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È UNA scommessa. Che vale il doppio per le regioni a ritardo di sviluppo, come la Sicilia, che possono, se verrà vinta, fare un salto di qualità verso un’economia e una società più forti, inclusive e sostenibili. I numeri sono importanti e danno la misura della posta in gioco, ma la Sicilia è partita a rilento e ora rischia.
GLI STANZIAMENTI
Il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è imponente: prevede l’assegnazione di 191,5 miliardi di euro all’Italia, che il nostro Paese integra con 30,6 miliardi di euro attraverso il Fondo complementare istituito con il decreto legge n° 59 del 6 maggio 2021.
Sono stati stanziati, inoltre, entro il 2032, ulteriori 26 miliardi da destinare alla realizzazione di opere specifiche e per il reintegro delle risorse del Fondo sviluppo e coesione.
Di questi fondi, 3,449 miliardi sono stati assegnati alla Sicilia, più quelli del fondo statale: 956,4 milioni dedicati al trasporto rapido di massa, 718,1 milioni alle ferrovie, 455,6 per interventi portuali, 279,4 per gli autobus, 265,9 per l’edilizia pubblica e 239,6 per invasi e gestione sostenibile delle risorse idriche, 800 per la sanità.
L’AUTOGOL
Dopo il fischio d’inizio, però, la Sicilia ha già incassato il primo autogol. Dove? In uno dei settori cruciali della propria economia: agricoltura e infrastrutture irrigue. I progetti presentati a valere sui fondi della Missione 2 Componente 4 (“Investimenti nella resilienza dell’agrosistema irriguo per una migliore gestione delle risorse idriche”) erano originariamente 63. Di questi, 59 avevano passato la fase preliminare, ma 31 sono stati bocciati del tutto perché inseriti nell’elenco dei progetti non ammissibili.
I restanti 28 sono in un elenco di progetti teoricamente ammissibili ma non finanziati perché fuori dalla disponibilità che viene assorbita per intero dai 149 progetti ammessi (di tutte le altre regioni italiane).
Il peccato della regione? Il mancato rispetto, da parte dei Consorzi di bonifica e degli altri enti irrigui, dei 23 criteri di ammissibilità per ottenere il finanziamento. Tra i quali, il livello di esecutività dell’opera, l’entità del risparmio idrico, la superficie oggetto di intervento, le tecnologie utilizzate e i benefici ambientali prodotti. Ma anche l’uso di tecnici esterni agli stessi consorzi non abilitati.
REGIONE LUMACA
Dopo un incontro tra il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli e l’assessore regionale all’agricoltura, Toni Scilla è stato possibile recuperare 8 progetti. Nel frattempo la Sicilia ha perduto 366 milioni di euro. È solo un caso? Nemmeno per sogno.
La Sicilia si muove come una lumaca anche sul versante del conferimento di incarichi di collaborazione per il supporto ai procedimenti amministrativi di attuazione del Pnrr (sono pronti 83 contratti fino a 70mila euro l’anno per 12 mesi rinnovabili alla scadenza, ma devono ancora essere attivati). La mancanza di personale – accusa Confindustria Sicilia – sta bloccando 1.200 domande di investimento da parte delle imprese.
«Quasi 1.200 pratiche in arretrato in settori chiave come i rifiuti, le autorizzazioni ambientali, le bonifiche, l’energia rinnovabile. Il numero di pareri che deve essere ancora esitato dalla Commissione tecnico-specialistica è di circa 450 e alcune istanze sono relative al 2020. Tra le principali criticità, il personale insufficiente ma spesso anche inadeguato a gestire le procedure sempre più complesse e i collegamenti con i portali ambientali».
Un esempio? In autunno Falck Renewables, società specializzata nelle energie alternative e quotata a Piazza Affari, aveva minacciato di ritirarsi dalla Sicilia con i suoi investimenti per 317 milioni se non ci fosse stata un’accelerazione sulle valutazioni ambientali. Per fortuna non ha attuato i suoi propositi, ma sta ancora aspettando una risposta.
I limiti della capacità progettuale, già evidenti nella spesa dei fondi Po-Fesr Sicilia 2014-2020, si toccano con mano anche sul Pnrr. L’assessore all’Economia, Gaetano Armao, lo riconosce, ma attende che Roma dia una mano alla regione.
COORDINAMENTO E ASSUNZIONI
«Abbiamo due richieste – dice – di cui la prima riguarda la necessità di coordinare i diversi interventi finanziari che stanno partendo tutti insieme, cioè Pnrr, programmazione europea 2021-27 e Fondo di coesione, come richiesto da tempo dalle Regioni. Ci troviamo di fronte a una congerie di fondi che vanno resi coerenti, altrimenti avremo discrasie e sovrapposizioni. Occorre, quindi, un approccio plurifondo. La seconda riguarda la Sicilia: il presidente Musumeci ha scritto tre volte al presidente Mario Draghi. La Regione, infatti, ha stipulato un accordo il 14 gennaio 2021 sotto il profilo finanziario che le consentirà di raggiungere degli obiettivi importanti, ma ha bloccato completamente il turn over. Se non si risolve questo nodo burocratico, non aspettiamoci tutto quello che dovremmo dal Pnrr. Ci servirebbero fra 3.000 e 5.000 unità, e tra questi devono esserci figure professionali nuove, per affrontare le nuove sfide del futuro, come ad esempio la transizione digitale».
LA CARENZA DI FIGURE PROFESSIONALI
Non solo. Tra le questioni ataviche che attanagliano gli enti locali vi è quella delle scarse professionalità degli organici dei Comuni. «Le difficoltà c’erano e permangono. Qualche intervento di individuazione di figure di supporto di assistenza tecnica che daranno una mano l’abbiamo visto, ma il tema di fondo non si è toccato» dice il segretario generale di Anci Sicilia, Mario Emanuele Alvano.
Il tema di fondo è «consentire anche finanziariamente ai Comuni di assumere». Intanto la Regione ci mette una pezza e si prepara a mettere in campo nuove risorse per 43 milioni di euro dei fondi Poc da utilizzare per reclutare in Sicilia 300 ulteriori unità di tecnici ed esperti da destinare al supporto delle amministrazioni e degli enti locali per la gestione delle risorse europee. Una scelta che serve per dare corso alla norma approvata in Finanziaria l’anno scorso e che contribuirà a potenziare la partita degli investimenti nei territori.
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