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Non voglio assolutamente fare un banale terrorismo mediatico ma penso sia utile, in questi giorni, in questa lunga fase in cui il tema ormai più seguito è quello della elezione del nuovo Presidente della Repubblica ed in cui è facile distrarsi seguendo le possibili candidature e, addirittura, sentirsi quasi coinvolto direttamente, in scelte di possibili candidati che sicuramente rimarranno “possibili”, cominciare ad analizzare la serie di criticità che purtroppo saremo costretti a vivere in un anno che non potrà essere facile. Elenco non tanto i motivi di questa mia oggettiva preoccupazione quanto le aree tematiche che caratterizzeranno proprio l’intero anno:
- Il lento avvio operativo dei programmi infrastrutturali
2. La esplosione del costo delle materie prime, la carenza diffusa delle stesse e la forte criticità negli approvvigionamenti e in genere nelle attività logistiche
3. Il ritorno della crescita della inflazione
4. La obbligata fibrillazione degli schieramenti politici in prossimità delle nuove elezioni politiche
5. La approvazione di due programmi strategici a scala comunitaria: il Programma del Fondo di Sviluppo e Coesione 2021 – 2027 ed il Programma aggiornato delle Reti TEN – T
6. L’amplificazione ulteriore del gap tra il Mezzogiorno ed il resto del Paese
7. La continua presenza della pandemia ed i danni prodotti sui costi della logistica e sulla ulteriore mancata applicazione del trattato di Schengen
- Il lento avvio operativo dei programmi infrastrutturali. Purtroppo dobbiamo essere realisti e non dobbiamo, assolutamente, ipotizzare avanzamenti impossibili nel comparto delle costruzioni; è vero che in più occasioni le imprese italiane hanno dato prova di grande capacità nell’avanzamento dei lavori ma lo hanno fatto sempre in presenza di progetti, in presenza di procedure autorizzative già concluse; nel caso delle opere incluse nel PNRR purtroppo siamo ancora in presenza, nel migliore dei casi, di studi di fattibilità e quindi in un solo anno assisteremo solo a scontri tra soggetti attuatori e organismi che non renderanno sicuramente facile l’avanzamento autorizzativo delle proposte e, purtroppo, ci convinceremo della poca incisività del ricorso ai Commissari. Tutto questo produrrà automaticamente un rallentamento nella erogazione delle risorse del Recovery Fund e, automaticamente, una rivisitazione dei programmi e, come già fatto da Rete Ferroviaria Italiana, il ricorso ad un Piano B per non perdere parte delle risorse assegnate programmaticamente. D’altra parte dal luglio 2020 alla fine del 2021, cioè in circa diciassette mesi, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha prodotto essenzialmente quadri programmatici e impegni nel sollecitare i vari soggetti attuatori come ANAS e Ferrovie dello Stato a dare corso a proposte progettuali, ma solo questo.
2. La esplosione del costo delle materie prime e la carenza diffusa delle stesse. Il rame, per esempio, è passato da 4.300 dollari per tonnellata a marzo 2020 al costo di 10.475 dollari, con un rincaro del 243%. Un altro esempio altrettanto eclatante è costituito dall’acciaio, passato dai 380 dollari per tonnellata di giugno 2020 ai 1.100 dollari per tonnellata di settembre 2021: anche in questo caso, un aumento vertiginoso che arriva quasi al 300%. Storia simile per il cobalto e altri metalli preziosi, utilizzati principalmente nell’elettronica e nell’alta tecnologia, due dei settori più colpiti da questi vertiginosi aumenti e soprattutto dalla scarsità di materie prime. Basti pensare che fra novembre 2020 e luglio 2021 il prezzo dei tondini di acciaio è aumentato del 243%, mentre quello del pvc del 73%. A tali dinamiche si è aggiunta verso la fine dell’estate 2021 anche un’impennata dei prezzi dell’energia, conseguente ad un aumento di domanda di idrocarburi (gas naturale in particolare) e, anche in questo caso, alla carenza di offerta. Il gas naturale è passato infatti dai 1.22 dollari per MM Btu (British Thermal Unit, un’unità di misura che si utilizza per quantificare il gas naturale e la cui unità corrisponde circa a 28 m3) di maggio 2020 ai 25.81 dollari di settembre 2021. La transizione comporterà un aumento dei costi delle fonti di energia fossili e queste sono le prime conseguenze. Il rappresentante per il clima dell’UE Frans Timmermans ha ammesso che circa un quinto dell’aumento dei prezzi dell’energia può essere attribuito all’aumento dei prezzi della CO2 sul mercato del carbone dell’UE. In merito alla carenza delle materie prime già nel 2020 avevamo avuto i primi segnali durante la prima fase della pandemia. Costretti a stare a casa, i nostri consumi sono cambiati di molto: meno trasporti, certamente, ma allo stesso tempo molto più acquisti e servizi online. Dunque molti più imballaggi e molta più plastica. Poi l’estate sembrava aver messo alle spalle i lockdown in tutto il mondo. Quando invece ci siamo ritrovati nella seconda ondata, si è però verificato un fenomeno strano: le imprese sono ripartite tutte insieme, e le scorte sono terminate presto. Ci sono poi da considerare anche gli aspetti logistici: a marzo una portacontainer lunga 400 metri si è incagliata nel Canale di Suez, provocando per alcuni giorni il blocco del più importante luogo di passaggio delle merci a livello mondiale. Bloomberg stima che quei ritardi nelle consegne si protrarranno per più di un anno.
3. Il ritorno della crescita della inflazione. In un momento di forte preoccupazione internazionale per la dinamica dei prezzi, trainata al rialzo dal caro delle materie prime, dell’energia e dalle strozzature alle catene di forniture che stanno rendendo più complicata la produzione, in Italia l’Istat fotografa la situazione rimarcando che l’inflazione continua ad accelerare, portandosi a un livello che non si registrava da novembre 2012. Oltre all’aumento molto ampio dei prezzi, si registrano accelerazioni della crescita dei prezzi anche in altri comparti merceologici, che spingono l’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, all’uno per cento. L’inflazione, osserva l’Istat, continua a essere sostenuta in larga parte dalla crescita dei prezzi dei beni energetici (da +19,8% di agosto a +20,2%) sia della componente regolamentata (da +34,4% a +34,3%) sia di quella non regolamentata (da +12,8% a +13,3%). Questi ultimi contribuiscono all’accelerazione rispetto ad agosto, che si deve anche e in misura più ampia ai prezzi dei beni alimentari (da +0,7% a +1,0%), a quelli dei beni durevoli (da +0,5% a +1,0%) e a quelli dei servizi relativi ai trasporti (che invertono la tendenza da -0,4% a +2,0%).
4. La obbligata fibrillazione degli schieramenti politici in prossimità delle nuove elezioni politiche. Una fibrillazione tutta particolare perché si passa da un Parlamento di 945 unità (630 deputati e 315 senatori) ad un parlamento di 600 unità (400 deputati e 200 senatori). Questa drastica riduzione produrrà automaticamente due fenomeni: un inizio anticipato della campagna elettorale (addirittura subito dopo la elezione del Presidente della Repubblica, quindi con un anno di anticipo dalla scadenza della Legislatura) ed un confronto pesante tra gli schieramenti; è inutile ricordare che per il Movimento 5 Stelle la campagna elettorale si preannuncia patetica: dopo il 34% delle elezioni del 2018 non sarà facile ottenere un risultato superiore al 15% e questo darà origine al ricorso di metodi poco corretti quali quelli legati a forme di diffamazione o di amplificazione di storie personali scandalistiche.
5. La approvazione di due programmi strategici a scala comunitaria: il Programma del Fondo di Sviluppo e Coesione 2021 – 2027 ed il Programma aggiornato delle Reti TEN – T. Ancora non è stato formalmente deciso nulla; entro la fine del mese di marzo dovremmo sapere quanto sarà il volano delle risorse del Programma 2021 – 2027. Una cosa è certa: peserà moltissimo su questa decisione l’assurda gestione del Programma 2014 – 2020; in sei anni abbiamo speso su una assegnazione di 54 miliardi di euro solo 3,8 miliardi di euro; ritengo opportuno ricordare che un anno fa il Direttore Generale della Unione Europea Marc Lemaître in un incontro formale a Palermo dichiarò formalmente che, nella definizione delle risorse da destinare all’Italia per il periodo 2021 – 2027, la Commissione avrebbe, senza dubbio, tenuto conto della “incapacità” del nostro Paese nella attivazione della spesa. Tra l’altro sempre in questi mesi si deciderà quanto debba essere la quota di partecipazione del nostro Paese nel Fondo di Sviluppo e Coesione: sarà il 75%? sarà il 50%? Questo chiarimento sarà fondamentale soprattutto per i trasferimenti al Mezzogiorno; in particolare nei primi mesi del 2022 dovremmo conoscere in che modo il nostro Paese destinerà annualmente una quota percentuale adeguata in modo da consentire il concreto avvio del Programma 2021 – 2027; mi chiedo solo dove e come la Ragioneria Generale dello Stato garantirà almeno 5 miliardi di euro ogni anno per rendere possibile il concreto avvio di tale Programma. Mentre per le Reti TEN – T, oltre alla quota di risorse che saranno assegnate, è fondamentale conoscere le possibili modifiche: sarà bene conoscere le modifiche nelle aree del Mezzogiorno; mi riferisco a tre particolari casi:
• il prolungamento del Corridoio Helsinki – La Valletta nel segmento Napoli – Bari fino a Brindisi, Lecce e Taranto
• il collegamento stabile attraverso la realizzazione del ponte tra la Sicilia e la Calabria
• la definizione degli HUB logistici quali i porti di Cagliari, Salerno, Taranto e Augusta
6. L’amplificazione ulteriore del gap tra il Mezzogiorno ed il resto del Paese. Prima o poi qualcuno solleverà un problema di tipo gestionale: il Titolo V° della Costituzione non assolve le singole Regioni per la mancata attuazione di interventi inseriti nei Programmi Operativi Regionali (POR) e quindi proprio nel 2022 sono sicuro il Governo Draghi chiederà come mai le 8 Regioni del Mezzogiorno non hanno reso possibile una spesa di propria competenza pari a circa 38 miliardi di euro (la parte restante per arrivare a 54 miliardi rientra nei fondi relativi al Programma Operativo Nazionale), chiederà come mai sia rimasta praticamente per oltre il 90% solo una quota programmatica; il blocco della spesa ha prodotto una mancata crescita del PIL del Mezzogiorno di una soglia superiore al 2% e non credo che il 2022, dopo la serie di impegni assunti dalla Ministra Carfagna, dal Ministro Franco e dallo stesso Presidente Draghi, possa continuare ad essere un anno ricco di “annunci” e privo di riscontri misurabili. Non credo si possa continuare ad assistere ad una crescita del gap tra Sud e Centro Nord riempendosi solo ed in modo sistematico di convegni, di conferenze e di programmi e progetti che purtroppo rimangono “carta”. Con un grave aggravante: le proposte progettuali del Centro Nord sono tutte vicine all’avvio dei lavori mentre quel del Sud sono solo intuizioni progettuali.
7. La continua presenza della pandemia ed i danni prodotti sui costi della logistica e sulla ulteriore mancata applicazione del trattato di Schengen. L’ho già accennato prima quando ho ricordato la esplosione del costo delle materie prime, tuttavia i controlli ai vari confini ed il crollo del trattato di Schengen hanno praticamente rivisitato in modo sostanziale l’intero processo logistico; la stessa supply chain, cioè il controllo organico dell’intero processo produttivo e distributivo, non solo ha subito modificazioni sostanziali ma per non far esplodere ulteriormente i costi ha fatto ricorso a tecnologie innovative che sono diventate ormai nuove organizzazioni dell’intero sistema logistico. Questa crescita dei costi della logistica purtroppo non sarà temporanea ma diventerà sempre più irreversibile. Il costo di un container dall’estremo oriente ai porti del Mediterraneo passato da 1.500 euro ad oltre 11.000 euro, forse in parte si ridurrà ma si attesterà su una soglia non inferiore ai 6 – 7.000 euro e questo non ha nulla a che fare con il trattato di Schengen ma con una naturale crescita dei costi della logistica. Questo dato, come detto prima, aumenterà i costi dei prodotti, incrementerà le concorrenze tra i vari gestori dei nodi portuali ed interportuali. Tutto questo, tutta questa crescita dei costi la vivremo in modo particolare nel 2022 perché saremo costretti a capire come tentare di rimanere all’interno di un mercato mondiale delle merci, un mercato che si sta ormai modificando con una velocità che non avevamo immaginato.
Il mio è puro pessimismo? È, come detto all’inizio, banale allarmismo mediatico? Non credo perché le mie sono analisi riportate giornalmente da una stampa nazionale ed internazionale, e penso questa analisi è conosciuta con maggiore ricchezza di particolari da parte dell’attuale Governo e quindi forse sarebbe bene che questi sette punti possano alloggiare all’interno di quella serie di strumenti e di organismi adottati per l’attuazione del PNRR; mi riferisco alle varie “Governance”, mi riferisco ai vari “Comitati istruttori”, mi riferisco ai vari “Commissari preposti alla gestione delle opere”, mi riferisco ai vari “Comitati di advisor”, ecc. Sarebbe utile cioè evitare che il 2022 passi come è passato il 2020, come è passato il 2021 senza che nulla, ripeto nulla, da intuizione progettuale diventi opera.
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