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Reddito di cittadinanza strumento da rivedere ma rivoluzionario

Nulla sarà più come prima. In molti sembrano accorgersene con molta difficoltà e solo adesso. Ma l’introduzione del reddito di cittadinanza ha messo in evidenza tante cose, che nel nostro Paese sembrava non fossero conosciute.

La prima è che il tasso di disoccupazione nel Sud, dimensionato sull’ordine di grandezza del 20%, in realtà era un tasso che aveva un significato solo statistico ma che nella realtà era molto più elevato. La mia affermazione, datata parecchi anni fa, ripresa poi dalla Svimez, che l’esigenza di posti di lavoro nel Sud era di 3 milioni aggiuntivi, compresi i sommersi, ora ha un’evidenza plastica nel numero di redditi di cittadinanza richiesti e concessi, che nel Sud si avvicinano a circa 1 milione e 700 mila.

IL NODO SPOPOLAMENTO

Eliminata quella piccola parte che riguarda chi non è in condizione di lavorare, rimane una larga maggioranza di redditi dati a gente bisognosa che potrebbe lavorare ma non ha offerte adeguate. Se a questi aggiungiamo coloro che si presentano sul mercato del lavoro e che non trovano possibilità effettive, e non sono nelle condizioni economiche per accedere al reddito di cittadinanza, ci accorgeremo che ci si avvicina a quel dato dei 3 milioni di posti di lavoro necessari per ritornare a un rapporto fisiologico tra occupati e popolazione che caratterizza le zone a sviluppo compiuto.

REDDITO DI CITTADINANZA STRUMENTO RIVOLUZIONARIO

La seconda conseguenza è che il Sud finisce di essere quella riserva di capitale umano a cui attingere nei momenti di bisogno e da espellere quando vi sono momenti di recessione.

Una tragedia per il lavoro stagionale, considerato che lo spostamento da una parte all’altra del Paese non diventa più indispensabile per la sopravvivenza. Sopravvivenza che viene invece assicurata da una forma di sostentamento che ti permette di poter dire “no” a un lavoro a 2.000 km di distanza. Un lavoro stagionale, messo in regola per quattro ore nel quale magari ti chiedono 10 ore di attività, definito da tutti come sfruttamento. Ma anche per un lavoro ben retribuito, vicino ai 1.500 euro mensili, ma che ti obbliga a uno spostamento che prevede l’esigenza di un affitto e la mancanza di quella rete di protezione sociale data dalla famiglia di appartenenza, che diminuisce tanti costi e consente la creazione di un nucleo familiare.

REDDITO DI CITTADINANZA, LA SCOPERTA DI UNO STRUMENTO RIVOLUZIONARIO IN CAMPAGNA ELETTORALE

Solo nell’ultima fase della campagna elettorale alcuni gruppi politici si sono resi conto che criminalizzare questo strumento porta a un spaccatura con un elettorato povero che, forse finalmente, pretende che i posti di lavoro siano creati laddove c’è capitale umano da occupare. Il tema sta diventando sempre di più quello che dice: o mi sviluppi nella realtà in cui sono nato e cresciuto o mi mantieni. Viene meno, come possibilità effettiva nella maggior parte dei casi, l’alternativa delle migrazioni di massa, che hanno caratterizzato il boom economico, ma che sono continuate con uno stillicidio che sta provocando lo spopolamento di alcuni territori, con un flusso di 100.000 persone l’anno, che abbandonano le aree del Sud, con un costo annuale di 20 miliardi.

REDDITO DI CITTADINANZA STRUMENTO RIVOLUZIONARIO: UN “PROGETTO SUD”

Tale cambiamento di paradigma ha fatto impazzire in particolare tutta l’imprenditoria del Nord, che su questa forza lavoro aveva costruito un modello di sviluppo che ora viene messo in discussione. In realtà i limiti dello strumento hanno fatto sì che anche al Sud esso sia stato rifiutato da molta imprenditoria, considerato che non consente alcun tipo di attività legale, pena la perdita del sussidio.

È evidente che bisognerà trovare forme di aggiustamento che facciano sì che possa essere compatibile con lavori che diano un emolumento con un limite, stabilito magari per legge. Mentre modifiche e cambiamenti, che non prevedano il suo snaturamento, come avvenuto con l’obbligo alla seconda chiamata di accettare qualunque lavoro a qualunque distanza esso venga proposto, sono opportuni, anzi necessari, per fare in modo che il reddito di cittadinanza non diventi lo strumento per allontanare gli occupanti dal lavoro.

IL SUD E LA CONSAPEVOLEZZA DEL DIRITTO AL LAVORO

Ma non capire che comincia a circolare al Sud la consapevolezza che quel diritto al lavoro, dichiarato in modo roboante nella nostra Costituzione, sia possibile che venga attuato realmente può portare a dover cambiare posizione e promesse nella campagna elettorale, ma probabilmente anche dopo.

Il confronto aspro tra Conte e Renzi, con la dichiarazione infelice del primo che, aldilà della stupida formulazione che sembrava tanto un avvertimento mafioso, poi spiegata, ha il significato di un invito a comprendere che il secondo corno del progetto debba essere quello dello sviluppo.

Cioè: mi togli il reddito cittadinanza quando finalmente ti convinci, tu Stato, che quest’area del Paese ha diritto a trovare un vero progetto che consenta a una popolazione, peraltro in diminuzione, di avere un’idea di vita, senza doversi obbligatoriamente sradicare.

Sembrerebbe un fatto assolutamente scontato che si preveda che i posti di lavoro si creino laddove vi è la forza lavoro disponibile. Ma questo non è accaduto in Italia e l’ultimo episodio dell’attività bulimica di Giancarlo Giorgetti, che ha brigato per fare arrivare l’Intel in Piemonte, ci dice che ancora tale assunto che dovrebbe essere scontato non è stato metabolizzato da tutti.

Criminalizzare o chiedere l’abolizione di uno strumento che tutti i Paesi europei, tranne la Grecia, hanno da tanti anni è come stare con la testa rivolta al passato. Anche se è impensabile che uno strumento di tal genere possa assorbire le risorse attuali, che sono così importanti e che potrebbero essere utili al progetto di sviluppo del Paese.

IL PONTE E LE ZES

Ma non è togliendo protezioni che risolvi il problema, quanto piuttosto facendo in modo che molti di coloro che di essi hanno necessità possano uscire da un circolo vizioso che li porta a perdere dignità di cittadini e speranze per un futuro migliore. Per questo, dopo la virata che ha portato in parte il Pd, per esempio, a cambiare posizione rispetto allo strumento, ma anche Fratelli d’Italia, il nuovo governo, piuttosto che pensare a cambiare il Pnrr per sottrarre risorse al Sud, deve concentrare il proprio impegno per far si che il Mezzogiorno diventi la seconda locomotiva d’Italia, con il Ponte sullo stretto costruito, così come è nei loro programmi, ma anche con la messa in funzione delle Zes manifatturiere, che potrebbero dare grandi risposte se utilizzate nel modo corretto.

Altro che autonomie differenziate che prevedono una visione provinciale della realtà del Paese, nella quale ognuno si tiene quello che produce, anche se lo fa con gli strumenti e gli investimenti che il Paese ha destinato solo a una parte. Ma per fare questo c’è bisogno di visione, di consenso politico, di statisti che pensino alle prossime generazioni e meno alle elezioni.


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