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A Roma la protesta di allevatori, agricoltori e cittadini per denunciare un'emergenza nazionale che sta provocando grossi problemi

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Mentre si continua a far pressione su Putin, l’ultima telefonata l’ha fatta il premier Mario Draghi, per sbloccare il trasporto del grano dall’Ucraina ed evitare una catastrofe alimentare mondiale e si intensificano gli appelli a produrre di più (la Ue ha sbloccato oltre 4 milioni di ettari vincolati), l’Italia si permette il lusso di perdere prodotti agricoli preziosi, oggi più che mai, lasciando che a raccoglierli siano i cinghiali.

Un paradosso. Da anni i cinghiali scorrazzano liberi nelle campagne distruggendo le coltivazioni. Ma nonostante le proteste rimaneva un problema degli agricoltori. Poi l’esercito degli ungulati si è rafforzato e ha invaso anche le città, spingendosi fino nel centro della Capitale e non solo. Ed è diventato così un problema nazionale. Oggi poi non è concepibile per un Paese dove i prezzi del cibo salgono vertiginosamente e i costi per gli agricoltori si impennano buttare alle ortiche grano, foraggi, uva, patate, olive ecc. La peste dei cinghiali ha portato alla creazione di zone rosse che stanno mettendo in difficoltà gli allevamenti dei suini e tutta la filiera della salumeria Made in Italy, settore di punta dell’export.

I danni provocati all’agricoltura e agli allevamenti dalla fauna selvatica (cinghiali, ma anche lupi) ammontano a più di 20 milioni ogni anno. Senza contare il costo enorme provocato dagli incidenti che continuano a mietere vittime da Nord a Sud del Paese. L’ultimo gravissimo si è verificato in Campania, in provincia di Caserta, ed è costato la vita a un ragazzo di 17 anni, mentre un altro versa in gravi condizioni.

Garantire cibo e sicurezza è dunque ormai un diktat. E dopo anni di tentennamenti e promesse mancate, impegni dissolti nelle aule parlamentari, il Governo sta affrontando concretamente l’emergenza. Ieri il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, intervenuto alla manifestazione promossa dalla Coldiretti nel cuore della Capitale per protestare contro una situazione ormai insostenibile, ha annunciato un’ordinanza in tempi brevissimi per procedere all’abbattimento dei cinghiali e all’allungamento dell’attività venatoria.

Basta – ha detto alle migliaia di agricoltori e coltivatori che hanno animato la manifestazione – con l’approccio ideologico, è l’ora di scelte coraggiose e di una politica pragmatica. Ha parlato anche di indennizzi, ma ha detto non sono la soluzione che è solo quella di ripristinare la normalità per consentire agli agricoltori di svolgere in sicurezza la loro attività. Ha riconosciuto quello che la Coldiretti da tempo va predicando e cioè che le vere sentinelle dell’ambiente sono i coltivatori che grazie alla loro presenza sui territori li preservano dall’abbandono e dal dissesto idrogeologico. E dunque ha parlato con chiarezza della necessità di depopolare drasticamente i territori dalla presenza di cinghiali. E bisogna intervenire anche nelle aree protette perché altrimenti da dove tutto è vietato possono tornare.

Dopo 4 manifestazioni a livello nazionale e tante regionali ieri la Coldiretti ha lanciato a governo e Parlamento l’ultimatum. Basta con gli interventi spot, bisogna agire come hanno fatto gli altri Paese colpiti dalla peste suina che hanno schierato l’esercito per abbattere i cinghiali. D’altra parte già dal lontano 2019 l’Efsa, l’autorità alimentare europea, nel vademecum stilato per evitare la diffusione della peste suina in Europa al primo posto aveva indicato un controllo rigoroso sui cinghiali.

E ieri finalmente le prime risposte concrete del Governo. “Forse perché – si è chiesto il presidente Ettore Prandini – i cinghiali sono arrivati nel centro di Roma? Se bisogna produrre di più dopo il Covid e con la guerra in corso non si può tollerare che 800mila ettari siano stati distrutti anche dai cinghiali. Con oltre due milioni di esemplari la situazione è gravissima. È paradossale che con i costi fuori controllo noi dobbiamo spendere di più per coltivare e il raccolto ci vien distrutto. Questa è l’ultima manifestazione pacifica che facciamo, – ha annunciato – se non otterremo risultati la prossima volta occuperemo Montecitorio poiché non è assolutamente sostenibile la situazione nella quale ci hanno messo. Ci sono famiglie di agricoltori che hanno perso la vita a causa dei cinghiali e degli altri selvatici ma in un Paese normale ciò non sarebbe possibile. Decine di migliaia di aziende sono state costrette a chiudere”.

L’organizzazione agricola ha chiesto risposte, ma non solo per affrontare l’emergenza, ma per risolvere strutturalmente il problema con la modifica della legge sulla caccia. A rischio c’è il futuro dell’agricoltura e soprattutto degli allevamenti di suini, una filiera che vale 20 miliardi di fatturato, 30mila imprese e 100mila addetti. Bruxelles ordina l’abbattimento negli allevamenti dell’area dove si riscontra la peste dei cinghiali: “dobbiamo uccidere suini sani, tagliando così approvvigionamenti ai cittadini mentre cresce la povertà e salviamo invece i cinghiali malati. I veri ambientalisti e animalisti sono gli agricoltori e gli allevatori che curano i loro animali”. Prandini mentre ha espresso apprezzamento per il Governo che sta affrontando l’emergenza, ha invece attaccato la burocrazia: un funzionario ministeriale ha infatti sostenuto in una lettera inviata alla Coldiretti che “la situazione è sotto controllo”.

Campi distrutti e allevamenti sotto stress per i burocrati non destano dunque allarme. Ai danni economici incalcolabili si aggiungono anche i disastri per l’equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali in aree di pregio naturalistico con la perdita di biodiversità sia animale che vegetale. E a rischio è anche l’export. Alcuni mercati come il Giappone e la Cina hanno già chiuso le frontiere ai salumi italiani Dop e gli spazi sono stati già coperti da altri Paesi. Così si tagliano le gambe all’export.

Per gli agricoltori non si può attendere un giorno di più. Lo hanno gridato con forza i giovani: non vogliamo più lezioni di ambientalismo e sostenibilità da nessuno- ha detto Veronica Barbati, delegata dei giovani Coldiretti. E anche per la presidente delle donne dell’organizzazione agricola, Chiara Bortolas, si deve spiegare bene ai cittadini che i suini sono sani, gli agricoltori devono vendere ed esportare: serve un patto con Comuni e regioni per mettere in sicurezza i territori, noi agricoltori non vogliamo seminare perché poi a raccogliere ci pensino i cinghiali, le sementi le paghiamo e vogliamo trovare i prodotti nei campi.

Sempre secondo l’indagine la fauna selvatica rappresenta un problema per il 90% dei cittadini considerato poi che nell’ultimo anno è avvenuto un incidente ogni 41 ore con 13 vittime e 261 feriti gravi a causa dell’invasione di cinghiali e animali selvatici. Negli ultimi dieci anni il numero di incidenti gravi con morti e feriti causati da animali è praticamente raddoppiato (+81%) sulle strade provinciali.


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