Piercamillo Davigo
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Quello che sto per raccontarvi non è una fake news. E’ tutto vero e confermato, anche se è naturale pensare che ci troviamo davanti a una storia che sembra essere tratta da una puntata di “Scherzi a parte”. Ma di scherzoso non c’è proprio nulla, visto quello che sta accadendo in Italia con le rivelazioni dell’ex avvocato esterno dell’Eni Paolo Amara, dichiarazioni (vere o false non si sa ancora, per colpa di chi non ha indagato come doveva) verbalizzate dai pm di Milano e che stanno provocando un vero e proprio terremoto giudiziario, tant’è che ci sono quattro procure, quattro, che stanno indagando sul caso: la Procura di Milano, quella di Roma, quella di Perugia e quella di Brescia.
SORPRESE A RAFFICA
Le notizie di ieri sono davvero incredibili. La prima: si è scoperto che a indagare sulla fuga di notizie relative alle dichiarazioni di Paolo Amara, che ha rivelato tra le altre cose (tutte da verificare e mai verificate prima) l’esistenza di una loggia massonica chiamata “Ungheria” di cui farebbero parte (secondo Amara, magistrati, politici, imprenditori che decidevano nomine e promozioni nel mondo della giustizia delle istituzioni), è stato il pubblico ministero di Milano, Paolo Storari, proprio quello che aveva verbalizzato le dichiarazioni di Amara e che adesso è indagato per rivelazioni di segreto d’ ufficio perché avrebbe consegnato quei verbali al suo collega, allora componente del Csm, Piercamillo Davigo che l’altro ieri è stato interrogato dai pm di Roma come persona informata dei fatti, e non come indagato, per aver ricevuto quei verbali proprio da Storari.
Verbali che poi, secondo l’inchiesta della Procura di Roma, sarebbero stati inviati a due giornali nazionali dall’ex segretaria di Davigo, Marcella Contrafatto indagata dalla procura di Roma e sospesa dalle sue funzioni al Csm dove lavorava, proprio nell’ufficio di Davigo. Vi sembra possibile? Uno penserebbe di no, invece è tutto vero.
La seconda notizia, anch’essa davvero sorprendente, è quella che il Consiglio superiore della magistratura, si costituirà parte civile negli eventuali processi che si celebreranno. Ma parte civile contro chi? Contro se stessi? Contro gli stessi magistrati, alcuni componenti del Csm che a vario titolo sono coinvolti nella vicenda Amara? Come il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi? Contro Davide Ermini, vice presidente del Csm, altri componenti del Csm che da Davigo furono informati dell’esistenza di quei verbali devastanti rese alla Procura di Milano?
Non ci potete credere, ma vi ripeto: è tutto vero, purtroppo. E vi immaginate la faccia del pubblico ministero Paolo Storari, che aveva raccolto le dichiarazioni di Paolo Amara, quando si è visto arrivare nel suo ufficio la denuncia del collega del Fatto Quotidiano, Antonio Massari, che aveva informato la Procura che lui aveva ricevuto quei verbali, in forma anonima, che erano gli stessi che il pm Storari e la segretaria di Davigo, Marcella Contrafatto, avevano nei loro computer?
LE RICOSTRUZIONI
Direte “non ci posso credere”, ma vi giuro sulla vita dei miei cinque figli che è tutto incredibilmente vero. E il pm Astori ha indagato per alcune settimane sulla fuga di notizie secretate da lui stesso inconsapevolmente provocata consegnandole a Piercamillo Davigo e da lui alla sua segretaria, Marcella Contrafatto, che le avrebbe inviate a due giornali. Se ne è spogliato soltanto quando la Procura di Roma ha perquisito l’ufficio al Csm della Contrafatto dove hanno trovato i verbali originali che il pm Storari aveva raccolto da Amara. Sembra incredibile, ma ripeto: è tutto vero.
È un altro degli intricati passaggi della vicenda che sta scuotendo non solo il Palazzo di giustizia di Milano ma anche il Consiglio superiore della magistratura. Da quanto si è potuto ricostruire, Storari, su richiesta del suo capo, il procuratore Greco, e dell’aggiunto Laura Pedio, si occupò delle indagini sulla fuga di notizie quando un cronista portò quei verbali ricevuti in forma anonima lo scorso ottobre, e dispose pure una consulenza per stabilire la provenienza di quelle carte. Quando poi venne a sapere che Roma indagava sull’ex segretaria di Davigo, che risponde di calunnia ed è accusata di aver divulgato quegli interrogatori secretati, l’8 aprile scorso Storari riferì a Greco che un anno prima aveva consegnato le carte a Davigo e decise di chiamarsi fuori da quell’indagine. Decisione presa per evitare gravi conseguenze, dato che i verbali che circolavano erano gli stessi da lui affidati all’ex toga di Mani Pulite.
L’inchiesta sulla fuga di notizie fu poi trasmessa nelle scorse settimane a Roma e in quel fascicolo ora Storari è indagato per rivelazione di segreto d’ufficio, mentre anche i pm bresciani hanno da poco aperto un’indagine ipotizzando lo stesso reato, ma anche per accertamenti più ampi sull’operato dei pm milanesi. Davigo, sentito come teste ieri dai pm romani, nella sua ricostruzione ha detto di aver riferito anche al pg della Cassazione Giovanni Salvi dei contrasti interni alla Procura milanese su un’inchiesta che coinvolgeva Amara. Salvi, dal canto suo, ha negato di aver saputo dei verbali, ma ha detto di aver «immediatamente» informato Greco, il quale iscrisse i primi nomi della presunta loggia a maggio, dopo l’insabbiamento lamentato da Storari.
Storari che era in contrasto con gli aggiunti Fabio De Pasquale e Pedio anche sulla gestione dell’inchiesta sul “falso complotto Eni”, nella quale è indagato Amara, assieme all’ex manager Eni Vincenzo Armanna, entrambi molto “valorizzati” da De Pasquale nel processo sul caso Eni-Nigeria, poi finito con assoluzioni. Il pm Storari, tra l’altro, voleva verificare anche eventuali profili di calunnia nelle affermazioni a verbale dell’ex legale esterno dell’Eni.
IL NUOVO SCONTRO DI COMPETENZE
E intanto scoppia un altro scontro tra le procure di Roma e quella di Brescia: chi deve interrogare Paolo Storari, accusato di rivelazioni di segreto d’ufficio? Roma lo ha convocato per sabato prossimo, ma nel frattempo la procura di Brescia ha aperto la stessa inchiesta per “competenza” perché quei verbali sarebbero stati consegnati da Astori a Davigo non a Roma, ma a Milano. E, quindi, la competenza sarebbe di Brescia.
Immagino cosa penserebbe il giovane giudice Rosario Livatino, ucciso in un agguato mafioso il 21 settembre 1990 ad Agrigento e dichiarato beato e che ieri è stato commemorato alla presenza del capo dello Stato Sergio Mattarella anche dal vice presidente del Csm David Ermini (informato da Davigo dei verbali al veleno di Paolo Amara). Ermini aggiunge: «C’è una frase del giovane Rosario (Livatino, ndr) che mi è rimasta impressa: “Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili”». Sante parole.
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