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Stabile l’inflazione a Novembre ma all’orizzonte si stagliano gli aumenti legati alle accise sui carburanti il cui taglio verrà ridimensionato
Questa volta l’Istat vede il bicchiere mezzo pieno. Dopo mesi in cui ha evidenziato l’esplosione dei prezzi al consumo, ieri, commentando il dato dell’inflazione di novembre, che è rimasto al +11,8% (+0,5% su base mensile) sullo stesso livello di ottobre, ha sottolineato che “se nei prossimi mesi continuasse la discesa in corso dei prezzi all’ingrosso del gas e di altre materie prime, il fuoco dell’inflazione, che ha caratterizzato sin qui l’anno in corso, potrebbe iniziare a ritirarsi”.
Sembra che l’Istituto di Statistica voglia lanciare al Paese un messaggio nel segno dell’ottimismo. Confermato peraltro dal trend del Pil del terzo trimestre dell’anno. Sull’inflazione prospettive favorevoli arrivano anche dalla Ue: nell’Eurozona attestandosi al 10% l’aumento dei prezzi registra un calo maggiore del previsto. Anche per l’Italia la stima Ue è del +12,5% contro il 12,6% di ottobre.
Entrando nel dettaglio della rilevazione Istat i numeri sottolineano comunque un trend ancora molto pesante. Ci sono alcuni segnali di rallentamento su base annua per i beni energetici non regolamentati (da 79,4 a 69,9%) e per gli alimentari non lavorati (da 12,9 a 11,3%), ma accelerano i regolamentati (da +52,6 a +56,1%) e i beni alimentari lavorati che raggiungono +14,4% dal 13,3% del mese precedente.
Resta pesante il carrello della spesa, ma con una crescita lenta (da+12,6 a +12,8%). Ancora una volta a trainare l’inflazione sono cibo ed energia. Anche se per gli energetici si avverte una frenata, per esempio dell’energia elettrica mercato libero, che però resta comunque elevatissima con +239%. In lievissima flessione anche il gasolio per il riscaldamento, quello per i mezzi da trasporto, benzina e altri carburanti.
Sul fronte degli alimentari sono sempre a peso d’oro i vegetali freschi e refrigerati e la frutta. Il risultato per Coldiretti è lo svuotamento delle tavole per il 47% delle famiglie italiane che non riescono a tenere il passo con i prezzi in continuo rialzo. Accanto agli italiani che tagliano gli acquisti, ci sono quelli (37%) che risparmiano sulla qualità, una percentuale che sale al 46% per i titolari di redditi bassi. Le rinunce, secondo quanto emerge da una indagine Coldiretti/Censis, “sono socialmente differenziate secondo una logica di food social gap con gli adulti e i giovani che tagliano molto più degli anziani, e i bassi redditi più che i benestanti”.
E anche per quanto riguarda le aspettative non si vedono segnali positivi nel prossimo anno. La crisi ha costretto le famiglie a rinunciare in primis agli alcolici, a seguire i dolci e i salumi. Ma a tavola si portano anche minori quantità di carne e pesce. Scatta poi l’allarme per la riduzione degli alimenti per bambini, con il 31% di persone che ne acquista di meno. Nonostante i “ritocchi” dei cartellini resistono – secondo le scelte rilevate da Coldiretti – i prodotti della dieta mediterranea: frutta, verdura e pasta. In ogni caso a guidare gli acquisti è il risparmio, dal discount alle promozioni.
Confcommercio ha espresso preoccupazione per la progressiva crescita dell’inflazione di fondo (+5,7% a novembre) che conferma come “le tensioni si siano ormai trasferite al sistema, elemento destinato a rendere più lungo e complesso il processo di rientro”. Nonostante l’aumento del Pil, per l’associazione “si addensano molte nubi sul futuro prossimo dell’attività economica”.
Confesercenti, da parte sua, ha auspicato che a novembre sia stato raggiunto un picco e che dunque dai prossimi mesi possa iniziare la fase di raffreddamento dell’inflazione, come sta già avvenendo dell’Eurozona. Lo scenario resta in ogni caso ad alto rischio per gli effetti negativi su consumi e imprese provocati dalla perdita di potere d’acquisto delle famiglie. Con un arretramento ai livelli del 2016 e 24,8 miliardi di spesa ancora da recuperare rispetto al periodo precedente al Covid.
E comunque il Natale che si sta avvicinando rappresenterà “il primo vero banco di prova per i consumi”. Federdistribuzione ha però già valutato, sulla base di una rilevazione dell’Ipsos, che per 3 italiani su 5 sarà un Natale sottotono con una frenata a volume dei consumi, sia food che non-food ormai in atto. Otto italiani su 10 si sono dichiarati preoccupati per l’impatto dell’inflazione sui loro bilanci e in particolare per quanto riguarda il cibo quattro italiani su dieci sono orientati a comprare solo lo stretto necessario e a limitare gli sprechi. Un terzo ha già tagliato gli acquisti o ha cercato soluzioni più economiche.
E anche per i primi mesi del 2023 Federdistribuzione ha prospetto un ulteriore rallentamento dei consumi. Continua a vedere nero il Codacons che con un’inflazione all’11,8% ha stimato una stangata di +3.625 euro annui per una famiglia tipo. Con i prezzi alimentari che hanno messo a segno un incremento del 13,6% solo per mangiare, un nucleo con due figli deve mettere in conto una spesa aggiuntiva di 1.018 euro rispetto allo scorso anno. Ed è allarme sul fronte dei consumi di Natale “perché con i prezzi a questi livelli, e con il caro-bollette che ancora incide sulle tasche delle famiglie, gli italiani saranno costretti quest’anno a tagliare la spesa per regali, addobbi, alimentari e altre voci legate alle festività, con immensi danni per il commercio e l’economia nazionale”.
Codacons ha ricordato che oggi sarà più costoso per gli automobilisti fare il pieno. Scatta infatti l’aumento delle accise su benzina, gasolio e Gpl. Per la benzina saliranno da 47,84 a 57,84 centesimi al litro, per il gasolio da 36,74 a 46,74 euro e per il Gpl da 18,26 a 26,67 centesimi. Tenendo conto dell’Iva al 22% l’associazione dei consumatori ha calcolato che l’aumento alla pompa per benzina e diesel schizzerà di 12,2 centesimi al litro. In pratica la benzina in modalità servito passerà da una media di 1,801 euro a 1,923 euro e il gasolio volerà a 2,007 euro da 1,885. Aumenti anche per i self. Per il pieno si dovranno spendere 6,1 euro in più e per due pieni al mese l’aggravio per famiglia sarà di 146,4 euro. Con un rimbalzo su prezzi e tariffe di moltissimi settori che potrebbero gonfiare ulteriormente l’inflazione.
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