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I tempi della giustizia come “unità di misura” della distanza tra le due Italie, della forbice tra i diritti di cittadinanza che si allarga via via che si scende da Nord verso Sud, mostrando che no, la giustizia non è uguale per tutti. Se al Nord, fra il 2004 e il 2019, i procedimenti civili hanno una durata media tra i 282 e i 341 giorni, tra i 383 e 440 nel Centro, i tempi si allungano di gran lunga nel Mezzogiorno dove sono compresi mediamente fra 492 e i 674 giorni, tenendo in “ostaggio” la vita dei cittadini, pregiudicando la competitività delle imprese come la possibilità di attrarre investimenti nazionali e interazioni, frenando lo sviluppo del territorio che ora può contare sulla storica occasione delle risorse del Recovery Fund per ripartire.
I DIVARI NAZIONALI E INTERNAZIONALI
Alla vigilia della riapertura delle aule parlamentari dopo la pausa estiva, con proprio la riforma della giustizia – sollecitata con insistenza dall’Europa e “inscritta” nel Pnrr – a inaugurare i lavori, lo studio di tre economisti, Gaetano Vecchione – tra le altre cose, consigliere scientifico di Svimez – Annamaria Nifo e Orlando Biele, fotografa lo status quo, dando conto della “distanza” non solo tra il Nord e il Sud, ma anche tra il nostro Paese e gli altri.
E nel confronto internazionale, si evidenzia nel rapporto, l’Italia raggiunge “un poco invidiabile primato” sia in termini di durata media dei procedimenti (disposition time, Dt) sia nella capacità di smaltimento dell’arretrato (clearance rate, Cr): secondo l’Oecd, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, la durata media stimata di un procedimento civile nei tre gradi di giudizio è di circa 788 giorni nei paesi aderenti all’Organizzazione, con la Svizzera e l’Italia agli estremi opposti della classifica: la prima è sul podio con 368 giorni, la seconda fanalino di coda con i suoi otto anni. I divari territoriali nell’ambito, in particolare, della giustizia civile messi a fuoco nello studio emergono dall’elaborazione di dati del ministero della Giustizia, Dg-Stat e Consiglio superiore della magistratura relativi al periodo 2004-2019.
TEMPI LUMACA AL SUD
In termini di durata media dei procedimenti – come evidenziato sopra – al Nord si oscilla tra i 282 e i 341 giorni mentre al Mezzogiorno si superano di gran lunga i 600. La situazione generale, si segnala, è migliorata negli ultimi quindici anni dal momento che si è passati dai 467 giorni del 2004 ai 382 del 2019. E anche i divari, si sottolinea, sembrano essere diminuiti grazie ai passi avanti fatti nel Sud, dove la durata dei processi “si è contrattata maggiormente, con un risparmio di tempi valutabile in oltre il 25%”.
LO SMALTIMENTO DELL’ARRETRATO
Sulla capacità di smaltire l’arretrato – il clarence rate che misura il rapporto tra il numero dei casi risolti e quelli iscritti ogni anno in un determinato tribunale – l’intero Paese fino al 2010 si è mostrato particolarmente debole, “con un valore dell’indice intorno all’uno e talora al di sotto dell’unità per il Mezzogiorno”.
Per capire: valori maggiori dell’unità indicano che il tribunale è in grado di portare a termine un numero di procedimenti maggiore di quelli arrivati nelle sue aule e ha quindi anche la possibilità di recuperare quelli rimasti in stand by. Dal 2010 al 2015 l’intero sistema ha migliorato la sua performance: la capacità di smaltimento dell’arretrato si è attestata tra il 10 e il 15% in tutto il Paese. Per poi riprecipitare nel dualismo, con i tribunali del Centro-Nord che dal 2016 hanno raggiunto nuovamente buoni risultati, realizzando Cr superiori al 10%, mentre quelli del Meridione sono andati incontro a un graduale peggioramento nel Cr che, nell’ultimo triennio, si è collocato appena al di sopra dell’unità.
Per spiegare le deludenti prestazioni di tribunali del Mezzogiorno, nello studio si chiamano in causa “fattori di contesto di natura istituzionale” e “la maggiore domanda di giustizia nelle regioni meridionali”. In effetti, considerando sia il settore civile sia il penale, il rapporto tra il numero di casi in rapporto alla popolazione risulta costantemente più alto nel Sud: “nei 15 anni osservati, in media 777 nuovi casi iscritti a ruolo ogni anno (per 10 mila abitanti) contro i 541 del Nord”. A una maggiore domanda di giustizia il Sud risponde con una maggiore dotazione di magistrati: nel periodo sotto esame, il numero di togati supera le 11 unità per 100 mila abitanti nel Mezzogiorno ed pari a circa a 9 e 7 unità rispettivamente nel Centro e nel Nord.
In termini di carico di lavoro però sono i giudici del Nord a sopportare un peso maggiore: secondo il dato del 2019 ogni magistrato si è ritrovato tra le mani 741 nuovi fascicoli (500 del settore civile) contro 776 (550 nel civile) al Centro e 639 nuovi fascicoli (450 settore civile) al Sud. “Complessivamente i dati analizzati ci restituiscono una situazione di generale difficoltà del sistema giustizia italiano nell’assicurare tempi ragionevoli dei procedimenti e nella ancora troppo debole capacità di smaltimento dell’arretrato.
A livello territoriale è altresì evidente il ritardo dei tribunali del Mezzogiorno rispetto a quelli del Centro e del Nord, seppur con alcuni incoraggianti segnali di miglioramento negli ultimi anni”, scrivono i tre economisti. Intanto, in attesa del varo della riforma, ad aggredire le lentezze della giustizia meridionale punta anche la la Commissione interministeriale per la Giustizia nel Mezzogiorno varata a maggio dalla Guardasigilli Marta Cartabia e dalla ministra per il Sud e la Coesione territoriale, Mara Carfagna, che aspettano per il 30 settembre una relazione sull’esito dei lavori.
“L’andamento del disposition time e del clearance rate indica come i cambiamenti istituzionali indotti dalla riforma del 2013 abbiano prodotto, dopo una prima fase di riordino e riorganizzazione, effetti positivi nel medio periodo – scrivono i tre economisti – Questo fa ben sperare per la riforma ora in discussione che può rendere i tribunali italiani più produttivi nella misura in cui riesca ad agire sui fattori più rilevanti dell’offerta di giustizia: la quantità e qualità delle risorse finanziarie e umane disponibili, gli assetti organizzativi e di governance degli uffici giudiziari, il grado di efficienza nell’impiego delle risorse, il grado di informatizzazione degli uffici, il monitoraggio dei processi”.
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