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Un raccolto

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Mai più sugli scaffali prodotti alimentari a prezzi sottocosto a spese dell’agricoltore, pagamenti dilatati nel tempo, contratti non scritti e aste on line al doppio ribasso. Un cocktail di comportamenti che ha contribuito a disarcionare molte aziende agricole lasciando così campo libero alle attività illecite. Ora con l’approvazione nel prossimo Consiglio dei ministri della direttiva sulle pratiche sleali commerciali arriva la svolta (attesa da anni). Il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, lo ha annunciato ieri intervenendo alla presentazione del progetto Maciste (monitoraggio del contrasto all’illecito nei tabacchi) promosso dall’Osservatorio Agromafie della Coldiretti con Philip Morris.

Le pratiche sleali commerciali nell’agroalimentare sono nel mirino del Governo dai tempi del premier Monti, ma si è dovuta attendere la direttiva dell’Unione europea arrivata al traguardo grazie anche al forte pressing dell’europarlamentare Paolo De Castro, capo negoziatore del Parlamento Ue per la nuova norma, e il recepimento dell’Italia che con il provvedimento all’esame del prossimo Cdm renderà operativa l’azione di contrasto.

Vietare pratiche che non solo danneggiano le aziende, ma arrecano danni all’intero sistema economico, è uno snodo importante anche per la lotta agli illeciti in agricoltura e in particolare allo sfruttamento della manodopera. La corsa al ribasso infatti danneggia la qualità del prodotto e dei processi produttivi , ma soprattutto apre le porte a pratiche non sostenibili.

Con il nuovo provvedimento scatterà lo stop per 16 pratiche sleali che vanno dal rispetto dei termini di pagamento (non oltre 30 giorni per i prodotti deperibili) al divieto di modifiche unilaterali dei contratti e di aste on line al doppio ribasso, dalle limitazioni delle vendite sottocosto alla fine dei pagamenti non connessi alle vendite fino ai contratti rigorosamente scritti. Si realizza così un percorso virtuoso finalizzato a garantire una equa distribuzione del valore lungo tutta la filiera. Con ricadute sulla trasparenza del lavoro.

Il caporalato infatti finora si è alimentato anche dalle distorsioni dal campo alla tavola favorite dalle pratiche sleali. Un problema particolarmente sentito al Sud dove c’è una maggiore frammentazione sia delle aziende agricole che di quelle che trasformano. Sul fresco, soprattutto frutta e ortaggi, il problema in questi ultimi anni è stato drammatico. Con il nuovo meccanismo, che prevede anche sanzioni salate, si spera di non dover più assistere al pagamento delle clementine calabresi o del pomodoro pugliese e campano a pochi spiccioli.

Una situazione tanto più intollerabile in un momento in cui l’agricoltura è messa Ko dalla violenza del maltempo che ha distrutto il lavoro di un anno con danni incalcolabili per i redditi dei produttori, ma soprattutto dall’impennata dei costi di produzione al traino del boom del petrolio.

Le quotazioni record raggiunte dal grano – spiega uno studio della Coldiretti sull’andamento dei prezzi delle materie prime – si trasferiscono a valanga sul carrello della spesa. Il prezzo del grano tenero per la panificazione ha raggiunto i valori massimi del decennio sulla base dei contratti future nei listini del Chicago Bord of Trade (CBOT), il punto di riferimento internazionale per il mercato future delle materie prime agricole.

Un chilo di grano tenero in Italia è venduto a circa 32 centesimi mentre un chilo di pane è acquistato dai cittadini ad un valore medio di 3,2 euro al chilo con un rincaro di dodici volte.

Ad incidere sul prezzo finale dunque, secondo Coldiretti, sono altri costi come dimostra anche l’estrema variabilità dei “listini” del pane lungo la Penisola mentre quelli del grano sono influenzati direttamente dalle quotazioni internazionali. Ma se il rialzo delle materie prime fa volare i prezzi al consumo, non si è mai assistito al processo inverso con tagli dei cartellini sugli scaffali nel caso di ondate ribassiste. Il risultato è che il grano sottopagato ha portato alla cancellazione delle superfici coltivate, (da 543mila ettari a poco meno di 500mila), a una produzione di 2,87 milioni di tonnellate e all’aumento dell’import. Le prossime semine poi rischiano di essere ipotecate da costi raddoppiati su cui pesano le quotazioni del gasolio necessario per le principali operazioni in campo.

Bisogna dunque favorire un terreno favorevole al settore. “Lo stop alle speculazioni sul cibo – ha commentato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini- – rappresenta una svolta storica per garantire una più equa distribuzione del valore lungo la filiera dal campo alla tavola in una situazione in cui per ogni euro speso dai consumatori per l’acquisto di alimenti meno di 15 centesimi in Italia vanno a remunerare il prodotto agricolo. L’intervento normativo è stato fortemente sollecitato da Coldiretti per rendere più equa la distribuzione del valore ed evitare che il massiccio ricorso attuale alle offerte promozionali non venga scaricato sulle imprese agricole che in controtendenza all’andamento generale, sono le uniche ad avere avuto un calo del valore aggiunto nel terzo trimestre del 2021 per effetto del boom dei costi di produzione”.

Un altro pilastro sono poi i contratti di filiera per i quali sono previste risorse anche nel Pnrr che punta a dare un sostegno concreto al reddito degli agricoltori. Un tesoretto che si affianca – ha spiegato il ministro Patuanelli – ai 526 milioni destinati al settore dalla nuova legge di bilancio con un aumento considerevole rispetto ai 284 milioni del 2020.

Tornando ai contratti di filiera molti sono i progetti sulla rampa di lancio in tutti i principali settori dal grano alla carne. Un modello sono quelli realizzati già dal 2006 nel settore del tabacco da Coldiretti e Philip Morris che non si sono limitati ad accordi economici, pure importanti per una produzione radicata anche al Sud, ma che hanno portato a nuovi investimenti in innovazione e soprattutto alla formazione. Nelle coltivazioni di tabacco destinate ai prodotti innovativi della multinazionale sono impiegati tutti gli strumenti dell’agricoltura di precisione con il risultato di ridurre fino al 50% l’impiego di acqua e di fitosanitari. E con garanzie di trasparenza sulla qualità del prodotto e del lavoro. “Così – ha detto Prandini – si sconfigge il caporalato che si sviluppa in situazioni in cui non c’è il giusto rispetto del lavoro agricolo”. Contratti di filiera e pratiche sleali sono oggi gli unici strumenti in grado di evitare fughe pericolose che mettono in difficoltà le aziende sane e rispettose delle regole che sono poi quelle che finiscono stritolate a causa degli atteggiamenti illeciti . Il dumping sociale premia infatti i comportamenti illegali e favorisce le importazioni low cost dall’estero con quasi 1 prodotto alimentare su 5 importato in Italia, dal pomodoro cinese al riso asiatico, dall’ortofrutta sudamericana fino alle nocciole turche, che non rispettano le normative in materia di tutela della salute, dell’ambiente e i diritti dei lavoratori.


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