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Patto di stabilità sospeso anche nel 2023, adesso l’Europa ci pensa. Segno che ci si prepara al peggio, perché l’incertezza aumenta. Il pasticcio dei vaccini, con gli Stati costretti a sospendere la somministrazione delle fiale di AstraZeneca per i presunti casi di trombosi che ne deriverebbero, oltre a minare la credibilità dell’Europa e della sua strategia rischia di mettere a repentaglio il ritorno sui percorsi di crescita auspicati e stimati. A livello di principio dunque si va avanti pronti a riattivare i criteri di deficit e debito tra ventuno mesi, ma tutto è lasciato all’evoluzione degli eventi.
I ministri dell’Economia e delle finanze dell’Ue sono d’accordo sul fatto che il principale criterio per riattivare il patto di stabilità e crescita è il ritorno ai valori del Prodotto interno lordo dell’Unione del 2019. “Secondo le nostre previsioni dovremmo tornare ai livelli pre-crisi per la metà del 2022”, ricorda il vicepresidente esecutivo della Commissione UE, Valdis Dombrovskis, al termine dei lavori del consiglio Ecofin. Vuol dire che, sulla base di queste stime, “le regole dovrebbero restare sospese per tutto il 2022 ma non oltre”. Dunque nel 2023 si torna alla normalità. Questo almeno in teoria. In pratica le cose potrebbero andare diversamente.
Le varianti del virus, disponibilità di vaccini e rapidità della campagna vaccinale, nuovi confinamenti: tutti elementi che mettono a repentaglio l’andamento economico. C’è sullo sfondo l’eventualità che le previsioni dell’esecutivo comunitario alla fine possano non essere rispettare per un peggiorato quadro generale. Perciò, aggiunge il ministro delle Finanze portoghese, Joao Leao, presidente di turno dell’Ecofin, “se il prossimo anno il livello di PIL del 2019 non fosse raggiunto allora il Consiglio dei ministri dell’economia dovrà fare le valutazioni del caso”. Vuol dire prepararsi a tenere sospese le regole anche nel 2023.
Il patto di stabilità è stato sospeso un anno fa, quando l’ondata di Coronavirus è stata dichiarata pandemia e si è capito che le ripercussioni sull’economia sarebbero state senza precedenti. La Commissione europea ha annunciato l’intenzione di mettere da parte le regole il 20 marzo 2020, e l’Ecofin ha dato il via libera alla decisione tre giorni più tardi. A un anno di distanza cambia poco, si continua a navigare a vista. C’è l’intenzione di ristabilire le regole a un certo punto, ma nei fatti è lasciato tutto in stand-by a tempo indeterminato. Si resta in balia degli eventi, e dunque il patto di stabilità può attendere. Da qui alla metà del 2022, momento della verità c’è un lasso temporale dove a farla da padrone è l’incertezza, e la politica con le sue politiche non può che adeguarsi.
In questo quadro resta fermo l’invito dell’Ecofin a lavorare per evitare shock. Avanti con sostegno pubblico, ma “gli Stati membri dovranno adattare le loro politiche al momento opportuno per garantire la sostenibilità fiscale a medio termine”, recitano le conclusioni di fine seduta, che non toccano l’altro nodo da sciogliere, vale a dire che tipo di regole attuare una volta che si deciderà di ripristinare il patto di stabilità.
La Francia già annunciato in autunno che riproporre gli stessi dispositivi è impensabile. È stato Clément Beaune, ministro per gli Affari europei e già consigliere economico di Emmanuel Macron a dire che “non si può immaginare lo stesso patto”, che si attui nel 2023 o nel 2024. Questo perché il massiccio intervento pubblico a sostegno delle ventisette economia avrà riscritto tutti i livelli di disavanzo. I rapporti debito/Pil e deficit/Pil rispettivamente al 60% e al 3% risulterebbero inadeguati. Considerando che il rientro di debiti come quello italiano, già complicati prima della pandemia, non lascerebbero scelta a cure lacrime e sangue come fu per la ristrutturazione dei conti della Grecia.
L’intervento della Francia sulle regole di bilancio comuni ha dato il via ad una riflessione in corso ancora oggi, e che terrà impegnati tecnici e politici fino almeno al 2022. “Il Patto europeo di stabilità e crescita va riconsiderato alla luce delle nuove circostanze”, ha ammesso anche il vicepresidente esecutivo della Commissione, Frans Timmermans. Nel cantiere aperto oggi l’immagine dell’Europa è quella di regole in alto mare, e sospese a data da destinarsi. Ciò non deve indurre a pensare che le politiche di rientro debbano essere dimenticate. Soprattutto in Paese come l’Italia deve farsi trovare pronto, e mettere a punto strategie credibili di risanamento, indipendentemente da quando quale patto di stabilità tornerà in vigore e dal momento in cui ciò avverrà. Ci sono almeno quasi due anni per prepararsi. Ora l’importante è “la rapida attuazione del Recovey fund”, sottolinea l’Ecofin. Vuol dire varare piani nazionali di ripresa credibili.
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