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Il temuto crollo non c’è stato: a marzo la produzione industriale italiana ha dato prova di resilienza di fronte al conflitto in Ucraina, il caro energia e le tensioni sulle materie prime. Ma resta alta ad aprile l’incertezza sull’evoluzione dell’economia italiana. È il quadro tracciato dall’Istat nel report mensile sull’andamento dell’economia italiana.
Dopo l’avvio dell’anno in negativo (-3,4%), e il rimbalzo di febbraio di 4 punti percentuali, a marzo – primo mese di guerra – l’indice della produzione industriale è rimasto invariato su base congiunturale, meglio quindi delle attese che lo davano in calo, del 2% secondo Confindustria, -2,6% Prometeia. Complice il dato di gennaio, nella media del primo trimestre il livello diminuisce dello 0,9% rispetto agli ultimi tre mesi del 2021.
Su base annua la produzione segna +3%, +1,3% il trimestre rispetto ai primi tre mesi dello scorso anno. L’economia italiana sembra tener botta, quindi, come rilevava domenica il nostro giornale: i servizi stanno andando bene, il turismo è in crescita, l’edilizia regge e reggono anche le esportazioni.
Nell’industria, eccezion fatta per i beni intermedi, segnala l’Istat, tutti i settori di attività crescono sia su base mensile che su base tendenziale. Su base annua gli incrementi più ampi riguardano i beni di consumo e l’energia.
In particolare, si registra un aumento congiunturale sostenuto per l’energia (+2,7%), più contenuta la crescita per i beni di consumo (+1,0%) e i beni strumentali (+0,4%). Mentre sono in diminuzione i beni intermedi (-0,7%).
Nel confronto annuale è il tessile a dar maggior prova di vivacità (+ 15%) a fronte delle sofferenze registrare durante la crisi pandemica. In crescita anche i computer e prodotti di elettronica (+7,5%) e la fabbricazione di macchinari e attrezzature (+7,4%). Le flessioni tendenziali maggiori si registrano nelle attività estrattive (-9,0%), nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-3,0%) e nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-1,8%). La produzione “tiene”, commenta Paolo Mameli, economista di Intesa Sanpaolo nel “Macro Rapid Respons”, ma avverte che la crisi geopolitica internazionale “non ha ancora dispiegato appieno i suoi effetti sull’attività industriale”.
Mameli imputa alla flessione dello 0,9% dell’industria nel primo trimestre “la responsabilità” del calo del Pil dello 0,2% del trimestre. “Il settore – sostiene – potrebbe frenare il Pil almeno per tutto il primo semestre dell’anno (ma non si può escludere un impatto più prolungato se il conflitto in Ucraina dovesse persistere). Inoltre, come suggerito dalle indagini, le imprese sembrano considerare l’impennata dei prezzi delle materie prime come temporanea, e non stanno prezzando uno scenario di possibile razionamento dell’energia”.
A fronte di questo scenario, Mameli evidenzia però come l’Italia sia l’unico tra i 4 principali Paesi dell’Eurozona ad aver più che recuperato i livelli di produzione industriale pre-pandemici (+2,7% rispetto ai livelli di febbraio 2020). Mentre Prometeia sottolinea che il nostro l’’unico fra i grandi Paesi europei a non registrare una caduta a marzo, nonostante i segnali degli indicatori qualitativi che riflettevano il peggioramento dei climi di fiducia dopo l’aggressione russa dell’Ucraina, a fine febbraio. Secondo la società di consulenza, poi, la produzione industriale dovrebbe tornare a crescere nel secondo trimestre dell’anno, anche se con un modesto 0,1%, rispetto al periodo precedente.
L’allungarsi della guerra, insieme alle tensioni inflazionistiche e al cambio di rotta delle politiche economiche “nutrono” la fase di rallentamento dell’economia internazionale e mantengono alta l’incertezza sulla crescita italiana. “L’incertezza sull’evoluzione dell’encomia italiana resta alta”, scrive l’Istat, sottolineando il peggioramento delle aspettative delle imprese manifatturiere e dei servizi, mentre i consumatori sembrano più ottimisti. Segnali positivi arrivano dal mercato del lavoro, che a marzo ha mostrato un deciso miglioramento, con un incremento dell’occupazione – +0,4%, 81mila posti di lavoro in più, con le donne a fare da traino – e una riduzione della disoccupazione e dell’inattività.
Segna un’inversione di tendenza l’inflazione che ad aprile decelera dopo nove mesi di continui rialzi, pure restando ai massimi dal 1991. Il rallentamento si spiega prevalentemente con l’andamento dei prezzi dell’energia (+42,4% rispetto al +50,9% di marzo), e riguarda sia la componente degli energetici regolamentati, che riflettono gli interventi del governo per contenere le bollette, sia i prezzi di quelli non regolamentati che risento delle oscillazioni delle quotazioni del petrolio. Mentre vola il carrello della spesa che sale del 6%. Dal canto suo, Bankitalia segnala un inasprimento delle condizioni finanziarie, con i tassi dei mutui che a marzo tornano sopra il 2%.
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