Il ministro Roberto Cingolani
4 minuti per la letturaIn caso l’Italia dovesse trovarsi in una situazione di emergenza, e quindi nella necessità di ridurre i consumi di gas delle centrali elettriche , sarà possibile far ricorso alle centrali a carbone o olio. Mentre l’Europa intera si prepara a fronteggiare le ripercussioni economiche del conflitto in Ucraina e delle sanzioni contro la Russia, l’Italia mette in campo le prime contromisure per scongiurare il rischio di un’emergenza gas, fino al caso estremo in cui, come rappresaglia, dal Cremlino dovesse arrivare l’ordine di bloccarne la fornitura, con ripercussioni che sarebbero pesantissime, dal momento che dal Paese importa il 45% del fabbisogno nazionale.
Il Consiglio dei ministri, dopo una riunione durata circa un’ora (LEGGI), ha varato all’unanimità il decreto che prevede nuovi aiuti, anche militari, all’Ucraina, e le norme “salva gas” che aprono a una maggiore “flessibilità” nell’uso di diverse fonti di energia, prevedendo, qualora fosse necessario, anche alla riapertura delle centrali a carbone – l’Italia ne conta sette. Una possibilità che il premier Mario Draghi aveva già ventilato durante l’informativa al Parlamento sulla crisi Ucraina.
In particolare, nel provvedimento – “Disposizioni per l’adozione di misure preventive necessarie alla sicurezza del sistema nazionale del gas naturale” – si prevede che per far fronte alla “eccezionale instabilità del sistema nazionale del gas naturale derivante dalla guerra in Ucraina” e per consentire il riempimento degli stoccaggi di gas (2022-2023), possono essere adottate le misure finalizzate all’aumento della disponibilità di gas e alla riduzione programmata dei consumi previste dal Piano di emergenza del sistema italiano del gas naturale.
Sarà il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ad adottare con “provvedimenti e atti di indirizzo” le misure necessarie per aumentare la disponibilità di gas o la riduzione programmata dei consumi, informandone il Cdm nella prima riunione successiva all’adozione dei provvedimenti.
Se necessario, quindi, Terna dovrà predisporre “un programma di massimizzazione dell’impiego degli impianti di generazione di energia elettrica con potenza termica nominale superiore a 300 MW che utilizzino carbone o olio combustibile in condizioni di regolare esercizio”, per il periodo stimato dell’emergenza o comunque per il periodo indicato dal Mite, “fermo restando il contributo degli impianti alimentati a energie rinnovabili“.
Al momento, «salvo una coda pazzesca dell’inverno», l’Italia non ha problemi di approvvigionamento, ha assicurato il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, a margine del Consiglio Ue Energia straordinario svoltosi a Bruxelles, spiegando la strategia con cui il governo prepara l’affrancamento dalla dipendenza dal gas russo. Un obiettivo non proprio a breve termine: «Dovremo attendere 24 mesi prima di avere una sensibile riduzione della dipendenza dal gas russo» attraverso la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, ha sostenuto. Ora bisogna «fare gli stoccaggi per preparare il prossimo inverno» e per questo «si lavora sui fornitori di tutto il resto del mondo». Il ministro ha poi spiegato la posizione del governo sul ricorso al carbone: «Draghi non ha mai detto che dobbiamo riaprire le centrali a carbone, c’è una regola per cui se hai un momento di contingenza» dovuto ad esempio a «un picco tremendo di freddo, in quel momento tu puoi definire che per un certo periodo dai la priorità all’elettricità prodotta dal carbone, ma non è che apri nuove centrali», bensì «le prioritizzi».
«Noi gestiamo i flussi. Tipicamente il carbone cerchiamo di tenerlo al minimo, se c’ è un’emergenza si può dire per questo periodo spingo di più» sul carbone, ha spiegato sottolineando che «non c’è alcuna deroga ai limiti ambientali» e si lavora per accelerare sulle rinnovabili «con semplificazioni burocratiche forti».
Sulle misure per mettere in sicurezza il sistema energetico, è arrivato l’ok anche dai Cinque stelle – che fece della battaglia al Tap, il gasdotto TansAdriatico che approda a Melendugno, in Puglia, una delle sue bandiere – con il ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli, che ha assicurato «pieno sostegno al ministero della Transizione ecologica», sostenendo al contempo la necessità, anzi «l’obbligo» di «accelerare sulle rinnovabili: abbiamo una struttura produttiva che è in grado di farlo», mentre fuori da Palazzo Chigi, Conte invitava il governo a «non guardare al passato, al carbone e ai rigassificatori».
Sul fronte europeo, Patuanelli ha poi sostenuto l’urgenza di «un secondo Recovery plan sull’energia». Ieri intanto Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, è volato ad Algeri, accompagnato dall’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi – dove ha incontrato il suo omologo Ramtane Lamamra e i rappresentanti della compagnia energetica algerina Sonatrach – «per negoziare e rendere operative in tempi rapidi forniture aggiuntive di gas». Dall’Algeria, attraverso il TransMed – che passando dalla Tunisia arriva in Sicilia – l’Italia importa per ora circa il 28% del fabbisogno di gas.
«Il governo italiano è impegnato a fronteggiare con la massima determinazione ogni effetto delle sanzioni alla Russia e la visita ad Algeri è la testimonianza evidente che non perderemo neanche un minuto per farlo», ha affermato il ministro degli Esteri. «Il nostro obiettivo – ha aggiunto – è quello di tutelare imprese e famiglie italiane dagli effetti di questa atroce guerra». La missione nel Nord Africa sembra sia andata a buon fine, dal momento che l’Algeria avrebbe dato la disponibilità «ad aumentare le forniture di gas a favore dell’Italia nel breve, medio e lungo termine».
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