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CONIUGARE globalizzazione con sovranità alimentare: è la grande sfida italiana. La connessione col resto del mondo è una strada obbligata perché il settore si nutre di export, ma nello stesso tempo la dipendenza dalle materie prime estere provoca un cortocircuito con esplosione di prezzi che può arrivare anche alla mancanza di cibo. E che soprattutto aggrava la condizione di povertà.
La pandemia prima e la guerra in atto ora nel cuore dell’Europa stanno confermando la necessità per i Paesi di garantirsi la sicurezza degli approvvigionamenti alimentari. Il presidente francese, Emmanuel Macron, qualche giorno fa, inaugurando il Salone dell’agricoltura, aveva annunciato un piano di sostegno per attrezzare la Francia ad affrontare una crisi destinata, a suo avviso, a durare a lungo. In Italia, per ora, non ci sono rischi di scaffali vuoti, ma i prezzi del cibo sono destinati a schizzare sempre più in alto. I dati Istat di ieri sui prezzi al consumo di febbraio confermano la corsa inflazionistica con l’indice salito al 5,7% contro il record del 4,8% di gennaio. E secondo Assoutenti la stangata per una famiglia tipo potrebbe essere di 1.750 euro per effetto della bolletta energetica, ma anche dei “ritocchi” dei listini di pasta (+30%) e pane (+10%).
La guerra in Ucraina, è l’allarme lanciato da Coldiretti, arriva nel carrello della spesa degli italiani con il rincaro dei beni energetici che si trasferisce sulla filiera agroalimentare e colpisce gli agricoltori che sono costretti ad affrontare super costi di produzione e i consumatori col rischio della perdita del lavoro, della stabilità economica ma anche delle forniture alimentari.
A preoccupare è lo choc energetico con un balzo calcolato dall’Istat al 45,9%, ma anche quello alimentare con +4,9%. Aumenti che non portano alcun vantaggio al mondo agricolo. Un esempio: il grano tenero viene pagato 31 centesimi, un chilo di pane va dai 3 ai 4 euro. Una situazione che spinge gli agricoltori e gli allevatori a “fermare le macchine” che arriva però da lontano. Proprio a causa dei prezzi bassi incassati nei campi i produttori, secondo uno studio della Coldiretti, hanno ridotto di un terzo la produzione di mais negli ultimi dieci anni e nello stesso periodo è stato cancellato un campo di grano su cinque, con la perdita di mezzo milione di ettari.
Ora con i costi delle semine per produrre grano alle stelle (+ 50%), per effetto del caro gasolio, ma anche dei fertilizzanti e fitosanitari, ci potrebbe essere un ulteriore allontanamento dall’attività agricola. E così oltre al buco energetico, il nostro Paese potrebbe trovarsi anche in fortissima debolezza in campo alimentare. Per il consigliere delegato di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia, intervenuto ieri alla giornata che precede l’apertura della Fiera agricola di Verona, il forte legame della produzione agroalimentare alle materie prime di importazione con il blocco produttivo e logistico nell’area del conflitto sta creando un problema di sicurezza. Da Russia e Ucraina infatti arrivano il 30% del grano , il 20% del mais e l’80% dell’olio di girasole.
Per Scordamaglia si profilano prezzi per i beni di prima necessità sempre più insostenibili per agricoltori e famiglie. Sotto accusa è finita anche l’Unione europea non solo per aver tralasciato l’obiettivo della sovranità alimentare, ma addirittura per contrastarlo con la strategia Farm to Fork che punta tutto sulla sostenibilità ambientale. L’appello forte è di non arrivare a una situazione simile a quella che si sta vivendo per l’energia con l’Italia che dopo essere diventata completamente dipendente dai Paesi terzi pretende di arrivare in poche settimane a una “indipendenza impossibile”. Per questo sul fronte dell’agricoltura si sta profilando anche un ripensamento sulla Politica agricola comune approvata da pochi mesi che, per Scordamaglia “non può essere stravolta e subordinata ad istanze che non hanno a che fare con la produzione agricola ed alimentare”.
Anche il presidente della Commissione agricoltura della Camera, Filippo Gallinella (M5S), ha sollecitato la riapertura del dibattito nell’ambito della programmazione della Pac fino al 2027 sull’autosufficienza alimentare. D’altra parte i numeri sono da allarme rosso. Nella prima settimana di guerra, secondo l’elaborazione di Cai Consorzi agrari d’Italia, sul Matif di Parigi, il grano è aumentato del 13% e il mais del 29% e solo ieri +7% per il primo e + 10% per il secondo. La corsa non si ferma. “E se non aiutiamo la nostra agricoltura – ha dichiarato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini – rischiamo di affrontare una crisi ben più grave tenendo conto che il 30% delle imprese incassa ha meno di quanto spende”.
Ora però ci sono le condizioni produttive, tecnologiche e finanziarie per puntare dritti all’autosufficienza alimentare. E partire subito, secondo Prandini, con l’attivazione di 1,2 miliardi del Pnrr per rafforzare le principali filiere alimentari, dal grano all’olio. Oggi al grido “si svuotino gli arsenali, si colmino i granai”, secondo l’invito pronunciato nel 1979 dal presidente Sandro Pertini, manifestano a Verona i giovani della Coldiretti che vogliono continuare la loro professione agricola in un mondo in cui si sentano i rombi dei trattori e non dei carri armati.
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