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Impianto eolico

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5 minuti per la lettura

di PIETRO MASSIMO BUSETTA
Ci eravamo dimenticati di essere al centro del Mediterraneo. Ma gli ultimi avvenimenti stanno imponendo al Paese qualche lezione di recupero della materia geografia. E stiamo riscoprendo tutti, il governo per primo che, oltre ad avere la testa nelle Alpi, l’Italia ha lo stivale nel Mediterraneo.

In realtà nulla di nuovo: i romani lo sapevano perfettamente e avevano fondato la loro potenza su una centralità che vedeva arrivare il loro impero da Sabratha o da Leptis Magna ad Edimburgo, dalla Gallia alla Cappadocia, in una dimensione che vedeva Roma, e quella che poi sarebbe diventata l’Italia, baricentrica rispetto a tutti questi territori.

È stata necessaria la guerra scoppiata con l’invasione dell’Ucraina per farci rendere conto di quanto questa posizione potesse essere importante. E di come il Bel Paese, con le sue due Isole maggiori, riempia nel Mediterraneo uno spazio che lo rende vicino a quasi tutte le coste che si affacciano su di esso.

Per non rimanere sempre alla sola Sicilia si può vedere come anche la Sardegna si ponga tra la Toscana e la Tunisia, per cui i progetti che la riguardano, anche se non ancora definiti, potrebbero ulteriormente limitare la dipendenza energetica da pochi Paesi, ed in particolare dalla Russia, che oggi si manifesta un fornitore pericolosissimo.

Quindi per quanto attiene all’aspetto geografico i territori del Sud diventano fondamentali perché dalla Puglia, che è vicina alla costa albanese e greca per cui la Tap può portare il gas approdando a Melendugno, alla Sicilia frontaliere del Nord Africa, alla Sardegna, che anche se a maggiore distanza da quella della Trinacria, si pone anch’essa di fronte alla costa africana, il territorio meridionale diventa strategico rispetto all’approvvigionamento energetico.

Ma questo è solo un aspetto delle possibilità che il Sud offre perché il territorio, che è il 40% di quello del Paese, ha tantissime aree agricole poco antropizzate, nelle quali è possibile avere campi di energia solare, che certamente rappresentano un’alternativa importante per l’incremento delle energie rinnovabili.

Peraltro i nuovi sistemi di parchi solari prevedono anche la possibilità della coltivazione del terreno sottostante per cui vi sarebbe un doppio utilizzo estremamente opportuno.

La quantità di colline esistenti nel panorama meridionale ci fanno capire come anche l’energia eolica possa essere raccolta ed indirizzata. Mentre la lunghezza delle sue coste ci fa capire come si possano impiantare campi eolici importanti, Alcuni dei quali possono essere assolutamente rilevanti, se si pensa che quello che si vorrebbe impiantare vicino alle Egadi, in realtà a 60 km di distanza, potrebbe fornire l’energia per quasi cinque milioni di abitanti

Ancora vi è da potenziare la tecnica necessaria per ricavare energia dal movimento delle maree e delle onde marine e certamente il canale di Sicilia potrebbe rappresentare un’area di grande interesse anche per questo genere di impianti.

Ma tutte queste localizzazioni, hanno avuto grandi ritardi per una ragione molto semplice: il cosiddetto fenomeno Nimby. Not in My Back Yard, non nel giardino di casa mia.

Sappiamo tutti che sono indispensabili, e che il Paese non può fare a meno di questi impianti se non si vuole trovare, come sta succedendo adesso, ad essere estremamente dipendente da alcuni fornitori, in questo caso la Russia, che in qualunque momento possono chiudere il rubinetto o utilizzare le risorse che ricavano dalla vendita delle energie fossili per finanziare una guerra di aggressione, costringendoci a riflettere se non sia il caso di restare al freddo o al caldo a seconda se parliamo di inverno o di estate, pur di non finanziare l’aggressore.

Certamente questo approccio non può essere condiviso e qualche sacrificio ambientale, come si è fatto anche a Venezia con Mestre, ma certamente a Taranto con l’Ilva, a Bagnoli con un impianto localizzato in un posto magico con una mancanza di visione incredibile, o a Termini Imerese piuttosto che a Milazzo, Gela, Pozzallo, Siracusa è necessario.

E dobbiamo renderci conto tutti che il territorio può alcune volte essere sacrificato per un bene collettivo più alto. Ma se tutto questo è vero è anche necessario che il Paese si faccia carico della responsabilità di ristorare, rispetto ai sacrifici richiesti, i territori con investimenti tali che possano rappresentare dei vantaggi.

Per cui posso anche pensare di dover vivere vicino ad impianti, che in ogni caso non devono confliggere con le condizioni che consentano di non avere malattie come è avvenuto invece fino adesso, ma come contropartita i territori sono autorizzati a pretendere che perlomeno la gente non sia costretta ad emigrare.

Perché in tal caso ci sarebbe veramente la beffa e l’inganno, cioè la partita si chiuderebbe con un saldo a perdere, come avvenuto finora con gli impianti di raffinazione del petrolio.

E tutto questo deve essere chiaro fin dall’inizio, perché non possa ripetersi quel sentimento diffuso di sfiducia che porta a non credere che le promesse si tramuteranno in realtà operativa. I rigassificatori, che certamente sono impianti ad alto impatto sia per la fila di navi gasiere che limitano i porti antistanti al traffico merci e passeggeri, che per il pericolo che in ogni caso rappresentano, anche se ormai estremamente limitato, non possono essere imposti con la promessa di utilizzare per impianti di refrigerazione l’energia di risulta, ma devono contemporaneamente alla loro costruzione avere dei programmi precisi perché la popolazione possa rendersi conto che non si tratta solo di promesse, come tante volte è accaduto.

Certamente bisogna smetterla con il considerare tali impianti investimenti interessanti perché in realtà non sono ricavi da incassare ma prezzi da pagare. In ogni caso senza dimenticare che il rispetto di alcune caratteristiche e potenzialità del territorio va sempre considerato per evitare di rovinare realtà uniche come nel caso dell’Ilva a Bagnoli o del Parco archeologico di Agrigento.

E la necessità che vi sia un rapporto tra governanti e governati tali per cui si abbia un patto di lealtà con numeri chiari, promesse che si attueranno, garanzie di sicurezza sanitaria ed ambientale, che invece spesso non si è avuta.

Se questo accordo di lealtà sarà stipulato forse molte delle resistenze che negli anni si sono avuti potranno venir meno e gli iter di attuazione di alcuni investimenti potranno essere più veloci. E poiché ormai rispetto all’energia non c’è più tempo da perdere tale approccio diventa indispensabile.


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