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All’aumento delle risorse europee non corrisponde un altrettanto incremento della capacità di spesa delle Regioni, un campanello di allarme anche per l’esecuzione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. A suonarlo è la Corte dei conti nella Relazione annuale 2022 sui rapporti finanziari Italia/Ue e sull’utilizzo dei fondi europei.
Con i fondi del Pnrr l’Italia è passata nell’Unione europea da contributore a percettore netto, ma la notizia è positiva sino a un certo punto, perché «all’interno di uno scenario che vede significative interconnessioni tra il Pnrr e le politiche supportate dai Fondi strutturali – evidenziano i magistrati contabili – il quadro generale di attuazione finanziaria della programmazione 2014-2020 desta alcuni elementi di preoccupazione, legati principalmente alle maggiori risorse di provenienza europea cui ancora non corrisponde una dinamica positiva in termini di pagamenti. Questo, malgrado il lieve miglioramento registrato nella loro percentuale (55% al 31 ottobre 2022, contro il 48 del 2021)».
LA DOTAZIONE GLOBALE
L’assegnazione delle risorse aggiuntive relativa all’iniziativa React-Ue, articolata in otto Programmi operativi nazionali, ha incrementato la dotazione complessiva per la programmazione finanziaria da 50,5 a 64,39 miliardi di euro, in un quadro regolamentare che conferma il termine ultimo di ammissibilità della spesa al 31 dicembre 2023.
Termine comunque «impegnativo», osservano i magistrati contabili, nonostante sia stato realizzato il superamento, da parte di tutti i programmi, del target di spesa previsto dalla regola del disimpegno automatico, al 31 dicembre 2022.
Per quanto attiene all’attuazione finanziaria del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr) al 31 ottobre 2022, l’avanzamento della spesa ha raggiunto il 61,2% della dotazione finanziaria complessiva. Stando alla Relazione della Corte dei conti sui rapporti finanziari Italia-Ue e sull’utilizzo dei fondi europei, ammontano a 18,1 miliardi di euro i versamenti 2021 con cui l’Italia ha partecipato, a titolo di risorse proprie, al bilancio dell’Unione europea che, sul versante opposto, ha destinato al nostro Paese risorse per 26,724 miliardi, di cui 10,198 legati al Pnrr. Un aumento complessivo del 129,2% che, sottolineano i magistrati contabili, ha invertito la posizione italiana da quella di contributore a quella di percettore netto sul versante dei fondi europei.
Nella relazione, approvata con delibera numero 1/2023 dalla Sezione di controllo per gli affari comunitari e internazionali della Corte dei conti, la magistratura contabile ha specificato che la nuova posizione dell’Italia andrà valutata solo all’esito del programma di investimento legato ai Piani nazionali di ripresa e resilienza e, più in generale, alla realizzazione degli strumenti espansivi presenti nel quadro finanziario pluriennale vigente fino al 2027.
ACCREDITI IN AUMENTO
«Dai dati della Commissione – si legge nella relazione – l’apporto dell’Italia nel 2021 al bilancio unionale con versamenti, a titolo di risorse proprie, risulta di circa 18,1 miliardi, con una tendenziale diminuzione di -0,4 miliardi, rispetto al 2020. La risorsa Rnl occupa circa 15,411 miliardi, in aumento di 13,1 punti percentuali, con una incidenza sul totale dei versamenti pari a 85,1%, mentre nel 2020 risultava del 75%».
Da un’analisi di dettaglio emerge che l’ammontare degli accrediti (16,526 miliardi di euro), al netto delle risorse Ngeu, registra un aumento, rispetto all’anno precedente, solo del 41,7% e che il maggiore assorbimento degli importi da Ngeu (circa 10,2 miliardi di euro) è concentrato sulla rubrica “Coesione resilienza e valori”.
In termini di saldo, nell’esercizio 2021 il saldo netto tra versamenti e accrediti con gli importi “al netto del Ngeu” appare ampiamente per 1,6 miliardi. Mentre i differenziali tra versamenti e accrediti per gli importi comprensivi del Ngeu è positivo per 8,6 miliardi di euro. Dall’analisi storica della serie, per il periodo 2015-2021, il valore del saldo netto “cumulato”, senza considerare gli importi del Next Generation Eu, risulta negativo per un ammontare di 33,74 miliardi. In questo intervallo di riferimento l’Italia risulta avere sempre avuto una posizione netta di “contributore”, presentando un valore medio annuo di 4,8 miliardi.
«I valori integrati dalle risorse Ngeu – si legge – nel medesimo intervallo di riferimento 2015- 2021 è invece negativo, attualmente per un ammontare di 23,5 miliardi, con un conseguente mutamento della posizione netta dell’Italia in “percettore” e una riduzione del valore medio di partecipazione dell’Italia, espresso in termini di saldo medio annuo di circa 3,4 miliardi di euro».
All’interno di uno scenario – prosegue la Corte – che vede significative interconnessioni tra il Pnrr e le politiche supportate dai Fondi strutturali, il quadro generale di attuazione finanziaria della programmazione 2014-2020 desta alcuni elementi di preoccupazione, legati principalmente alle maggiori risorse di provenienza europea cui ancora non corrisponde una dinamica positiva in termini di pagamenti. Questo, malgrado il lieve miglioramento registrato nella loro percentuale: 55% al 31 ottobre 2022, contro il 48% del 2021. Sul fronte delle irregolarità e frodi, i 405 casi rilevati dalla Corte nel 2021 (aggiornati al giugno 2022) sono in lieve aumento sul 2020, con un importo complessivo (57,4 milioni di euro) per lo più riferito alle spese de-certificate (non incidenti cioè sul bilancio Ue, ma su quelli nazionale e/o regionali) e una prevalenza sulla politica agricola e sulla programmazione 2014-2020, rispetto a quella precedente, 2007-2013.
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