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Dopo giorni e una sfilza di rumor contrastanti, si è consumato senza grossi colpi di scena il cda straordinario di Telecom Italia voluto da cinque consiglieri (due di Vivendi e tre indipendenti) per fare chiarezza sulle strategie e sulla riorganizzazione.
Non sono mancati i momenti di confronto molto acceso sui numeri deludenti del terzo trimestre che non hanno soddisfatto il socio d’Oltralpe che, in quanto primo azionista con il 23,7% sta cercando di salvaguardare il suo investimento. Ha già perso un paio di miliardi e vuole bloccare l’emorragia. Soprattutto per evitare che la “campagna d’Italia” si trasformi in un gigantesco bagno di sangue, considerando le perdite incassate nel tentativo di combinazione con Mediaset.
LE STRATEGIE
Le preoccupazioni su Tim, secondo quanto si apprende da fonti vicine al dossier, su questo fronte non si sono affatto placate, anzi sarebbero cresciute. Il clima, tuttavia, è stato meno turbolento del previsto, anche se si è richiesta una maggiore condivisione sugli obiettivi strategici.
Il consiglio di amministrazione, come comunicato da una nota al termine di una riunione durata circa sei ore, ha definito il percorso per la preparazione e la condivisione del piano strategico 2022-2024 da approvare nella riunione del consiglio del prossimo febbraio.
Nell’occasione la società ha precisato che non è in corso alcuna negoziazione relativa alla rete o altri asset strategici. Nei giorni scorsi si erano diffuse indiscrezioni sull’interesse di fondi, come ad esempio Kkr che è già socio di Fibercop (la società della rete secondaria di Tim), per asset strategici come la rete.
Secondo quanto riportato dai media, il fondo Kkr potrebbe voler alzare la sua quota. Tim ha risposto a queste voci indicando di non voler ridurre la sua partecipazione, ma sul mercato si erano riaccese speculazioni anche legate a un possibile ritorno del progetto di Rete unica con Open Fiber, l’altra rete di fibra ottica in Italia, che ha ricevuto il via libera ufficiale da parte dell’Antitrust Ue – senza condizioni – all’operazione che ha portato all’uscita del capitale di Enel – che aveva il 50% – in favore del fondo Macquarie (che prende il 40%) e Cdp (che sale al 60% dal 50%).
Ma il governo, che sta andando avanti con il Piano Italia a 1 Giga, sembra indifferente alla questione. Non sorprenderebbe, riflettono gli analisti, se i fondi internazionali, a partire dagli americani di Kkr che hanno già investito 1,8 miliardi in Fibercop fossero alla finestra e si facessero avanti con Tim con Cdp. Ma «non è in corso alcuna negoziazione relativa alla rete o altri asset strategici» è l’unica cosa che per ora ha scandito chiaramente Tim.
Insomma, in questo momento il consiglio d’amministrazione e l’amministratore delegato Luigi Gubitosi, per quanto ai ferri corti, guardano nella stessa direzione e lavorano a un piano che possa far uscire il gruppo dalle secche e reagire a una concorrenza sempre più agguerrita.
Nessun ribaltone, dunque, perché, come fanno notare in ambienti finanziari, non è una questione di pilota ma di rotta, e questo è stato il copione con cui la discussione è stata portata in consiglio. Una riunione fiume iniziata a tarda mattinata e chiusa nel tardo pomeriggio per esaminare «il difficile contesto di mercato e le sfide che attendono la società in materia di strategia, performance aziendale e organizzazione». Lo spiega la stessa società, dopo le tante indiscrezioni sui temi caldi e le tensioni provocate dal profit warning.
LE PREVISIONI
Con la chiusura del terzo trimestre Tim ha di nuovo abbassato le sue stime fino al 2023, attendendosi ora ricavi in calo del 5% e margini in discesa tra il 5 e il 9%. I ricavi nei 9 mesi sono stati pressoché stabilizzati (a 11,4 miliardi, -0,4%) ma la redditività era ancora in calo (margine operativo a 4,9 miliardi -4,4%) e l’utile schiacciato a 0,3 miliardi, escludendo l’impatto delle partite non ricorrenti. Hanno pesato, soprattutto in Italia, i costi legati al calcio e quelli delle start-up per le società digitali del gruppo e Gubitosi ha dovuto riconoscere di non averlo previsto.
«Non abbiamo percepito abbastanza bene che il mercato si stava deteriorando in termini di prezzi e che avremmo avuto qualche spesa in più» si era giustificato a caldo il manager, ma di quella «visione di lungo termine» a cui ha fatto riferimento i soci gli hanno chiesto conto. Vivendi ha chiesto un cambio di passo e il consiglio «ha definito il percorso per la preparazione e condivisione del Piano strategico 2022-2024 da approvare a febbraio», con un appuntamento già fissato in agenda con i conti dell’intero 2021 al 23 febbraio.
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