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Un cantiere dell'alta capacità

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Abbiamo appreso una settimana fa attraverso una serie di comunicati stampa che: “parte il sistema di monitoraggio su tutti i progetti del PNRR. Le verifiche saranno mensili, in un calendario fitto che si apre il 20 luglio, per gli obiettivi da raggiungere entro un arco temporale ben preciso e impegna formalmente tutte le pubbliche amministrazioni centrali titolari degli interventi ma anche i soggetti attuatori, cioè una serie di enti che comprende anche Regioni, Provincie, Città metropolitane e Comuni. Istruzioni, modalità e calendario delle verifiche sono riportate in modo dettagliato in una apposita maxi – circolare diffusa dalla Ragioneria Generale dello Stato. Riferimento portante dei controlli sarà il ReGis, cioè il sistema informatico messo a punto dalla stessa Ragioneria che, in tal modo, diventa il “cervellone del PNRR”, un registro informatico in tempo quasi reale sugli Stati di Avanzamento dei vari e complessi filoni del Piano”.

Il ReGis si occuperà in realtà di tutto e le Pubbliche Amministrazioni dovranno indicare la situazione dei dati relativi al cronoprogramma procedurale delle misure (programmazione ed esecuzione); stato di esecuzione dei vari obiettivi dichiarati; stato di avanzamento finanziario, procedurale e fisico dei progetti ammessi al finanziamento del PNRR, anche quando le risorse della Unione Europea si limitano a sostituire i fondi nazionali.

Entro il 20 di ogni mese bisognerà caricare i dati relativi al mese precedente. Con questo controllo analitico e capillare prende corpo un cambiamento sostanziale nei confronti del PNRR e, a partire dai prossimi giorni, assisteremo ad una serie di cambiamenti sostanziali che tento di riportare di seguito:

  1. Questo quadro di aggiornamenti diffusi sullo stato di avanzamento reale sia dei programmi che dei progetti toglie ogni soggettività nella esposizione dello stato di avanzamento; toglie cioè il gratuito tentativo da parte di qualche membro del Governo o di qualche Pubblica Amministrazione di raccontare ipotesi di avanzamenti e non avanzamenti reali. Questo non solo per il PNRR ma come dirò dopo anche nei confronti dei programmi legati al Fondo di Coesione e Sviluppo, cioè a tutti i finanziamenti comunitari
  2. Una sistematica informazione come quella messa a punto dalla Ragioneria Generale dello Stato crea le condizioni per articolare, in modo oggettivo, le opere del nuovo PNRR in due distinte aree programmatiche: quelle del “Medio termine” e quelle del “Breve termine”. In realtà si consente in tal modo di utilizzare le risorse del PNRR per l’attuazione di un apposito Piano mirato al riassetto della offerta energetica. Un Piano che si aggira intorno ad un valore di circa 80 miliardi di euro e tale importo viene garantito dalle opere che, proprio in base alla verifica oggettiva portata avanti dalla Ragioneria Generale dello Stato attraverso il ReGis, rischiano di non rispettare i tempi previsti dal PNRR, cioè non sono in grado di completare l’iter realizzativo entro il 31 dicembre 2026. La oggettività della operazione toglie possibili contenziosi da parte delle Amministrazioni che vedono scomparire dal Piano a breve termine le proprie opere e, soprattutto, da parte delle Regioni del Mezzogiorno che praticamente, almeno per le opere infrastrutturali, vedono passare il volano di risorse assegnato da un valore globale di circa 40 miliardi di euro a 3,8 miliardi di euro.
  3. Il Governo assicurerà che gli interventi che verranno inseriti nel Piano a medio termine saranno garantiti con risorse del bilancio dello Stato a partire sin dalla Legge di Stabilità del 2023 e non saranno più soggetti al vincolo temporale imposto dal PNRR. Questa ultima ipotesi, a mio avviso, annulla la forza posseduta dalle varie proposte inserite nel PNRR, cioè l’impegno a realizzare gli interventi entro e non oltre una data certa. L’altra negatività di una simile ipotesi è la completa assenza di garanzie che nel tempo un simile impegno sia onorato
  4. Ma questo tipo di controllo ormai terzo ed estraneo a possibili intrusioni da parte di diretti interessati alla gestione del Piano consentirà, nei prossimi giorni, una chiara identificazione delle responsabilità da parte di tutti coloro che fino a ieri avevano fornito dati davvero entusiasmanti sull’avanzamento del Piano e al tempo stesso, essendo ormai prossimi ad una verifica elettorale, emergeranno in modo incontestabile gli errori che i vari Dicasteri, le varie stazioni appaltanti hanno commesso in questa lunga fase di avvio del Piano; una fase durata due anni, ripeto due anni, e che non ha reso possibile l’apertura finora di nessun cantiere.
  5. Il rapporto con la Unione Europea su questa serie di modifiche e su questa prospettazione di un Piano B non sarà facile perché le Linee Guida definite sin dall’inizio ipotizzavano certamente la possibilità di una rivisitazione del Piano ma non un suo fallimento; infatti si utilizzano le risorse per il comparto energetico perché non si era stati in grado di far partire il Piano nella sua configurazione iniziale
  6. Un ulteriore problema esploderà sulla rivisitazione delle risorse previste nel Fondo di Sviluppo e Coesione 2014 – 2020; quel Fondo che dal 2014 al 2020 è rimasto praticamente bloccato: si sono infatti impegnati interventi per un valore di circa 24 miliardi su 54 miliardi assegnati e di questa parte impegnata si è speso solo un importo non superiore a 5 miliardi di euro.

Ora il Governo, verificato un simile fallimento, per non perdere le risorse entro il 31 dicembre del 2023 ha varato un Decreto Legge che all’articolo 56 comma 3 recita: “Con delibera del CIPESS da adottare entro il 30 novembre 2022, su proposta del Ministro per il Sud e la coesione territoriale d’intesa con il Ministro per l’economia e le finanze, a seguito di una ricognizione operata dal Dipartimento per le politiche di coesione e l’Agenzia per la coesione territoriale, anche avvalendosi dei sistemi informativi della Ragioneria generale dello Stato, sono individuati gli interventi infrastrutturali, privi al 30 giugno 2022 dell’obbligazione giuridicamente vincolante di cui al punto 2.3 della delibera del CIPESS n. 26/2018 del 28 febbraio 2018, aventi valore finanziario complessivo superiore a 25 milioni di euro, in relazione ai quali il CIPESS individua gli obiettivi iniziali, intermedi e finali con i relativi termini temporali di conseguimento, determinati in relazione al cronoprogramma finanziario e procedurale.

Il mancato rispetto di tali obiettivi nei termini indicati o la mancata alimentazione dei sistemi di monitoraggio determina il definanziamento degli interventi”. In questo modo il Governo evita una perdita secca di circa 21 miliardi di euro ma apre un contenzioso davvero preoccupante con gli Enti locali (Regioni, Provincie e Comuni) che, pur se responsabili di questa mancata spesa interpretano questa norma come un atto dirigistico che azzera i loro spazi decisionali e incrina, in modo irreversibile, le risorse assegnate dalla Unione Europea al Mezzogiorno. Fino alla istituzione del ReGis queste cose le conoscevamo in pochi da ora in poi le conosceranno in molti e forse diminuiranno le conferenze stampa e le interviste giornaliere di tanti responsabili della gestione della cosa pubblica.


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