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di CLAUDIO MARINCOLA
Quando si poteva ricorrere liberamente alla metafora della “guerra” nessun altro termine rendeva meglio il conflitto ventennale che si consuma tra gli italiani e quel plico da rigettare al mittente che risponde al nome di cartella esattoriale. Nel corso degli anni se ne sono accumulate talmente tante che nei magazzini ormai non c’è più posto. «Abbiamo sfondato il tetto dei 1.100 miliardi di euro non riscossi», ha aggiornato i numeri di questa disfatta dello Stato, il direttore dell’Agenzia delle entrate Ernesto Maria Ruffini. Gli italiani iscritti al ruolo ora sono 16 milioni. Una quota di popolazione enorme che ha ingaggiato una battaglia con il fisco senza pari nel mondo.

«Il magazzino del non riscosso continua ad aumentare anche ad esito dell’anno 2020-21, un anno che per la pandemia ha determinato la sospensione della riscossione», ha spiegato, allargando le braccia, Ruffini ai membri della Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, nel corso dell’audizione che si è tenuta ieri a Montecitorio. Da quando anche la Regione Sicilia non riscuote più in autonomia le sue cartelle il contenzioso è lievitato. E a nulla sono servite le ripetute rottamazioni. Idem per il saldo a stralcio. «Sono istituti che non hanno portato a
spostare la bilancia – ha chiarito il direttore dell’Agenzia – annualmente entrano 70 miliardi di crediti da riscuotere mentre si riscuotono circa 10 miliardi».

La situazione è nota. Ma la politica che da almeno 7 anni conosce le reali dimensioni del problema puntualmente se ne lava le mani. Meglio rimandare, passare la palla al prossimo governo, tergiversare e in caso estremo rottamare. Oppure – vedi la Lega – farne un cavallo di battaglia cavalcando il “perdono”, la “pace fiscale”, il colpo di spugna che manderebbe ulteriormente in crisi quegli enti locali che nei loro bilanci classificano quei crediti come un residuo attivo.

L’Agenzia delle entrate – 8000 dipendenti – è strutturata per gestire un magazzino della riscossione di 3 anni. Si dà il caos però che di cartelle esattoriali ce ne siano anche vecchie di 22 anni. In tutto 130-140 milioni, 230 milioni di crediti da riscuotere, «una montagna difficile da gestire», ha ammesso Ruffini. O meglio un modo, senza ricorrere ad una moratoria tombale, per scalare questa montagna ci sarebbe. Basterebbe «ampliare i poteri di riscossione intervenendo sul magazzino – ha indicato la strada il direttore – ma sono scelte da fare, perché in nessuna parte del mondo si sceglie di mantenere 22 anni di crediti non riscossi». Ci sono poi circa 25 milioni di cartelle che riguardano imposte non pagate per meno di 10 mila euro. La maggioranza del credito sospeso si concentra su cartella dal valore di circa 100 mila euro.

Di strade per uscire da questa situazione surreale se ne sono percorse tante. Condoni, sanatorie mascherate, sconti sugli interessi sono serviti a poco. Le scelte competono al Parlamento. «Possiamo anche immaginare – ha continuato Ruffini – una gestione meramente informatica, come stiamo facendo ora, inviando atti a 16 milioni di cittadini, ma il tema poi è la gestione del contenzioso. Se tutti, paradossalmente, i 16 milioni facessero ricorso non sarebbe messa in difficoltà l’Agenzia delle entrate ma sarebbe messo in difficoltà il sistema della giustizia italiana».

Sono previsti strumenti volti a rafforzare lo scambio informativo tra l’Agenzia e i comuni per consentire la fruizione dei dati catastali. L’Agenzia rende disponibile ai comuni le informazioni contenute nella banca dati catastali per favorire i controlli E’ in corso di realizzazione un’intesa con l’Anci per una radicale rivisitazione delle modalità di deposito presso i comuni. D’ora in avanti sarà l’Agenzia, e non più i professionisti incaricati, a provvedere a tali adempimenti in via telematica. Il deposito avverrà, mettendo a disposizione dei comuni, un portale con i dati di aggiornamento. Tramite il portale dedicato a tutti i comuni vengono messi a disposizione, con frequenza mensile, varie informazioni e i comuni possono accedere alle banche dati dell’Agenzia e acquisire informazioni puntuali.

«A marzo 2022 risultavano essere più di 7mila i comuni che fruivano dei servizi di consultazione», ha spiegato Ruffini. Tra tanti numeri c’è però un dato sul quale riflettere. Solo il 5% Comuni ha collaborato ad accertamenti. «Ci sono sono ampi margini perché la collaborazione dei comuni agli accertamenti «conosca un’ulteriore diffusione, dal momento che a utilizzare detta opportunità offerta dalla normativa è stato appena il 3,5 per cento dei 7.904 comuni italiani», ha rivelato il direttore dell’Agenzia delle Entrate. Un dato che colpisce anche perché per queste attività di collaborazione i comuni ricevono una «quota incentivante», una percentuale sul riscosso.
Nel 2021 per l’attività effettuata nel 2020 a 280 comuni italiani è stato trasferito un importo pari a 6.490.977 euro. In compenso, sono arrivate all’Agenzia circa 120 mila segnalazioni inviate da 1.153 a partire dal febbraio 2009. Le segnalazioni hanno dato origine a 20.130 mila atti impositivi per una maggiore imposta accertata di 386.340.000 euro, per un importo riscosso totale pari a circa 139 milioni di euro. Quando la macchina della riscossione si mette in moto insomma qualche risultato a casa lo porta sempre.


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