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Per l’Europa il divario nella capacità fiscale si traduce in un importante divario nella spesa pubblica tra nord e sud; l’Italia deve accelerare sulla coesione


Nord-Sud, uno storico divario mai colmato. Un monito a fare di più è giunto dalla Commissione europea. Nelle raccomandazioni specifiche del pacchetto primavera del semestre europeo, il nostro Paese viene invitato ad accelerare sulla Coesione. “Sebbene l’Italia abbia compiuto progressi nell’attuazione della politica di coesione e del pilastro europeo dei diritti sociali, permangono sfide a livello regionale e persistono disparità tra Centro-Nord e Sud”. “È fondamentale accelerare l’attuazione dei programmi della politica di coesione, insieme al rafforzamento della capacità amministrativa, a livello nazionale e in particolare a livello subnazionale – afferma – Le priorità concordate nei programmi restano pertinenti”.

Il rafforzamento della propria coesione economica, sociale e territoriale è uno dei principali obiettivi dell’Unione Europea. L’Unione dedica una parte significativa delle sue attività e del suo bilancio alla riduzione del divario tra le regioni, con particolare riferimento alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici.

Attualmente per l’Europa il divario nella capacità fiscale si traduce in importanti divergenze nella spesa pubblica tra Sud e Nord. Il ritardo economico del Mezzogiorno rappresenta la più importante fonte di disuguaglianza per l’Italia e uno dei maggiori freni alla crescita economica complessiva del nostro Paese. Nel Mezzogiorno vive un terzo della popolazione italiana ma è prodotto poco più di un quinto del Pil, dalle regioni meridionali si origina appena un decimo delle esportazioni nazionali. A partire dalla crisi finanziaria, il ritardo del Mezzogiorno in termini di Pil per abitante si è dunque ampliato, in parte seguendo una tendenza all’aumento dei divari territoriali che ha riguardato la maggior parte delle economie avanzate. I processi diffusivi dello sviluppo economico si sono infatti indeboliti e si è accentuata la distanza tra le regioni periferiche e le aree che vantano centri urbani in grado di sviluppare forti economie di agglomerazione.

Uno scenario avvalorato dall’ultimo report Istat sulle risorse destinate ai servizi sociali e socio-educativi, pubblicato il 19 giugno scorso, da cui emerge chiaramente come il Mezzogiorno sia già in svantaggio rispetto alle regioni settentrionali. Nel 2021 la spesa dei Comuni per questi servizi ha raggiunto i 10,3 miliardi di euro, con il Servizio Sanitario Nazionale e i contributi degli utenti che hanno coperto una parte consistente di tali costi.

Tuttavia, considerando le cifre al netto delle quote di compartecipazione, l’aumento del 6,7% rispetto all’anno precedente evidenzia una crescita particolarmente marcata al Sud, con incrementi significativi in Calabria (27,6%), Puglia (18,5%) e Basilicata (17,2%). Nonostante questi incrementi positivi, però, il divario regionale rimane notevole. Nel dettaglio, anche se la spesa dei Comuni, al netto delle integrazioni del Ssn e delle quote pagate dagli utenti, è aumentata del 6,7% rispetto al 2020 (4,7% tenendo conto dell’inflazione), con un maggiore incremento al Sud (8,1% in valuta corrente, 6,1% in termini reali), restano comunque ampi differenziali rispetto alle altre aree del Paese.

Al Nord-Est, infatti, si registra la spesa più alta (197 euro pro-capite), quasi tre volte superiore rispetto al Sud (72 euro). Il Nord-Ovest e il Centro (156 e 151 euro pro-capite rispettivamente) sono poco al di sopra della media nazionale (142), le Isole poco al di sotto (134 euro), ma con una notevole differenza fra la Sardegna (ben 279 euro pro-capite) e la Sicilia (86 euro). A livello regionale i maggiori incrementi di Calabria (27,6%), Puglia (18,5%) e Basilicata (17,2%) non sono sufficienti per modificare sostanzialmente questi divari.
La spesa dei Comuni della Calabria, ad esempio (37 euro pro-capite), mantiene una grande distanza rispetto alla media nazionale (142 euro) e soprattutto ai territori che investono più risorse: la Provincia Autonoma di Bolzano si attesta su 592 euro, seguono tre regioni a statuto speciale (Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Valle D’Aosta), la Provincia Autonoma di Trento, l’Emilia-Romagna (al di sopra dei 200 euro pro-capite). Inoltre, per quanto riguarda la disponibilità di risorse per i servizi sociali, i Comuni più grandi del Centro e del Nord sono ben al di sopra del resto del Paese, mentre al Sud spendono meno della media italiana e dei Comuni più piccoli del Nord.

“L’economia delle regioni meridionali è fortemente dipendente dalla spesa pubblica – sostiene la Commissione europea – ma i Comuni del Mezzogiorno d’Italia hanno una capacità di spesa inferiore rispetto a quelli del Nord”. Negli ultimi anni, le Leggi di Bilancio (2021 e 2022) hanno tentato di standardizzare l’offerta dei servizi sociali attraverso i Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali (LEPSi), stabilendo criteri minimi di assistenza in base alla popolazione residente. Tuttavia, nonostante questi sforzi normativi, i divari territoriali rimangono marcati, con il Nord che continua a beneficiare di risorse superiori rispetto al Sud e alle isole.

VALUTAZIONE DEGLI SQUILIBRI MACROECONOMICI

La Commissione ha valutato l’esistenza di squilibri macroeconomici nei 12 Stati membri selezionati per un esame approfondito nella relazione 2024 sul meccanismo di allerta. Nel complesso, dopo il grande deterioramento delle ragioni di scambio del 2022, gli squilibri macroeconomici hanno mostrato una tendenza ad attenuarsi nella maggior parte degli Stati membri. Francia, Spagna e Portogallo non presentano più squilibri in quanto le loro vulnerabilità sono complessivamente diminuite. I rischi per la sostenibilità di bilancio saranno esaminati nell’ambito delle regole di bilancio riformate. La Grecia e l’Italia, che fino all’anno scorso presentavano squilibri eccessivi, presentano ora squilibri; infatti, nonostante siano diminuite, le vulnerabilità continuano a destare preoccupazione. I rischi per la sostenibilità di bilancio saranno esaminati nell’ambito delle regole di bilancio riformate. La Slovacchia presenta ora squilibri.

Le vulnerabilità relative alla competitività dei costi, al saldo con l’estero, al mercato immobiliare e al debito delle famiglie si sono protratte e non è stata avviata alcuna azione politica. La Romania presenta ora squilibri eccessivi, che non erano eccessivi fino allo scorso anno, poiché permangono vulnerabilità relative ai conti con l’estero, dovute principalmente a disavanzi pubblici elevati e in aumento, mentre le significative pressioni sui prezzi e sui costi sono cresciute e l’azione politica è stata debole. Germania, Cipro, Ungheria, Paesi Bassi e Svezia continuano a presentare squilibri.


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