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C’E’ UNA paginetta della Relazione illustrativa alla Legge di Bilancio del 2024 trasmessa al Senato che più di ogni altra dà l’esatta dimensione dei fattori che limitano i margini di azioni della finanza pubblica sul fronte della crescita economica: in termini di composizione della spesa, si legge infatti nel documento, “al netto delle spese per il rimborso del debito e dei fondi da ripartire (quest’ultimi troveranno solo in corso di esercizio una puntuale destinazione), oltre il 25 per cento degli stanziamenti (219,7 miliardi) è finalizzato alle politiche di previdenza e assistenza e ad altre forme di sostegno, prevalentemente assegnati alle “Politiche previdenziali” (135,1 miliardi)”. Se a questa cifra aggiungiamo che la spesa per interessi, come si legge sempre nella Relazione predisposta dal ministero dell’Economia, rappresenta l’11,2 per cento del totale (96,9 miliardi), emerge di fatto che oltre il 36% della nostra spesa pubblica è praticamente ipotecato fra previdenza e gli oneri per finanziare il debito pubblico monstre che abbiamo sul groppone.
Un altro 18% della spesa pubblica è assorbito dall’istruzione e la sanità (154 miliardi) mentre per le misure destinate allo sviluppo (incentivi, credito di imposta e dintorni) le risorse disponibile non superano il 14%, la metà di quello che spendiamo fra assistenza e previdenza. La spesa per i servizi istituzionali e generali assorbe il 14,2 per cento del totale (122,5 miliardi) e quella per i servizi pubblici generali il 9,6 per cento (82,9 miliardi), in buona parte destinati alla missione “Difesa e sicurezza del territorio” (29 miliardi) e alla partecipazione italiana alle politiche di bilancio in ambito UE (23,7 miliardi). Il resto sono solo “spiccioli”: gli interventi relativi alla cultura, all’ambiente e alla qualità della vita, ad esempio, assorbono solo lo 0,8% del totale degli stanziamenti, 7,3 miliardi in tutto.
Questi numeri giustificano anche la stretta sulle pensioni anticipate prevista nella manovra, con la proroga dell’Ape sociale ma con l’aumento del requisito anagrafico di cinque mesi e di un anno per opzione donna, con una spesa complessiva di circa 300 milioni in tutto. Ma è soprattutto sulla riedizione di Quota 103, vale a dire 62 anni di età e 41 di contributi, che si sono fatti più stringenti i criteri per l’uscita dal lavoro, con il calcolo dell’assegno pensionistico sulla base del sistema contributivo, la soglia di 4 volte la pensioni minima per gli importi e, infine, il prolungamento delle finestre di uscita a 7 mesi per i lavoratori privati e a 9 per quelli pubblici. Un mix di “paletti” che consentirà al governo di limitare al massimo il numero dei pensionamenti anticipati (circa 17mila) riducendo lo stanziamento a poco più di 150 milioni per il 2024.
Sul fronte delle entrate, invece, la manovra prevede una fortissima cura dimagrante per i bilanci dei ministeri. Non solo dovranno ridurre le spese, nel prossimo triennio, di almeno 2,5 miliardi. Ma ci sarà anche una forte riprogrammazione delle risorse assegnate: circa 2 miliardi di euro per il 2024, 4,8 miliardi di euro nel 2025 e circa 7,8 miliardi di euro per il 2026. A tutto questo occorre poi aggiungere una riduzione di 2 miliardi l’anno prossimo (e di 0,5 miliardi annui fra il 2025 e il 2027) del fondo per l’avvio delle “opere indifferibili” e le micromisure per il contrasto contro l’evasione fiscale, a partire dall’innalzamento dall’8 all’11% della ritenuta effettuata da banche e Poste sull’accredito dei pagamenti relativi ai bonifici sui crediti di imposta. In tutto una raffica di interventi che dovrebbero portare nelle casse dello Stato altri 3,5 miliardi di euro.
Fra le ultime novità della manovra, anche la spinta alla possibilità di prelevare contanti negli esercizi commerciali dotati di Pos (come tabaccai, edicole, farmacie, supermercati), soprattutto nelle aree interne e nei piccoli comuni, anche per bilanciare la chiusura degli sportelli bancari tradizionali. I controlli anti-riciclaggio scatteranno oltre i 250 euro in caso di operazioni tramite soggetti convenzionati e agenti. Ricco anche il tradizionale capitolo delle micromisure, dal finanziamento dei giochi per Taranto fino alle cure palliative. La manovra stanzia, poi, per il Giubileo nuovi fondi per 608 milioni di euro in tre anni. Nel dettaglio viene istituito un fondo ad hoc al ministero dell’Economia con 388 milioni nel triennio (75 nel 2024, 305 nel 2025 e 8 nel 2026), risorse che serviranno “per la pianificazione e la realizzazione delle opere e degli interventi funzionali all’evento” ma anche, come spiega la relazione tecnica, “per l’assunzione di personale con forme di lavoro flessibile”.
Altri 220 milioni (50 nel 2024, 70 nel 2025 e 100 nel 2026) vengono stanziati per interventi in conto capitale. Una parte delle coperture arriverà dall’aumento delle tassa di soggiorno cha a Roma e Venezia potra arrivare a 12 euro. Anche le altre città potranno aumentare la tassa fino a un massimo di 7 euro. L’obiettivo dell’esecutivo resta comunque quello di accelerare al massimo i tempi di approvazione della Legge di Bilancio con l’impegno, da parte delle forze della maggioranza, a non presentare proposte di modifica.
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