, la gente nei luoghi chiusi come gli aeroporti deve rispettare alcune regole per rispettare il distanziamento canonico oltre a quelle della sicurezza alle quali ci siamo abituati. E quindi i piccoli aeroporti hanno più problemi. E poi ci sono quelli commerciali: la gente in realtà per ora non vola, ha paura, rinvia e sta a guardare aspettando l’evolversi della situazione. E quindi gli aeromobili rischiano di volare vuoti e le compagnie evitano di accumulare perdite.

LOW-COST FERME

Le low-cost ancora non hanno rifatto la programmazione dei voli, in primis la Ryanar che, per esempio da Palermo a Bergamo, ricomincia a far volare con voli giornalieri dal primo luglio. Non sarà facile, come c’era da aspettarsi, e per i voli commerciali l’andamento della ripresa potrà al massimo essere a U. Certo non sarà a V, ma speriamo non sia nemmeno a L. I due presidenti delle Regioni interessate, Calabria e Sicilia, Nello Musumeci e Jole Santelli si sono mossi per cercare di risolvere le problematiche dei collegamenti delle rispettive Regioni. Che non riguardano solo l’apertura degli aeroporti ma anche il prezzo dei voli.

Né è casuale che le due Regioni che sono più penalizzate sono proprio Sicilia e Calabria, le cui alternative al volo aereo sono pressoché inesistenti. Considerato che credo che non siano tanti i siciliani che si avventurano in un viaggio in treno anche per Roma, che rischia di durare un tempo infinito e con un numero di ore a due cifre. L’attraversamento dello stretto necessario con i ferry boats, peraltro estremamente inquinanti, è sola la ciliegina sulla torta, visto che le linee del “continente” sono talmente superate da consentire una velocità molto contenuta, anche se adesso vi fanno viaggiare anche i treni Italo, ma con velocità da tradotta. Il diritto alla mobilità, come molti diritti, per esempio quello agli asili nido, non è uguale in tutto il Paese, ci sono cittadini di serie A e di serie B, come per molti altri diritti. Come in quello alla salute o alla scuola. Quindi non ci si deve stupire più di tanto. Peraltro in un calcolo costi benefici, ovviamente non vale la pena investire una barca di soldi per l’alta velocità ferroviaria nel Mezzogiorno, se non in un piano di sviluppo di tali aree, che ancora non c’è.

In tale situazione si inserisce la compagnia di Stato, l’Alitalia, che tanto danno ha fatto al Mezzogiorno, con collegamenti romacentrici, per cui per arrivare a Bari da Napoli, bisognava passare da Roma, con prezzi esorbitanti che servivano a rifarsi delle tratte con Milano, nelle quali i prezzi dovevano essere più bassi, per essere competitivi con l’alta velocità ferroviaria. Anche se la compagnia di bandiera ha continuato ad accumulare perdite per cui i meridionali l’hanno pagata con i prezzi esorbitanti imposti sulle tratte, ma anche con la fiscalità generale.

PREZZI STRACCIATI

Ed il rischio che si possano fare allontanare le compagni low cost dal mercato italiano è alto, se le regole saranno quelle che si ventilano e che prevedono vincoli che non consentiranno a quest’ultime di poter praticare i prezzi stracciati finora fatti. Come quello dell’obbligo di livelli salariali equiparati alla compagnia di bandiera. Ma questo è ciò che vedremo. Oggi si assiste ad una differenza di prezzo nei voli tali da scoraggiare il turismo domestico, se si pensa che per una stessa data da Verona per andare a Ibiza e a Lampedusa stesso 11 luglio con ritorno 18 luglio i prezzi sono rispettivamente 81,91 e 352.60. È chiaro che non c’è partita. L’unica alternativa per viaggiare al Sud con mezzi pubblici era diventata quella di utilizzare i bus, a prezzi molto contenuti ma a tempi infiniti.

Quindi il problema non è tanto quello di capire perché alcuni aeroporti, in un momento cosi particolare, rimangano chiusi fino al 14 luglio, quanto perché i tempi di percorrenza all’interno del Sud, che si tratti di raggiungere Matera o Siracusa, Trapani o Campobasso, siano così lunghi, perché il tasso di infrastrutturazione debba rimanere cosi basso, indifferentemente sia che si tratti di ferrovie, che di autostrade. Malgrado i fondi strutturali che dovevano essere aggiuntivi e che sono diventati sostitutivi. E corretto che continuiamo a sperare che i temi vengano affrontati con il recovery fund, perché lo sappiamo la speranza è l’ultima a morire, anche se sappiamo anche che chi di speranza vive disperato muore.


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