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Una “sfida nella sfida”: l’attuazione del Pnrr è la sfida, e farlo nel Mezzogiorno è la “sfida nella sfida”. Rapidità è la parola chiave: rapidità nella programmazione, rapidità nella progettazione, rapidità nell’esecuzione…

Non c’è da stupirsi se tutti si preoccupano – tutti ci preoccupiamo – dei modi e dei tempi per velocizzare le decisioni. Il governo è impegnato a scrutare ogni passo relativo ad autorizzazioni, adempimenti, controlli…, per ridurre al minimo i tempi, fino ad oggi disperanti, di quella corsa ad ostacoli che è la realizzazione di quelle infrastrutture di cui il Paese in generale e il Mezzogiorno in particolare hanno fame e sete.

Ma, in tema di rapidità, ci sono misure che battono tutti in velocità, misure che, come si può immaginare, stanno dal lato delle entrate più che dal lato della spesa. Per stimolare l’economia ci sono due vie: più spesa pubblica o meno tasse e contributi. Per spendere ci vuole tempo, mentre, per ridurre il peso del fisco, si fa con un tratto di penna; o, per essere più precisi, con una legge che in Parlamento non troverebbe ostacoli, dato che, quando si tratta di ridurre le tasse, il consenso è di solito unanime.

Una misura di riduzione del cuneo fiscale a favore del Mezzogiorno è un utile provvedimento nello spirito del Pnrr: come noto uno dei fini precipui del Piano sta nella riduzione delle diseguaglianze territoriali, e, in questo spirito, abbiamo dinanzi un’occasione storica per portare a soluzione la secolare ‘questione meridionale’. Le intenzioni sono buone: come ha detto la ministra per il Sud Mara Carfagna, «Siamo determinatissimi nel voler trasformare la coincidenza tra il ciclo 2021-27 delle politiche di coesione e Next Generation Eu in una vera e propria occasione della vita che non intendiamo sprecare».

Una decontribuzione (del 30% dei contributi) per le imprese del Mezzogiorno è stata già approvata con la legge di bilancio 2021, ed è valida, se pure con una graduale riduzione nel tempo di quella percentuale, fino al 2029. Ma, a causa della normativa comunitaria sugli aiuti di Stato, la Commissione ha autorizzato lo sgravio solo fino alla metà del prossimo anno.

I numeri sono incoraggianti. I rapporti contrattuali che hanno fruito della decontribuzione nei primi sei mesi del 2021 sono aumentati del 221,5% rispetto al primo semestre del 2020. Si dirà che il confronto è sospetto, dato che i primi sei mesi dell’anno scorso era i tempi più terribili della crisi da coronavirus, ma anche se ci confrontiamo con un semestre ‘normale’ – il primo del 2019 – la percentuale di aumento è sempre ragguardevole: +112,6%.

Fra le ragioni che spiegano perché la ripresa in Italia è stata più forte del previsto, potremmo anche inserire gli effetti di quella contribuzione. Si dirà anche: gli sgravi contributivi hanno un costo, e questa tipologia di interventi non rientra fra i contributi a fondo perduto del Next-Gen EU. Come la mettiamo con la copertura? A questa domanda, due risposte: la prima, formale, ricorda che la misura è stata già approvata con la Legge di bilancio, e quindi la copertura è già assicurata. La seconda risposta è sostanziale: questo tipo di sgravi, nella temperie attuale dell’economia italiana, si finanzia da solo. Certo, questo fatto dei provvedimenti che si finanziano da soli perché stimolano l’economia e generano quindi entrate sufficienti, è sempre stato sospetto. Fa venire alla mente il ‘teorema Carollo’.

Il buonanima Vincenzo Carollo era un senatore dc siciliano degli anni Settanta, iscritto a suo tempo alla P2 e sostenitore, appunto, dell’eponimo teorema: invece di dire “datemi una leva e solleverò il mondo”, diceva: “la spesa pubblica si finanzia da sola”. Se la Ragioneria negava il famoso ‘bollino’ a qualche proposta di spesa da lui sponsorizzata (e ne sponsorizzava a bizzeffe) perché mancava la copertura, lui obiettava che questo atteggiamento rivela grettezza d’animo e poca lungimiranza: la spesa stimola l’economia, crea redditi e consumi, e di qui un maggiore gettito fiscale che viene così a coprire la spesa iniziale.

Negli Stati Uniti il meccanismo sottostante al ‘teorema Carollo’ porta il nome, meno casareccio, di ‘dynamic scoring’: i ‘punti’ della copertura non devono essere valutati in modo statico (‘gretto’, avrebbe detto il senatore), qui e subito, ma in un prosieguo di tempo, in modo, appunto, ‘dynamic’. Insigni economisti americani, da Larry Summers a Bradford De Long, hanno sostenuto che vi sono circostanze in cui in effetti è possibile stimolare l’economia a costo zero. E le circostanze dell’economia italiana, con tassi di disoccupazione nel Mezzogiorno a due cifre e grosse fette di capacità inutilizzata, disegnano condizioni che permettono di spingere sulla decontribuzione. Il problema non è quindi né formale né sostanziale. Sta negli aiuti di Stato e nell’occhiuta Commissione Ue.

Riusciremo a convincere la Commissione che la decontribuzione dovrebbe essere resa permanente, o quanto meno durare fino alla scadenza, da noi già legiferata, del 2029?

Vi sono argomenti che permetterebbero di scalpellare la roccia porosa delle regole sugli aiuti di Stato. Ma, a parte la forma, ci sono altre solide ragioni: il tasso di occupazione nel Mezzogiorno è molto al di sotto della media italiana, e ancor più al di sotto della media europea. E alle imprese che assumono nel Mezzogiorno bisogna offrire condizioni di convenienza che non scadono dopo pochi mesi. La decontribuzione deve diventare strutturale.


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