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La ripresa tiene, ma rallenta di gran lunga. E le nuvole all’orizzonte potrebbero indurre a una revisione “pesante” delle stime sul Pil già “falcidiate” per via delle ricadute del conflitto in Ucraina, l’accelerata dell’inflazione, gli aumenti del costo dell’energia.
Nelle suo rapporto su “Le prospettive per l’economia italiana nel 2022-2023” l’Istat “vede” ancora un biennio di crescita del Pil per l’Italia ma nettamente ridimensionata rispetto ai dati stimati lo scorso dicembre: per spiegare il taglio di due punti percentuali che portano la crescita attesa per il 2022 dal 4,7% al 2,8% – mentre il 2023 si ferma a +1,9% -, l’Istituto chiama in causa, in particolare, la riduzione del commercio internazionale da +6,4% a +4,9%, il deprezzamento del tasso di cambio euro-dollaro da 1,18 a 1,04 e il rialzo delle quotazione del petrolio che da 70,4 dollari a barile è arrivato a 101,4. Il 2,8% dell’Istat si colloca tra il 3,1% previsto dal governo nel Def (circa il 2,4% nel 2023) e il 2,4% indicato a maggio dalla Ue.
Volgendo lo sguardo ai prossimi mesi, fino alla fine dell’anno, i tecnici dell’Istat intravedono “forti criticità” cui sono legati “elevati rischi al ribasso”: un ulteriore aumento dei prezzi, l’aumento dei tassi d’interesse ad opera della Bce per frenarne la corsa e la riduzione del commercio internazionale, avverte Fabio Bacchini, responsabile del servizio analisi e ricerca economica, sociale e ambientale dell’Istat, «sono tutti fattori che potrebbero minare pesantemente i numeri diffusi». In particolare, a pesare negativamente sul saldo della bilancia commerciale è l’aumento delle importazioni di beni energetici. Anche le aspettative di famiglie e imprese poi potrebbero peggiorare significativamente.
«Abbiamo un intreccio di concause che sono preoccupanti, che inevitabilmente faranno agire la Banca centrale nella direzione di contenere l’inflazione con una revisione dei tassi di interesse e questo in un Paese come il nostro, con un alto indebitamento, produrrà degli effetti e ci colpirà in maniera più intensa. Quindi gli interventi di bilancio che dovranno essere fatti dal governo dovranno essere ben mirati, ben calibrati, proprio per aumentarne l’efficacia e contenerne il costo», è il “suggerimento” dell’Istituto di cui si fa portavoce Cristina Freguja, direttore centrale Istat per le statistiche sociali e il welfare.
L’INFLAZIONE
Spinta dai rincari del petrolio, del gas e delle materie prime agricole, a maggio il tasso di inflazione è tornato a salire fino al 6,9%, dopo la frenata di aprile (+6%) determinata dal taglio delle accise e i bonus sociali introdotti dal governo per sostenere le famiglie e le imprese. Crescerà ancora nei prossimi mesi, secondo l’Istat, per poi attenuarsi ma sui tempi e l’intensità non ci si sbilancia.
Per quest’anno dovrebbe attestarsi al +5,8% e segnare +2,6% il prossimo. A preoccupare, sottolinea Freguja, «è l’alto aumento dei prezzi anche al netto dei beni energetici ed alimentari: l’inflazione di fondo è balzata al 3,3% e questo avviene più o meno allo stesso modo nell’area euro. Non è solo la questione del conflitto in Ucraina a determinare quell’andamento perché l’incremento dei prezzi è cominciato prima e questo è da collegarsi anche ai problemi climatici».
I CONSUMI
Il carovita pesa sui consumi che nei primi primi tre mesi dell’anno hanno registrato una flessione congiunturale. Per il 2022 si prevede un incremento delle spese delle famiglie (+2,3%), e le previsioni sono buone anche per il 2023, anche se con “numeri” più contenuti (+1,6%).
GLI INVESTIMENTI
Intanto dagli investimenti è atteso un “deciso” contributo alla crescita. Dopo la forte accelerata del 2021 (+17%), superiore a quella di Francia (+11,6%), Spagna e Germania (+4,3% e +1,1%), la spinta del comparto delle costruzioni (+5,5%), degli armamenti, macchinari e impianti (+4,3%) hanno assicurato un ciclo espansivo anche nel primo trimestre dell’anno (+3,9% rispetto al precedente). Gli investimenti pubblici previsti nel Pnrr, il sostegno alle costruzioni dovrebbero bilanciare elementi negativi, quali il peggioramento della fiducia e delle attese di produzione delle imprese e il possibile ritocco in su dei tassi di interesse: l’attesa è di un +8,8% nel 2022, + 4,2% nel 2023, quando il rapporto tra investimenti e Pil raggiungerebbe il 21,6%.
IL LAVORO
Sul fronte dell’occupazione, in linea con l’andamento dell’attività economica, si prospetta un aumento più accentuato nel 2022 (+2,5%) rispetto al 2023 (+1,6%) e questo si rifletterà anche sul tasso di disoccupazione che scenderebbe sensibilmente quest’anno (8,4%) e in misura più minore nel 2023 (8,2%). E’ previsto anche un aumento delle retribuzioni nel biennio (+2,6% e +2,2%).
A marzo, intanto, la quota di dipendenti in attesa di rinnovo era pari al 55,4%, rileva l’Istat che ha diffuso anche le nuove previsioni dell’inflazione IPCA al netto dei beni energetici importati, indicatore usato come riferimento per i rinnovi contrattuali: segna +4,7% nel 2022, +2,6% nel 2023 e 1,7% nel 2024-25. Ma, afferma Monica Pratesi, capo dipartimento della produzione statistica dell’Istituto, «l’eccezionalità della situazione che stiamo vivendo e gli scenari incerti potrebbero richiedere un aggiornamento dell’indicatore».
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