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Il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina

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Stranisce che l’atteggiamento nei confronti delle problematiche che riguardano il Sud sia così superficiale e approssimativo anche da parte di personaggi in genere estremamente contenuti e prudenti. L’ultimo della serie il ministro Roberto Cingolani.  Si tratta di un fisico, accademico: «Il Ponte sullo Stretto? Mi lascia perplesso. Lì da un lato c’è una situazione di sismicità critica, dall’altro lato penserei più a potenziare le infrastrutture fondamentali per Sicilia e Calabria. Per ora aspetterei, ma non ho studiato il progetto». Così a Radio Capital.

L’APPROSSIMAZIONE

Ora, che si lasci a dichiarazioni in libertà l’avventore del Bar dello Sport non è auspicabile ma è prevedibile. Ma che un ministro di peso come Cingolani si lasci andare a dichiarazioni di tal genere è stucchevole è disarmante. Ma al di là delle dichiarazioni del neo ministro, il tema di fondo riguarda la leggerezza con la quale politici, giornalisti, imprenditori, politologi parlano dei temi che riguardano il Sud. 

Tutti diventano esperti e si lanciano in giudizi ultimativi rispetto a tematiche, come lo sviluppo, l’infrastrutturazione, le ragioni del ritardo, le esigenze fondamentali. Ciò accade perché tutti sanno che non ci saranno reazioni e, in ogni caso, esse saranno contenute e non arriveranno certamente ai media nazionali.

A parte la certezza che cavalcare luoghi comuni sul Sud, come la mancanza di volontà di lavorare, l’essere un po’ approssimativi e superficiali, arruffoni è un po’ ladruncoli trova favorevoli parecchi.

VERITÀ AGGIRATA

Per cui anche Ficarra e Picone possono parlare del ponte come di una barzelletta da avanspettacolo, Dolce e Gabbana si consentono di dire “meglio le navi del ponte sullo stretto”, Giuseppe Sala può affermare: «Smettiamola di parlare di sogni sciocchi come il Ponte sullo stretto».

Enumerare poi i conduttori di talk show che interrompono quando il discorso si fa preciso su tematiche che attengono al Sud, come quelle sostenute dall’onorevole Giusy Bartolozzi o da Matilde Siracusano di Forza Italia a Sky tg 24 o dalla senatrice Silvia Vono o dal senatore Davide Faraone di Italia Viva è impossibile, tanto accade spesso.  Come pure le battute alla Gabriele Albertini in “Stasera Italia contro Napoli” che Barbara Palombelli tenta invano di contenere, fanno pensare a un razzismo strisciante e diffuso.

Giudizi che non tengono conto, per esempio nel caso del ponte sullo stretto, di cosa ha dichiarato la comunità scientifica internazionale.

IL DOCUMENTO FIRMATO DA 40 ESPERTI

In un documento firmato da 40 ordinari di costruzioni (compreso l’ingegnere  giapponese Yasutsugu Yamasaki, progettista di ponti sospesi, o l’ingegner Giulio Ballio, professore emerito di Tecnica delle costruzioni, già rettore del Politecnico di Milano) si legge: «Siamo consapevoli che ci compete difendere un progetto se infondatamente bistrattato con conseguenze che potrebbero determinare la dissipazione di un grande patrimonio ingegneristico, scientifico e socioeconomico a oggi consolidato in un progetto definitivo.                   Siamo altresì consapevoli – continuano – della necessità di richiamare l’attenzione sulla realtà dei fatti, per superare posizioni troppo spesso retoriche e non basate su criteri tecnici e scientifici. Lo straordinario lavoro svolto da un grande team internazionale, a guida italiana, al quale hanno partecipato studiosi e istituzioni scientifiche tra i più autorevoli del mondo, nonché leader mondiali nella progettazione di ponti sospesi e nella realizzazione di grandi opere, rischia oggi di essere definitivamente perso. Trascinando con sé tutte le importanti ricadute in termini di sviluppo e coesione territoriale italiani». 

Bene: quello che questi accademici, scienziati dicono diventa irrilevante per Cingolani che si consente di aver dubbi perché «lì vi è una criticità sismica». Che poi Salini di We Build rilasci delle dichiarazioni circa i tempi di costruzione, contraddicendo il ministro Enrico Giovannini sulla possibilità che possa essere inserito nel Recovery plan, considerata la scadenza supposta del 2026, non conta.

Lui non viene chiamato dai ministri per accertare una realizzabilità tecnica che è stata affermata da un’azienda, eccellenza italiana nel mondo, che costruisce ovunque, ma le cui capacità evidentemente vengono messe in discussione in patria. 

Che poi Gaetano Armao, vicepresidente della regione Sicilia, oltre che docente universitario, faccia fare una ricerca da Prometeia che dimostra che i costi dell’insularità per la Sicilia sono di sei miliardi all’anno, e che quindi il ponte si ripagherebbe in un solo anno, anche questo diventa irrilevante in un approccio del sentito dire, dei luoghi comuni, delle paure ataviche umane di chi pensa che un ponte a campata unica non possa reggere, visto che deve fare un salto di tre chilometri.

COSTI AMMORTIZZATI

Lo studio della Regione dice: «L’insularità costa 6,54 miliardi di euro annui del Prodotto interno lordo regionale. Tenendo in considerazione i costi dei trasporti e le conseguenze sugli operatori economici e i vari settori di attività, la stima dell’impatto della riduzione dei prezzi sul Pil risulterebbe pari al 6,8 per cento. A rivelarlo è uno studio – “Stima dei costi dell’insularità per la Sicilia” – condotto dal governo Musumeci, con il supporto dell’Istituto di ricerca Prometeia, istituto con credibilità internazionale».

 Forse è il caso che sul tema di questo secolo del Paese, che è lo sviluppo del Sud, il presidente Mario Draghi faccia adottare ai suoi ministri quella riservatezza che tutto il governo sta adottando per gli argomenti importanti, per evitare di sentire sproloqui inconcludenti, e che poi si occupi personalmente dei dossier più importanti, tra i quali l’alta velocità ferroviaria per il Mezzogiorno e conseguente tracciato montano o marino, compreso il salto dei tre chilometri, per evitare la sensazione che sul  parente povero, «ogni villan che parteggiando viene», come dice Dante,  possa esprimere giudizi e dare soluzioni, perlomeno avventate se non improvvisate.


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