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Vale 30,5 centesimi lo “sconto” sul carburante al distributore scattato ieri dopo la pubblicazione, lunedì, sulla Gazzetta Ufficiale del decreto con le misure per contrastare le ricadute economiche e umanitarie della guerra di Putin all’Ucraina varato lo scorso venerdì in Consiglio dei ministri, e finanziato attraverso la tassazione del 10% degli extra profitti delle imprese dell’energia.
Un primo intervento di fronte all’emergenza, cui ne seguiranno altri a sostegno di famiglie e imprese, come ha già assicurato nei giorni scorsi lo stesso premier Mario Draghi, e ribadito ieri dalla sottosegretaria al Mef, Cecilia Guerra: «Siamo in una situazione che evolve molto rapidamente in un senso o nell’altro – ha affermato – ed è giusto che il governo monitori e che si susseguano gli interventi, per farli più mirati».
Anche alla luce delle misure che verranno adottate nell’ambito del Consiglio europeo che si riunirà giovedì. Allo stesso tempo si lavora all’impostazione di politiche di medio e lungo periodo sul fronte energetico. L’obiettivo è «superare in tempi rapidi la dipendenza dalla Russia» diversificando le fonti di approvvigionamento di energia: il premier Mario Draghi lo ha riaffermato ieri in occasione dell’intervento in video collegamento del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, di fronte al nostro Parlamento.
Intanto di fronte a una situazione di forte incertezza determinata dal conflitto e dalle sanzioni contro la Russia, il governo, ha anticipato la sottosegretaria, rivedrà al ribasso nel Def le stime di crescita per il 2022 rispetto alle previsioni dell’autunno che indicavano nella Nadef un aumento del Pil per quest’anno del 4,7%: «Rivedremo le stime di crescita, anche in linea con quello che tutti gli osservatori internazionali stanno facendo con riferimento all’Eurozona: quindi avremo per forza un impatto sulle prospettive di crescita, che rimane comunque positiva, intorno al 3%». Escluso lo scenario di una recessione, per la sottosegretaria il rischio potrebbe essere quello di una stagflazione.
Il Def «è ancora in assestamento», e al centro dell’attenzione c’è il debito: «dovremo calibrare le esigenze del controllo dei nostri conti con l’esigenza prioritaria di sostenere l’economia e da questo punto di vista stiamo lavorando anche perché vengano adottate politiche fiscali europee», ha affermato Guerra.
Far sì che la crescita dei Paesi europei, faticosamente riconquistata dopo la pandemia, «non deragli», ma si limiti a un rallentamento dipenderà dalla risposta che l’Unione Europea saprà mettere in campo, ha sostenuto il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni.
Dall’Europa l’Italia aspetta anche una risposta sulla sua proposta di un price cup a livello europeo temporaneo sulle transazioni di gas naturale all’ingrosso, come ha ricordato il ministro alla Transizione Energetico, Roberto Cingolani, durante l’informativa alla Camera sugli ulteriori rincari dei costi dell’energia e sulle misure adottate dal governo per contrastarne gli effetti. «Entro fine mese – ha detto – avremo la seconda parte del Repower EU sull’import, con regole generali che introdurranno misure di calmierazione di mercato simili al price cap» del gas e «a quel punto sarà possibile mettere in campo misure strutturali che siano compatibili con normative europee».
Il ministro ha ribadito che all’Italia – ormai dipendente per il 95% del proprio fabbisogno di gas naturale dalle importazioni – servono almeno 3 anni per affrancarsi dalla dipendenza dal quello russo. «Nel lungo termine, a partire dal prossimo inverno, – ha affermato – sarebbe necessario sostituire completamente 30 miliardi di metri cubi di gas russo con altre fonti. Sebbene questo sia possibile in un orizzonte minimo di 3 anni, tramite le misure strutturali, per almeno i prossimi due inverni sarebbe complesso assicurare tutte le forniture al sistema italiano e occorre dotarsi di strumenti di accelerazione molto efficaci per gli investimenti che servono».
Di fronte a un improvviso stop delle forniture russe, il Paese, ha assicurato, nel breve termine non avrebbe gravi problemi: con il miglioramento delle condizioni climatiche, «si stima una riduzione della domanda per uso civile di circa 40 milioni di metri cubi al giorno», «problemi potrebbero avvenire solo in caso di un picco inatteso di freddo eccezionale». «Nel medio termine – ha aggiunto – è necessario riempire gli stoccaggi al 90%».
Intanto il governo punta a aumentare la capacità di rigassificazione del Paese facendo leva anche su ulteriori «unità galleggianti ancorate in prossimità di porti», che sarebbe «realizzabile in 12-18 mesi dall’ottenimento delle autorizzazioni» per un quantitativo complessivo di circa 16-24 miliardi di metri cubi. «L’aspetto critico adesso – ha affermato Cingolani – è arrivare in tempo a contrattualizzare le poche navi esistenti in grado di svolgere questo servizio, verso cui si sono diretti operatori e governi di vari Paesi». Per questo è stato ufficialmente dato a Snam l’incarico per «la negoziazione dell’acquisto di una Fsru, una unità galleggiante di stoccaggio e rigassificazione, e del noleggio di una seconda unità, infrastrutture che saranno oggetto di un prossimo Dpcm di identificazione come impianti strategici». Un grande contributo alla riduzione della dipendenza energetica, ha sostenuto il ministro, arriva poi dalle misure del Pnrr: «L’accelerazione delle rinnovabili elettriche, il rafforzamento dell’efficientamento energetico, la diffusione del biometano ma persino i recentissimi bandi che hanno avuto grande successo, sono tutte cose che contribuiscono al risparmio energetico, solo la circolarità riguarda in larghissima misura le filiere energivore».
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