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La forte dipendenza italiana dalle importazioni di gas da Mosca pesa come un macigno sulle stime di crescita dell’economia del Fondo monetario internazionale: dopo il +6,6% del 2012, quest’anno per l’Italia si prevede una crescita del 2,3%, 1,5 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni di gennaio (3,8%). Per il 2023 si ferma a +1,7%, 0,5 punti percentuali in meno (+3,1% e +2,4% le previsioni per il biennio in questione nel Def).

In un’Eurozona che registra un taglio dal +3,9% previsto a gennaio a +2,8%, l’Italia incassa il ribasso più significativo insieme alla Germania (+2,1% nel 2022, con previsione rivista in ribasso di 1,7 punti percentuali): la ragione – spiega l’Fmi nel World Economic Outlook – risiede nelle presenza nei due Stati di “grandi settori manifatturieri” e nella “maggiore dipendenza” dalle importazioni di energia dalla Russia.

Sganciarsi da Mosca diventa sempre più urgente. Il governo prova ad accelerare sulla diversificazione dei fornitori e riprende la campagna d’Africa che, dopo l’Algeria, oggi e domani farà tappa rispettivamente in Angola e in Congo. La missione dovrà fare a meno del presidente Mario Draghi, in quarantena perché positivo al Covid. Con il presidente della Repubblica del Congo, Dénis Sassou N’Guesso, ieri ha parlato al telefono, in attesa di un prossimo incontro: al centro del colloquio “l’ampio potenziale del partenariato bilaterale, in particolare nel settore energetico”.

Dalla sua residenza in Umbria, a Città della Pieve, il premier seguirà la “spedizione” affidata ai ministri degli Affari esteri, Luigi Di Maio, e della Transizione ecologica, Roberto Cingolani – che saranno accompagnati dall’ad di Eni, Claudio Descalzi – insieme a tutti gli altri dossier sul tavolo di governo.

In video call ieri il premier ha anche preso parte al confronto con gli alleati sull’evoluzione del conflitto in Ucraina, organizzato dal presidente Usa, Joe Biden. Questi i temi sul tavolo: un più stretto coordinamento sul sostegno all’Ucraina, “in tutte le sue dimensioni”; rafforzamento del pressing sul Cremlino, anche attraverso nuove sanzioni; e impegno comune a diversificare le fonti energetiche e ridurre la dipendenza da Mosca.
Intanto in Algeria il governo ha siglato un’intesa – tradottosi nel contratto siglato tra Eni e Sonatrach – per aumentare gradualmente la fornitura di gas, attraverso il gasdotto TransMed, fino a 9 miliardi di metri cubi entro il 2023-2024. Tre miliardi di Gpl in più arriveranno dall’Egitto.

Il prossimo obiettivo è assicurare al Paese almeno 5-6 miliardi di metri cubi aggiuntivi entro il 2023, sviluppando anche un progetto già avviato da Eni in Congo. A maggio nuova tappa in Mozambico, e questa volta il premier dovrebbe tornare alla guida della missione.

Il governo prova ad arrivare a sostituire entro il 2023 almeno il 50% dei 29 miliardi di metri cubi annui garantiti finora dal gigante russo Gazprom: un terzo importato dall’Algeria, il resto dagli altri Paesi Africani e dal Qatar.

Sul fronte interno si spinge sulle rinnovabili, anche attraverso una maggiore semplificazione e un “taglio” all’iter autorizzativo che potrebbero trovare posto nel decreto atteso nei prossimi giorni con le misure di sostegno alle imprese e alle famiglie. Sul piatto ci sono i sei miliardi “recuperati” nel Def che ha già tracciato il perimetro dell’intervento: dal rafforzamento delle garanzie sul credito alla copertura dell’aumento dei prezzi delle materie prime per le opere pubbliche, dalle nuove misure contro il caro energia agli aiuti alle imprese colpite dalle ripercussione della pandemia e del conflitto, dal sostegno al sistema sanitario ancora alle prese con il Covid all’assistenza ai profughi ucraini. In questo perimetro i partiti – prossimi al confronto nelle urne di giugno – proveranno a far rientrare gli interventi di bandiera.

Una dote esigua in una situazione di emergenza economica, è la critica mossa al governo – seppur con toni diversi – anche dai partiti della maggioranza. Ma il premier Draghi e il ministro dell’Economia, Daniele Franco, mantengono per ora la linea del “no” allo scostamento di bilancio, in attesa che l’Europa trovi l’accordo su un Recovery di guerra. In caso contrario – il titolare del Mef lo ha ribadito più volte – il governo farà tutto il necessario per sostenere il potere d’acquisto delle famiglie e la sopravvivenza e la competitività delle imprese. In extremis anche nuovo deficit quindi.

Oggi intanto l’Aula della Camera e del Senato si esprimeranno sulle risoluzioni sul Def. La bozza del documento della maggioranza comprende 25 punti: mentre si lima il testo e si cerca un’intesa piena, a mettere d’accordo tutti i partiti c’è la richiesta al governo di valutare uno scostamento di bilancio se lo scenario economico dovesse peggiorare e le risorse disponibili non fossero sufficienti per sostenere l’economia, così duramente provata prima dalla pandemia e poi dall’inflazione e dalla guerra in Ucraina. Nella bozza, inoltre, si chiede “con urgenza un confronto costruttivo per l’istituzione di un Fondo energetico europeo straordinario, quale strumento, a disposizione dell’Unione europea e dei suoi Stati membri a supporto della lotta al caro energia, per garantire una maggiore autonomia sul fronte energetico”. E ci sono, tra le altre cose, anche due misure “sensibili” come la rottamazione delle cartelle esattoriali e l’ennesima proroga del Superbonus.


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