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Carla Ruocco

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Carla Ruocco evidenzia l’importanza del monito di Mattarella sull’autonomia differenziata che viene sbugiardata dai numeri

Quelle pronunciate dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sono parole definitive. La questione dell’autonomia differenziata posta nei termini sollevati dal ministro Roberto Calderoli non solo è sbagliata, ma anche inopportuna. Poco meno di una provocazione. Il problema vero restano le disuguaglianze, il divario tra i territori.

«Il capo dello Stato ha esortato a rispettare i diritti di tutti. E i diritti si rispettano con i numeri e non con gli slogan. Noi decidemmo di fare un approfondimento e forse è proprio da lì, dai numeri che bisognerebbe ripartire», dice l’ex deputata Carla Ruocco. Da presidente della commissione d’inchiesta della Camera nata dopo la denuncia del nostro giornale (LEGGI) avviò un’indagine conoscitiva «sui sistemi tributari delle Regioni nell’ottica dell’attuazione del federalismo fiscale».

RUOCCO: «AUTONOMIA SBUGIARDATA DAI NUMERI» SPEREQUAZIONE DA 61 MILIARDI DI EURO

Emerse, lei ricorda ora, una realtà fatta di numeri, l’immagine di un Paese spaccato. Quello che ora qualcuno vorrebbe cristallizzare. «Il ricorso alla spesa storica per la ripartizione delle risorse avrebbe effetti devastanti – riprende Ruocco – È un obiettivo assolutamente opposto rispetto al piano perequativo. Chiamammo in audizione Francesco Boccia, e il ministro che a quel tempo occupava la poltrona di Calderoli lo confermò ufficialmente: l’applicazione della spesa storica alla spesa sociale e agli investimenti generava una sperequazione tra il Nord e il Sud del Paese di oltre 60 miliardi».

I LEP REALTÀ METAFISICA

L’articolo 117, 2° comma della Costituzione, introdotto dalla riforma del Titolo V, ha rimandato al legislatore il compito di determinare «i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Di Lep si parla da 21 anni ma sono rimasti una “realtà metafisica” (copyright Adriano Giannola, presidente della Svimez). Cosicché questa direttiva costituzionale è destinata a rimanere in dottrina, poco più di un esercizio teorico.

Ma dicevamo dei numeri. L’indagine conoscitiva condotta dal Parlamento e attualmente agli atti scoperchiò un vaso di pandora. La Ragioneria generale dello Stato – come abbiamo più volte scritto su questo giornale – regionalizza solo una quota molto bassa della spesa statale, mentre i conti pubblici territoriali relativi allo Stato regionalizzano molto di più. Dimostrò che il Centronord superava il Mezzogiorno anche a livello di aggregato, 13.400 euro pro-capite contro i 10.900 del Sud.

«Quell’indagine ora si è conclusa – osserva la Ruocco – A noi non spetta più calcolare la precisa entità del divario. È un compito del governo. Ma il nuovo governo deve garantire a un bambino che nasce a Reggio Calabria gli stessi diritti e le stesse opportunità di un bambino che nasce a Reggio Emilia. La questione dei diritti non può finire in secondo piano. È quello che il presidente Mattarella ha voluto dire a Bergamo l’altro giorno».

VENTI ANNI IN PERDITA

Nell’audizione che si tenne il 23 ottobre 2019, l’allora ministro Boccia (Pd) corresse Ruocco. Disse che i 60 miliardi in realtà erano 61, che qualcuno aveva arrotondato quel numero per difetto. «Un buco di vent’anni che abbiamo alle spalle – disse – Risorse che dovevano essere garantite in maniera equa su infrastrutture e sviluppo al Paese».

Dal 2001 al 2019, la quota di risorse medie trasferite alle Regioni del Mezzogiorno non è mai andata oltre il 24,5-25%, con picchi massimi del 28-28,5% e minimi del 19,5-20%. Ben al di sotto, dunque, di quel 34% che, in base alla media ponderata della popolazione, dovrebbero andare per legge al Sud, che pure costituisce il 40% del territorio nazionale.

RUOCCO E L’AUTONOMIA SBUGIARDATA DAI NUMERI: «CALDEROLI LEGGA I DATI DELL’INDAGINE CONOSCITIVA»

Al Mezzogiorno non è stata garantita quella fatidica soglia del 34%. Che vuol dire meno infrastrutture nelle aree meno sviluppate del Paese. «A mio avviso – dice ancora la ex presidente della Commissione Finanze della Camera – la direzione in cui si deve andare è opposta a quella del ddl Calderoli: deve tendere, come ha detto bene Mattarella, verso un riequilibrio. Non a caso il presidente ha fatto riferimento al Pnrr come occasione unica per colmare il gap. Quei fondi non ci vengono dati perché siamo un Paese a forma di Stivale o per altre bizzarre ragioni. Ma per colmare le disuguaglianze attraverso un circuito di investimenti. Infrastrutture anche educative che devono dare una spinta allo sviluppo economico e sociale del Paese».

Al ministro agli Affari regionali, Calderoli, consigliamo dunque di rileggersi i risultati di quell’indagine conoscitiva prima di riscrivere il suo disegno di legge sull’autonomia.

«Auspico – dice Ruocco – che lo faccia anche l’attuale presidente della commissione Finanze, Marco Osnato (FdI, ndr), che voglia cogliere l’occasione e con lo stesso livello di approfondimento. Perché la verità la dicono sempre i numeri».


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