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Quando si comincia a parlare di legna al posto del gas o di mettersi un maglione in più per tagliare i consumi del gas, vuole dire che allora siamo proprio in crisi. Questa, però, potrebbe essere peggiore di quella del 1973, e anche di quella del 1979, perché ci arriva direttamente in casa, via l’acciaio dei tubi che ci collegano con i grandi gasdotti che arrivano dalla Russia dopo aver attraversato l’Ucraina.

Senza il gas russo è impossibile per il prossimo inverno aver una vita normale e avere le fabbriche tutte aperte. 29 miliardi di metri cubi di gas, quelli che l’anno scorso abbiamo ritirato dalla Russia, in giro non ci sono. Il caso tipico è quello dell’Algeria, dove giustamente il nostro ministro degli esteri con l’Eni è andato a cercare più gas la settimana scorsa.

È suggestivo, ma utile, rivedere su youtube gli spezzoni del film di Rosi, “Il Caso Mattei”, vincitore nel 1972 del Gran Prix al festival di Cannes, quello in cui Volontè, nei panni di Enrico Mattei, guarda nella notte del deserto algerino il gas bruciare a bocca di pozzo e pensa ai poveri contadini dell’Italia, della Pianura Padana, della sua Matelica, per portagli quel gas via tubo che gli consentirebbe finalmente di fuggire dalla povertà e dal freddo.

La metanizzazione dell’Italia, con quel gas sotto i nostri piedi che non riusciamo oggi ad estrarre, divenne uno dei pilastri del boom economico. Il gasdotto che oggi ci collega con l’Algeria, il Transmed, si chiama gasdotto Enrico Mattei, realizzato con grande ingegneria italiana nei primi anni ‘80, poi raddoppiato.

Adesso la sua capacità è di 36 miliardi di metri cubi, ma l’anno scorso ne ha portati solo 20. Avesse del gas in più l’Algeria ce lo manderebbe subito, con i prezzi che abbiamo. Il problema è che non ce l’ha di gas pronto l’Algeria, perché anche loro, come il resto del mondo, non ha fatto investimenti in nuova capacità, o in esplorazione di nuovi giacimenti, perché quelli storici, sempre scoperti dai tempi di Mattei, con il tempo si vanno esaurendo. Di gas sotto terra ce n’è tantissimo, ma occorrono enormi strutture, costose, sofisticate, che necessitano di anni per essere completate.

Quello che ci dovrebbe salvare, il gas algerino, arriverà con una struttura, il gasdotto Mattei, deciso quasi 70 anni fa. È così in tutto il mondo, gli investimenti non sono stati fatti negli ultimi anni, perché il gas è fossile e tutti erano convinti che nuova capacità non sarebbe servita, visto l’atteso calo dei consumi.

Gli Stati Uniti faranno fatica a mandarci altro gas, perché ci vogliono anni per fare nuovi terminali di liquefazione. E poi manca da noi capacità di rigassificazione quando arrivano da noi le navi con il gas liquido. Qualcosa sta arrivando, visto i prezzi impossibili che stiamo pagando. Il costo di produzione in condizioni normali di un GNL può arrivare a 15-20 euro /MWh, un decimo dei prezzi europei di venerdì scorso.

Ci fosse del gas disponibile l’Europa l’avrebbe assorbito tutto. Di aiuto sarebbe sfruttare meglio la capacità esistente di rigassificazione, in particolare quella della Spagna, che con 6 rigassificatori, che fanno invidia all’Italia, raggiunge i 62 miliardi metri cubi.

È una capacità sottoutilizzata, perché ha importato solo 22 miliardi nel 2021. Fosse meglio collegato con la Francia, con tubi più grandi di quello esistente, già adesso potrebbe arrivare, anche virtualmente, del gas all’Italia, o comunque in Europa. Questo in ogni caso avrebbe l’effetto di ridurre i prezzi spot e porterebbe ad una riduzione anche dei costi per i prezzi italiani. Serve tutto in questo momento di crisi, ma alcune cose, come la connessione fra Francia e Spagna, sono più facili di altre.


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