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Ritardi e rallentamenti sulla tabella di marcia del Pnrr: nei numeri della relazione della Corte dei conti alle Camere sullo stato di attuazione si ritrovano le ragioni dell’invito a mettersi “alla stanga” che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, citando Alcide De Gasperi, ha formalizzato nei giorni scorsi e della necessità di una revisione del programma che il ministro Raffaele Fitto ha posto sul tavolo di Bruxelles.
L’ammontare della spesa finora sostenuto dalle amministrazione dà misura dell’allarme: a fine 2022, secondo i dati forniti dal sistema Regis, era pari a oltre 23 miliardi – il 12% delle risorse complessive del Piano, ovvero 191,5 miliardi – legati a 107 delle 285 misure previste – 2 riforme e 105 investimenti -, in accelerazione rispetto ai 20,4 miliardi previsti nel triennio 2020-2022 grazie ai crediti d’imposta del piano Transizione 4.0 e ai bonus edilizi. Al netto di queste misure “il livello di attuazione finanziaria” precipita al 6%.
Eccezion fatta per la missione “Infrastrutture per una mobilità sostenibile”, dove la spesa raggiunge il 16,4% delle risorse disponibili, le altre si attestano ben al di sotto del 10%, tre non arrivano nemmeno a sfiorare la soglia del 5% (si veda tabella in pagina).
In particolare, dall’analisi della movimentazione dei conti di tesoreria per i nuovi progetti emerge che fino a febbraio 2023 le amministrazioni centrali avevano trasferito ai soggetti attuatori degli interventi – enti locali e società pubbliche – fondi per 4,8 miliardi, circa il 70 per cento delle disponibilità. Facendo un confronto tra flussi finanziari, il relativo cronoprogramma e le risorse previste per i nuovi progetti, i giudici contabili rilevano come “oltre la metà delle misure interessate dai flussi mostri ritardi o sia ancora in fase sostanzialmente iniziale dei progetti”. Se si considerano invece le iniziative “in essere”, guardando alle voci di bilancio che ne accolgono le risorse, “i dati ancora non definitivi di consuntivo mostrano un livello di pagamenti di competenza di 2,4 miliardi nel 2022, superiore a quello di 1,5 miliardi del 2021: un tasso di finalizzazione degli stanziamenti in crescita nel triennio, si rileva, ma comunque fermo nel 2022 al 41% (dal 20,3 % del 2020 e 30,5 % del 2021). L’avanzamento dei pagamenti, si evidenzia, procede “particolarmente a rilento” nelle missioni legate alle politiche agricole, all’istruzione scolastica e agli interventi per la resilienza e la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei Comuni.
La Corte evidenzia che con la Nadef il governo ha già proceduto a una traslazione delle spese per oltre 20 miliardi previste per il triennio 2020-2022. Il recupero nel trend di spesa, considera la Corte, avrà luogo a partire dal 2023, esercizio nel quale è prevista un’accelerazione, rispetto al quadro iniziale, di oltre 5 miliardi. Alla fine del 2023 si stima che, nonostante il recupero, il livello della spesa cumulata dovrebbe rimanere inferiore di quasi 15 miliardi rispetto al quadro finanziario iniziale. Mentre un picco di spesa è atteso per il biennio 2024-2025, quando dovrebbero spendersi oltre 45 miliardi l’anno.
Sul fronte degli obiettivi, la Corte “certifica” il raggiungimento di tutti i 55 target 2022. Nel semestre in corso sono in programma 27 obiettivi europei, 20 milestone e 7 target: di questi solo un target risulta già conseguito. A remare contro, più che la difficoltà – che è considerata media o bassa – sono i tempi di adozione dei provvedimenti normativi o regolamentari, la bassa partecipazione ai bandi o criticità nella rendicontazione dei progetti. Nel primo semestre ricadono anche 55 scadenze nazionali.
A rilento anche i programmi del Piano complementare che scontano le criticità legate alle tensioni inflazionistiche e al rialzo dei prezzi dei beni energetici. E un ulteriore elemento di ritardo, secondo le amministrazioni responsabili degli interventi, è addebitabile ai tempi di conseguimento delle autorizzazioni da parte della Commissione europea in tema di aiuti di Stato.
Tornando alle risorse, la dote ripartita ai territori vale 72,8 miliardi finanziamenti. I Comuni sono soggetti attuatori del 53% dei progetti e del 42% del finanziamento delle misure ripartite.
In particolare, la “mappa” colloca nel Sud e nelle Isole il 39,2% delle risorse (28,6 miliardi), il 29,9% al Nord (21,7 miliardi) e il 15,2% al Centro (11 miliardi). Circa il 16% delle risorse (11,5 miliardi) non può essere individuato in una regione specifica. “Emerge con evidenza la corsia preferenziale attivata per il Mezzogiorno”, si rileva, dal momento che in tutte le regioni del territorio la quota di risorse assegnata supera peso demografico. La ragione sta nelle condizioni di svantaggio rilevate da tutti gli indicatori economici e sociali. La Corte sottolinea, poi, come di fronte “alle tendenze declinanti” del Mezzogiorno non siano stati messi in campo risorse ad hoc, anzi, sia sul fronte della spesa per consumi finali, sia su quello degli investimenti, le quote di risorse destinate al Meridione si sono ridotte: la prima è scesa sotto il 37% dopo il 2004, per collocarsi al 34,6 % nel 2020 (ultimo anno per il quale si abbia disponibilità di dati). Per quanto riguarda gli investimenti nel 2018 si è arrivati a un minimo del 29 %, da cui ci si è solo parzialmente allontanati nel biennio successivo, quando si è tornati al 29,3%.
Ora formalmente il Pnrr assegna al Mezzogiorno il 41% dei fondi, oltre il 45% la parte riferibile a “progetti identificati”. Molto dipenderà dalla capacità di spesa delle amministrazioni, al di là di un contesto segnato da tempi di realizzazione delle opere più lunghi che altrove. Ma, considerando l’immensa mole di risorse che si riverserà sul territorio tra Pnrr e fondi strutturali, anche dalla capacità di assorbimento di un territorio “con una bassa dinamica economica”. I giudici contabili hanno anche fatto il punto sulla governance del piano rilevando che l’impiego a tempo determinato del personale reclutato per l’attuazione del piano non ha consentito una continuità operativa delle strutture, criticità cui l’ultimo decreto Pnrr prova a porre rimedio avviando, previa selezione, la stabilizzazione delle figure.
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