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L'area del porto di Gioia Tauro

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L’IDEA delle Zes sembra essere quella vincente per il Sud. Il report, presentato da The European House Ambrosetti a Roma, e incentrato su Campania e Calabria, dimostra che, rispetto all’attrazione di investimenti dall’esterno dell’area e alla creazione di posti di lavoro nel manifatturiero, lo strumento funziona. Il commissario straordinario Giosy Romano della Zes Campania conferma che in un anno sono stati dati via libera a circa 1 miliardo di investimenti con l’autorizzazione unica e sono stati creati oltre 3.500 posti di lavoro. Da gennaio si passerà alla Zes unica per il Sud ma l’esigenza che gli investimenti si attivino collegandoli alla logistica, utilizzando al meglio la portualità meridionale, rimane sempre valida. Così come dovrà essere cura del Governo, inteso come unità centrale che si occupa degli investimenti, far sì che le aree scelte siano molto più controllate che il resto del territorio per quanto attiene alla criminalità organizzata.

Da sempre uno degli elementi che ha scoraggiato gli investitori internazionali a localizzare le proprie attività nel Mezzogiorno ha riguardato la presenza della criminalità che ha condizionato, spesso con le sue infiltrazioni nella politica, nei permessi, nei finanziamenti, e quindi negli insediamenti, la volontà di scendere al Sud. La storia di ciò che è accaduto con il porto di Gioia Tauro la dice lunga sui blocchi possibili e sul danno che può provocare la presenza di cosche criminali.

Nelle aree prescelte perché, per quanto possa la Zes essere unica per tutto il Sud, immagino che bisognerà individuare aree che forniscano elementi di attrazione maggiore, bisognerà intervenire con forme di controllo del territorio, possibilmente aiutandosi con la più moderne tecnologie, per avere aree “criminal free”, cosa estremamente complessa ma certamente indispensabile. Concentrarsi poi sui collegamenti di tali aree con porti, aeroporti, alta velocità ferroviaria e autostrade è un modo per accrescere la loro attrattività.

Un’attenzione particolare va dedicata al cambiamento prossimo per evitare che il passaggio da otto Zes, gestite localmente, ad una unica per il Sud gestita centralmente porti a un blocco delle autorizzazioni, che significherebbe ritardi e in alcuni casi addirittura perdita degli eventuali investimenti in itinere. Uno dei grandi vantaggi dello strumento è proprio quello dell’autorizzazione unica che elimina una serie di passaggi che significano accorciamento dei tempi. Perdere la tempistica ridotta e ricominciare con tempi non più certi significa abbandonare uno dei vantaggi che ha fatto funzionare l’idea. In tale logica lo studio dell’ Ambrosetti suggerisce che «dovrà mantenere un approccio radicato al territorio, fungendo da cabina di regia per identificare una strategia di sviluppo armonica in tutto il Sud» e poi propendere per Zes miste superando l’attuale impostazione “generalista” dell’Italia”.

Cosa voglia dire una strategia di sviluppo armonico non è sufficientemente chiaro, se si parla di manifatturiero scegliere quali attività debbano insediarsi e quali invece vanno scoraggiate potrebbe essere estremamente pericoloso, considerato che il tipo di investimento è giusto che venga scelto dall’imprenditore, che sarà punito dal mercato nel caso in cui dovesse fare delle scelte inopportune. Voler indirizzare con un’azione programmatoria che assomiglia molto a una pianificazione è estremamente rischioso.

Ma l’analisi di Ambrosetti è una dimostrazione della bontà dello strumento, e che quindi l’idea della zona economica speciale, che Svimez portò avanti sollecitando la legge del 2017, avendo chiaro che il potenziamento del manifatturiero dovesse essere la strada maestra per raggiungere gli obiettivi di occupazione che esistono nel Mezzogiorno, era corretta. Che seguire la strada tracciata da Pasquale Saraceno rimaneva un percorso virtuoso anche dopo mezzo secolo. Mentre la migliore dimostrazione di quanto possa far bene alle regioni meridionali l’utilizzo di questo strumento, che fa della sburocratizzazione (lo sportello unico digitale) e del credito d’imposta i suoi pilastri, sono i risultati conseguiti, al netto di alcuni difetti riguardanti la perimetrazione precedente, spesso clientelare.

Il report citato dimostra che la Campania è stata di gran lunga la Regione che ha saputo sfruttare meglio questa opportunità. Infatti lo studio rileva che gli investimenti attratti dalla Zes attiveranno 23 miliardi di euro in termini di Valore Aggiunto e oltre 20.000 posti di lavoro. La Calabria non ha avuto lo stesso brillante andamento (l’impiego di fondi e investimenti sfiora i 20 milioni di euro per 11 autorizzazioni) ma come sottolinea il governatore Roberto Occhiuto «l’esperienza della Zes risponde ad una visione di politica industriale che va sostenuta e che anche con la Zes unica dovrà riguardare da vicino la logistica e la portualità delle regioni meridionali».

Per questo bisogna lavorare in continuità rispetto al processo che ha riguardato le otto zone economiche speciali, che, con l’inizio del 2024, confluiranno nell’unica struttura che nel corso dell’esame in prima lettura alla Camera è stata disciplinata, attraverso l’ istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri di una cabina di regia Zes con compiti di indirizzo, coordinamento, vigilanza e monitoraggio e di una struttura di missione per la Zes che, probabilmente, andrà in giro per il mondo per cercare investitori interessati a localizzare le proprie attività nel Sud Italia.

Anche le procedure per la cessazione delle attività dei commissari straordinari delle attuali otto realtà Regionali sono state normate con l’approvazione del decreto Sud, che ha già ottenuto il via libera definitivo del Senato con il voto di fiducia. Quindi aspettiamo i risultati del cambiamento non dimenticando che i tre milioni di posti lavoro che mancano nel Sud, oltre che dalla logistica e dal turismo, in misura consistente dovranno provenire dal manifatturiero, branca che potrà aiutare anche il capitale umano formato di livello a non emigrare.


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