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La Commissione Europea

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Vi è un meccanismo che ha l’obiettivo di evitare che le realtà regionali e statali non rispettino i termini stabiliti per l’utilizzo delle risorse comunitarie. Si tratta di una regola per la quale i fondi che vengono messi a disposizione dall’Unione Europea per le realtà a sviluppo non compiuto e che non vengono utilizzati nei termini dovuti rientrano nella dotazione dell’Unione, che può indirizzarli verso le realtà più virtuose di altri Paesi.

Un meccanismo apparentemente saggio in realtà che sottende una forma di penalizzazione, che invece di colpire coloro che sono incapaci ed inefficienti in realtà determina la sottrazione dei fondi ai territori che ne avrebbero bisogno.

Mi spiego meglio: il motivo per il quale l’Unione Europea ha deciso che delle risorse vengano destinate alle realtà che hanno alcuni parametri non in linea con la media dell’Europa è di accelerare i processi di sviluppo di tali territori. Ciò vuol dire che le realtà a sviluppo ritardato hanno un’assistenza particolare e sono destinatari di risorse aggiuntive, che in genere vengono assegnate attingendo in parte a fondi comunitari ed in parte a cofinanziamenti degli Stati di destinazione.

Ma succede spesso che alcuni di questi fondi, per una serie di motivazioni tra le quali l’inefficienza della pubblica amministrazione, che però è effetto del sottosviluppo e che andrebbe considerata tra i problemi visto che l’obiettivo è quello di far spendere queste risorse, le Regioni destinatarie non riescono a spenderle nel periodo previsto dai piani di investimento.

Peraltro alcune volte vi sono delle lotte intestine all’interno delle Regioni, prevalentemente politiche, che prevedono che per alcune forze sia meglio non spendere alcune risorse piuttosto che farle spendere dalla parte politica avversa.

Per cui la cosa più semplice è che tali risorse alla fine vengano spese nell’ultimo periodo di programmazione. Ma questo è un gioco rischioso ed alcune volte si finisce col non avere la possibilità di spenderle.

In tal caso l’Unione recupera tali risorse.

Ecco questo percorso è fondamentalmente sbagliato e bisognerebbe attivarsi per evitare che il meccanismo permanga.

Infatti obiettivo del programma di aiuto alle realtà a sviluppo ritardato è quello di portare ad un percorso di sviluppo accelerato.

Ma se invece che aiutare i territori ad attuare la spesa si puniscono con la sottrazione delle risorse si ha un effetto probabilmente non voluto.

Cioè invece di punire coloro che sono stati incapaci a gestire e a spendere, togliendoli dalla cabina di comando che sovrintende a tali spese, si puniscono i territori che hanno così una doppia penalizzazione: la prima quella di aver avuto sottratte risorse importanti; la seconda quella di avere amministratori incapaci che rimangono al loro posto.

Ed allora bisognerebbe modificare tale procedura per cui le risorse dovrebbero rimanere destinati ai territori originari, mentre dovrebbero essere rimossi coloro che non sono stati in grado di spendere con provvedimenti di sostituzione o perlomeno di aiuto alla realizzazione dei programmi di sviluppo.

Ovviamente tale percorso è estremamente complicato soprattutto per le realtà, come l’Italia, nelle quali il problema dei fondi comunitari ed il perseguimento degli obiettivi collegati non è un percorso che riguarda tutto il Paese, ma spesso qualcosa che attiene ad alcune realtà ritenute periferiche, che con molta facilità vengono lasciate sole, perché si ritiene che la problematica sia minore e di territori limitati.

In Italia tale meccanismo è stato aggravato da un abitudine che ha fatto sì che le risorse comunitarie che dovevano essere aggiuntive rispetto a quelle ordinarie siano diventate sostitutive, per cui il Paese in realtà ha utilizzato per fini diversi le risorse che sono arrivate.

Quello che è accaduto anche con il PNRR. Infatti la destinazione anche con questo meccanismo non è stata rispettata, perché anche se le risorse destinate sono maggiori rispetto ad una popolazione che è il 33% e pari al 40%, certamente saranno meno di quanto siano state destinate dall’Europa con l’algoritmo che ricava gli importi da tre parametri differenti oltre che la popolazione, il tasso di disoccupazione e il reddito pro capite.

Tale meccanismo ha fatto sì che sia Germania che Francia abbiano avuto risorse a fondo perduto estremamente limitate, anche se le conseguenze del COVID-19 le hanno sofferte al pari di noi.

Questo approccio che prevede di penalizzare lo zoppo facendolo correre a fianco al sano e quindi quando perde penalizzandolo per tale performance negativa va assolutamente rimosso.

La causa del sottosviluppo è anche la mancanza di una struttura burocratica-amministrativa adeguata per cui è evidente che le amministrazioni regionali provinciali e comunali delle realtà arretrate abbiano problemi indicibili nel gestire le risorse e nel farle arrivare al territorio.

Per cui se i fondi devono servire a rimuovere alcuni condizioni di base negative è evidente che le amministrazioni devono essere prima di tutto aiutate nel gestire progetti, programmi e tempi per raggiungere gli obiettivi.
Punirli è totalmente inutile e mette in discussione gli stessi obiettivi che l’Unione si è data. E allora sostituzione dei poteri, iniezioni di capacità amministrative e burocratiche nelle amministrazioni più periferiche.

Se questo approccio, come ritengo, da parte dell’Unione è in buona fede sarà facile superarlo.

Per quanto attiene agli Stati nazionali quando vi sono delle risorse straordinarie che vanno a supplire alla mancanza di quelle ordinarie il discorso è più complicato. Perché in quel caso probabilmente vi è malafede ed è un modo per aggirare e non rispettare le destinazioni che l’Unione vuole dare.
Forse un maggior controllo di tale meccanismo non sarebbe male da parte della burocrazia dell’Unione, anche se è complicato perché i legami con i Paesi membri sono tali per cui i desiderata di questi ultimi in genere vengono più o meno accolti.


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